Cerca

Rifiuti e inquinamento radioattivo

Una delle emergenze cicliche del nostro Paese è la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, da quelli urbani a quelli industriali, ai tossico-nocivi. È fatto accertato che molte delle discariche autorizzate sono prossime all’esaurimento, o meglio, sono già entrate in questa fase con le conseguenze che tutti conosciamo per il nostro ambiente e per la nostra salute. Tante sono le preoccupazioni per il futuro. Una di queste deriva dalla presenza di rifiuti tossici, che l’Italia produce per quasi quattro milioni di tonnellate all’anno, e comunque in crescente aumento. Oltre la metà di questi rifiuti sfugge ai controlli di smaltimento legale, e rappresenta per la criminalità organizzata un busniss di svariati milioni di euro.

Diverse regioni italiane sono interessate da inchieste sullo smaltimento di questi rifiuti: Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Abruzzo, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia. Purtroppo anche la criminalità ha esteso le sue attività, passando dal semplice controllo delle discariche abusive al trasporto e alla commercializzazione, costituendo quindi, una vera catena di produzione. Ma l’allarme cresce a dismisura se si accorpa a questo fenomeno anche un mercato clandestino di rifiuti radioattivi. L’esempio lampante viene dall’inchiesta della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, inerente l’affondamento nel Mar Jonio di navi sospette di trasportare scorie nucleari: inchiesta allargata a macchia d’olio in tutta la penisola, proprio perché si ipotizza un’unica regia internazionale.

A Santo Domenica di Talao, in provincia di Cosenza, sono state rinvenute in una vecchia fornace rifiuti ospedalieri provenienti dal alcune USL Marchigiane. In Aspromonte, invece, la magistratura sospetta la presenza in cavità naturali di bidoni di scorie radioattive provenienti dal Nord Europa. Materiali radiocontaminato è quasi certamente sepolto nel mar Jonio, al basso Adriatico e al Tirreno. L’inchiesta ha inizio proprio da accertamenti fatti su alcuni bidoni riemersi dai fondali marini, quindi stipati in vecchie “carrette” poi fatte affondare. I naufragi di queste navi sono un allarme per l’intero ecosistema del Mediterraneo, una punta di iceberg di una vasto traffico di rifiuti radioattivi avente come regia insospettabili imprenditori internazionali ed esponenti della massoneria.

Tratto da “Kronos Commento Ecologico” a cura del Kronos 91 di Reggio Calabria

Queste notizie allarmati dimostrano che il problema delle scorie nucleari è stato gestito per molti anni da un circuito internazionale ben organizzato che ha coinvolto anche la criminalità locale. Noi di Accademia Kronos ci affianchiamo alle altre realtà ambientaliste di Basilicata, affinché si faccia luce sulla vicenda Trisaia di Rotondella, di Scanzano Jonico, e in ultimo su quello che il “mare nostrum” ha dovuto subire con questi affondamenti sospetti degli anni passati. A proposito di scorie nucleariRitornando alla vicenda di Scanzano Jonico, ci torna in mente un documento dell’ENEA riguardante la Task Force per il sito nazionale di deposito dei materiali radioattivi. Vogliamo pubblicare parte del testo che interessa il tipo di scorie presenti nel nostro Paese.

Nel documento si legge: “Il quantitativo di rifiuti che verranno prodotti in Italia fino allo smantellamento degli impianti è stimato attualmente, in forma condizionata, in circa 100.000 mc. La maggior parte di essi (oltre il 95% in termini volumetrici) è costituita da quelli di bassa attività, o a vita breve (II Categoria, secondo la classificazione italiana). Per questo tipo di rifiuti il deposito definitivo avviene in quasi tutto il mondo in speciali strutture artificiali (solitamente di superficie) atte ad assicurare lo sconfinamento della radioattività, localizzate in un sito con caratteristiche naturali e antropiche adeguate e custodito per periodi dell’ordine di qualche secolo. Per i rifiuti ad alta attività o a vita lunga (III Categoria) lo smaltimento è invece previsto in speciali formazioni geologiche profonde che ne garantiscono l’isolamento dalla biosfera per periodi molto lunghi (decine di migliaia di anni ed oltre). Il reperimento e la qualificazione di un sito simile richiede, oltre a investimenti ingenti, diversi decenni di studi e valutazioni, come dimostra il fatto che paesi con massicce produzioni di rifiuti a vita lunga (Francia, UK, USA) sono, nei casi più avanzati, ancora nella fase di costruzione di laboratori o impianti sperimentali sotterranei. Considerato la situazione logistica e l’inventario dei rifiuti italiani, le azioni intraprese con priorità riguardano la predisposizione di un deposito di tipo superficiale dei rifiuti condizionati di bassa attività, e quindi il reperimento di un sito adeguato per la sua localizzazione. I rifiuti di III Categoria italiani (includendo in essi anche gli eventuali combustibili nucleari irraggiati non inviati all’estero per il riattamento) sono in quantitativi modesti, tali da non giustificare la necessità di un sito di smaltimento profondo nazionale. Roma, Ottobre 2000 Task Force per il sito nazionale di deposito dei materiali radioattivi, ENEA“.

Il documento dimostra la contraddizione lampante della scelta del sito unico geologico nazionale, invece non necessario come dimostrato dalla Task Force dell’ENEA. Altra particolarità è stata la consultazione del Ministero dell’Industria nell’ambito della conferenza Stato-Regioni del 1998 che a differenza di quanto detto da più parti, metteva sul tavolo di discussione proprio la scelta del sito nazionale con il consenso da parte delle Amministrazioni locali e pubblica opinione, che attraverso il GdL doveva apportare le proposte di scelta del sito alla Conferenza entro il marzo 2001 e quindi non prima di questa data.