Con il decreto legislativo n. 469 del 23 dicembre 1997, si è dato mandato alle Regioni di disciplinare l?intervento pubblico sul mercato del lavoro sia le competenze relative alle politiche del lavoro sia per quelle che attengono direttamente alla formazione. In Basilicata il provvedimento è stato recepito dalla legge regionale n. 29/1998: Norme in materia di politiche regionali per il lavoro e servizi integrati per l?impiego. Con questa legge la Regione ha fissato i compiti relativi al collocamento e alle politiche attive del lavoro, definendo i principi e i criteri per l?organizzazione del sistema regionale dei servizi integrati per l?impiego.

Tre sono gli organi previsti: la Commissione Permanente dell?Impiego; il Comitato di Coordinamento Istituzionale per le Politiche del Lavoro; l?Ente Basilicata Lavoro, ovvero l?ex Agenzia per l?Impiego. Alla Commissione Permanente spettano le linee programmatiche delle politiche del lavoro. Il Comitato di Coordinamento ha invece il compito di rendere effettiva l?integrazione tra i servizi per l?impiego e lo sviluppo delle politiche attive del lavoro e di quelle formative. L?Ente Basilicata Lavoro è invece un ente strumentale della Regione che dovrebbe assolvere alla funzione di Osservatorio Regionale del mercato del lavoro con il compito di monitoraggio, di studio e di ricerca.

La legge prevede anche la creazione del Sistema Informativo Regionale del Lavoro (Sirl) e dei Centri per l?Impiego (5 nella provincia di Potenza e 2 nella provincia di Matera). Il primo, il Sirl, dovrebbe modificare sostanzialmente il sistema di collocamento pubblico, attraverso un sistema di sportelli comunali. Il Sirl risulterebbe preposto, in questo modo, all?acquisizione e all?elaborazione dei dati relativi ai flussi di domanda e di offerta di lavoro, e alla diffusione di dati e notizie sulle azioni di orientamento e di politiche attive del lavoro.

I Centri per l?Impiego costituiscono invece le strutture attraverso le quali le Province erogano i servizi integrati per l?Impiego ed in particolare i servizi relativi alle funzioni ed ai compiti in materia di collocamento e quelli di preselezione, di informazione, orientamento e consulenze individuali sia a favore dei lavoratori sia delle imprese. Questa architettura di riforma registra già alcune difficoltà di implementazione: ad esempio, soltanto nell?autunno del 2001 si prevede l?inaugurazione del primo dei sette centri per l?impiego. Questi centri, secondo il Piano Regionale di Sviluppo, dovrebbero essere in grado, nel prossimo futuro, di competere direttamente con le agenzie private di collocamento, con l?intento di favorire ulteriori livelli di efficienza delle strutture pubbliche.

[…]

La formazione regionale e la domanda di formazione da parte delle imprese La formazione professionale ha tradizionalmente costituito uno dei punti deboli delle politiche regionali nel Mezzogiorno. In molti casi esse sono state di necessità riorientate a compiti di contenimento della pressione sociale dei disoccupati, in altri hanno evidenziato carenze organizzative e di programmazione delle regioni. Quasi ovunque l?estensione del sistema della formazione costituiva di per se un problema occupazionale e quindi un fattore di freno alla sua riorganizzazione. Ma il limite strutturale che accomuna le politiche formative delle regioni meridionali è costituito dalla scarsità della domanda e dalla complessiva scarsa qualificazione richiesta dal sistema produttivo. In assenza di un chiaro stimolo da parte della domanda e in presenza dei vincoli su accennati le prestazioni offerte avevano profili estremamente bassi.

E? quindi significativo che da alcuni anni la Regione Basilicata abbia cercato di orientare la formazione professionale verso la promozione di esperienze formative direttamente presso le strutture produttive. E? il caso dei Progetti Speciali per l?Occupazione e degli stage formativi per gli ultra trentaduenni, strumenti per i quali sono stati previste precise linee di incentivazione all?assunzione o, come nel caso delle provvidenze per l?occupazione, di trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. La restante parte degli strumenti è stata dedicata, invece, alla formazione continua e a quella dei neoassunti, la prima sotto forma di borse di formazione per occupati, la seconda attraverso cofinanziamenti delle attività formative per l?aggiornamento e la riqualificazione professionale dei lavoratori.

