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Il Petrolio non fa bene ai Commercianti

Non è certo la prima volta che affrontiamo, sulle nostre pagine, il tema del lavoro legato all?ipotetica influenza – su di esso – delle trivellazioni petrolifere. Alcuni giorni fa (?Copertina n. 118 del 24 febbraio 2004, per la precisione?), il Presidente di Sos Lucania, Alfonso Fragomeni, illustrava nell?articolo: ?Lavoro-Petrolio, binomio incompatibile. Alcuni esempi di come l?AffareOroNero annienta letteralmente le forme lavorative delle aree martoriate e elimina le poche speranze?, tre esempi di come le estrazioni rappresentano un peso morto per l?occupazione della regione e dell?area interessata. Oggi, accanto al rischio di estinzione per la rinomata azienda agrituristica bio-ecologica ?Il Querceto?; accanto al rischio di espropriazione, per uso ?nuovi-pozzi?, delle terre di proprietà di Antonietta Di Tommaso e Luigi Lombardi, anche i commercianti hanno avuto un moto d?impeto collettivo e deciso.

Sul piatto della bilancia ci sono numeri, soltanto numeri. Quelli che delineano le statistiche di sviluppo e quelle delle più famose royalties. In questa situazione, si è fatto portavoce della protesta Raffaele Acquafredda, presidente dei Commercianti Associati di Moliterno e responsabile Confesercenti dell?area in questione che, perentoriamente, fa notare come i dati provenienti dal settore commercio non sono certo invidiabili. E? una sorta di allarme accorato, sostenuto anche, sempre a detta dello stesso Acquafredda, dalle percentuali ulteriormente crescenti che disegnano un quadro migratorio tutt?altro che positivo e confortante.

All?inizio della campagna-Eni in Basilicata, tanto sostenuta dai nostri politici affaristi travestiti da re Mida, capaci di far tramutare in oro-nero tutto quello che toccavano, veniva sostenuto fermamente questo binomio: petrolio = occupazione. A distanza di poco tempo, si è rivelato falso e tendenzioso ed è stato soppiantato da un?altra similitudine, certamente più triste: petrolio = emigrazione. Con il compromesso petrolifero – ad aumentare – non sono state le opportunità, i posti di lavoro, lo sviluppo territoriale, bensì i viaggiatori e le valigie.

Il discorso è semplice. Se le trivellazioni petrolifere e lo sfruttamento insano dei territori annullano anche quelle poche speranze di sopravvivenza, portano alla chiusura di quelle poche attività commerciali, azzerano anche i più piccoli bagliori di lungimiranza – che in un modo o nell?altro – hanno rappresentato motivazioni in cui credere, mi si venga a dire quale futuro è stato programmato e delineato dalla classe politica lucana che tempo fa scelse il petrolio al turismo e allo sviluppo sostenibile, e che oggi sta legittimando quella scelta. Se le trivellazioni petrolifere, ancora, hanno il compito di creare forme di economia privata e non pubblica, quale reddito sarà devoluto ai cittadini? Quando scenderà il tasso di disoccupazione? Quale stabilità per la nostra terra? Cosa racconteremo alle nuove generazioni costrette a partire prima di essere nate? Chi dirà loro di non legarsi troppo perché arriva il momento di salutare tutti? Chi spiegherà loro che si è tentato di restare e di investire, ma come contropartita è stato innalzato un muro di gomma? Chi farà capire loro che questa è la logica delle grandi multinazionali del Petrolio? Come faremo a recuperare tutte quelle attività commerciali che restano in piedi grazie alla presenza della gente? Dobbiamo accettare che scompaiano per effetto dello spopolamento? E alle famiglie che portano avanti questi esercizi, chi garantirà loro da mangiare? Chi pagherà loro le tasse? E poi, in tutto questo, le royalties che fine hanno fatto?

Si, proprio le royalties: le caramelle ricoperte di zucchero e ripiene di cianuro; quelle con le quali hanno barattato il nostro petrolio e che tutti stanno attendendo con ansia da oltre dieci anni e che, puntualmente, vengono ripromesse alla prima campagna elettorale imminente, al primo dubbio che si legge negli occhi di ogni potenziale elettore e, di fronte, al primo agricoltore depredato che si sente mancare la terra sotto i piedi. Ripeto, che fine hanno fatto le royalties? Qualcuno accontenti almeno una di queste domande.

Lancio un appello. Per una volta disertiamo le urne in massa, cominciamo a barattare noi la nostra preferenza, Riprendiamoci la nostra terra?

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