Uno degli effetti immediati del ?Caso Scanzano? è stato quello di aver risvegliato una rinnovata coscienza dei problemi della Lucania e in senso largo di tutto il meridione. Una nuova società civile e determinata si è imposta all?attenzione generale. Una popolazione attenta, critica, protagonista delle proprie scelte e del proprio futuro si è fatta avanti fra le trame ancora non ben perscrutabili della vicenda.

Fuor di retorica, in quei giorni di metà novembre si è assistito ad una imponente mobilitazione, ad un?attività organizzativa febbrile, ad uno spirito di coesione che è andato ben oltre le schermaglie e la prassi di una politica consolidatasi stancamente sulle proprie già vecchie strutture.

Parlo della politica dei palazzi, delle poltrone prese e mai più lasciate, dei soliti volti noti, misteriosamente dileguati nei giorni in cui infuocava la protesta. Parlo di una politica del quieto vivere, quella stessa che ci aveva fatto considerare come un miracolo la compresenza sullo stesso territorio (la Val d?Agri) di un parco naturale e di un notevole polo energetico, una politica che aveva taciuto delle contraddizioni inerenti questa stessa compresenza, contraddizioni di cui i fatti di Scanzano sono pura e tangibile testimonianza.

La protesta non si assopisce a quanto pare, considerando le vicende dell?elettrodotto di Rapolla o il blocco della Fiat di questi giorni, una protesta che non si fermerà, considerando la prospettiva di cassa integrazione per gli operai dell?indotto a partire dal 29 marzo. L?agitazione non cala, questo significa che quando si torna a casa dalle manifestazioni i problemi permangono.

Non c?è solo Scanzano, e i ?governatori? di comuni, provincia e regione farebbero bene a prenderne atto e a volgere oggi più che mai lo sguardo verso il nord ovest della Basilicata e l?attenzione verso questi territori ormai ?svegli? e consci del proprio ruolo e della propria importanza.

Il ?modello di fabbrica integrata? criticato nella ?Dichiarazione di Scanzano? a proposito della Fiat Sata di Melfi, ha comunque portato occupazione nel Vulture, ha fornito una certa sicurezza economica a tante famiglie, ha consentito lo sviluppo di attività collaterali fra cui quelle degli autotrasportatori, ha fatto si che i soldi (almeno non tutti) non prendessero il volo per altri liti, ma restassero in loco, circolanti. Ha d?altra parte dato avvio anche a svariate speculazioni, tra cui quella delle ecomafie legate a Fenice ha per noi (e parlo autoinvestendomi del ruolo di rappresentante della zona del Vulture) un?urgenza e una pericolosità particolare. Andassero a ripeterlo agli operai di prossima cassa integrazione, i redattori della ?Dichiarazione?, che il modello di fabbrica integrata non va. Preferirei sentire dagli stessi redattori, invece, parole di solidarietà, gesti concreti d?aiuto nei confronti di autotrasportatori e operai, gesti che evitassero guerre re? pezzienti e che intervenissero per evitare faide tra dirigenza societaria e classe operaia.

Perdonate il pragmatismo ma non mi sembra il caso di continuare a raccontare alla gente favolette per bambini.
Scendendo verso sud e ritornando a Scanzano, vorrei sottolineare come il pericolo sismico paventato all?indomani del decreto ?affibbia scorie? si sia presto rivelato legittimo considerando le scosse nel lagonegrese di ieri.


Antonio Libutti

Membro indipendente del comitato
?Scanziamo le Scorie ? Roma?

Rappresentante territoriale per la zona del Vulture

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