In questa direzione l?azione formativa si è mossa sul doppio canale della formazione per i disoccupati (progetti Agrippa e Ofai; stage; creazione di attività autonome; aiuto all?assunzione) e per gli occupati (aggiornamento professionale; formazione per i neo assunti; formazione di infermieri professionali e di altre figure parasanitarie) ottenendo buoni risultati soprattutto con il finanziamento dei master, delle borse per la formazione e per l?aggiornamento fuori regione e all?estero, sia per lavoratori dipendenti sia per gli imprenditori. Un quadro di massima delle esperienze realizzate nella seconda metà degli anni ?90 è riportato nella tabella 10, dove è illustrata l?azione formativa svolta secondo il programma operativo del Fondo Sociale Europeo per il quinquennio 1994/1995.

Sui bassi livelli di qualificazione espressi dalla domanda, cui più volte qui si accenna, e sul permanere di questo dato nell?immediato futuro una conferma viene dall?Indagine Excelsior (Cciaa, 1999) sui fabbisogni lavorativi delle imprese lucane. Essa evidenzia l?esiguità delle dimensioni di impresa, i bassi profili professionali richiesti (addetti alla costruzione di strutture edili, personale non qualificato delle costruzioni, meccanici montatori e manutentori, conduttori veicoli a motore, addetti ristorazione e pubblici esercizi) e la scarsa definizione dei profili di qualificazione richiesti per l?immediato futuro.

[…]

La voce di intervento più consistente rimane tuttavia quella della formazione professionale per i disoccupati, che tra il 1994 e il 1997, considerando anche altri finanziamenti oltre quelli europei, ha interessato nel complesso quasi 29 mila corsisti: per il 52% donne e per il 40% con un?età inferiore ai 25 anni (il 60% se consideriamo soltanto le donne). Nel complesso si è avuta una media di quasi 7 mila corsisti l?anno, che confrontati con i 21 mila giovani rilevati in media annualmente dall?Istat come persone in cerca di lavoro, potrebbero far supporre che circa un terzo delle persone in cerca di occupazione ha frequentato almeno un corso di formazione. Ma si tratta di un dato approssimato, per svariate ragioni. La prima riguarda il fatto che i potenziali utenti dei corsi di formazione non sono solo le persone in cerca di occupazione rilevate dall?Istat, ma gli iscritti alle liste di collocamento e che quindi con molta probabilità vi si ritrovi una quota consistente di persone che non svolgono regolari azioni di ricerca.

Vi è poi da considerare che tra gli stessi corsisti può esservi chi ne ha seguito più di uno nel periodo preso in esame. Il problema rimane tuttavia quello dell?indirizzo programmatico dei corsi di formazione, un aspetto che è da anni al centro del dibattito politico sull?efficienza degli strumenti formativi predisposti e sulle loro finalità, dato che spesso nella realtà i corsi costituiscono, qui come in altre regioni del Mezzogiorno, una forma impropria per erogare ?sussidi di disoccupazione? e insieme un modo per garantire occupazione ad ampie schiere (pubbliche e private) di formatori. A questo aspetto si accompagna quello di una domanda formativa da parte delle imprese che non sembra essere indirizzata verso i punti di eccellenza della formazione professionale, ma piuttosto verso mansioni strettamente esecutive e di media specializzazione.

Una domanda che si colloca, del resto, all?interno dei processi di investimento che hanno finora privilegiato investimenti produttivi con un basso profilo tecnologico. Si tratta di un dato confermato dall?indagine condotta dalla Regione Basilicata (1997) negli ultimi anni sui fabbisogni formativi delle imprese. Essa ha evidenziato soprattutto una domanda di lavoro per operai generici e apprendisti, che nella piccola impresa coprono quasi la totalità del fabbisogno.

L?indagine ha poi dimostrato:

a) Come il sistema produttivo regionale attinga prevalentemente a risorse con livelli di formazione media e non specializzata;
b) Come il favore dell?impresa cresca laddove le persone assunte hanno un livello di formazione superiore (laurea breve o laurea più master);
c) Che una buona formazione di base, secondaria o superiore, quando ancora non abbia ricevuto un indirizzo troppo specifico o addirittura applicativo, lascia maggiori margini di flessibilità alle capacità di apprendimento, da parte del personale assunto, dei contenuti e delle modalità di lavoro proposti dall?azienda;
d) Che spesso la formazione prevista nel periodo successivo all?assunzione si riduce per lo più ad un semplice apprendistato;
e) Che nel prossimo futuro le imprese contano di ricorrere ad attività formative per un numero ridotto di dipendenti e per un numero ancora minore di personale dirigente.

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