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Piano Campagne: un caso irrisolto!

Perché il Comune di Potenza ha ragione?
Perché la Regione trattiene da mesi impropriamente un provvedimento di governo del territorio che compete esclusivamente al ?potere amministrativo? del Consiglio Comunale?

Questo ragionamento, che segue, con tutti i suoi limiti, è introdotto nel contesto di una visione nuova del federalismo, in applicazione della Legge 3 del 2001, che vede la Regione Basilicata, a volte aperta alle istanze sociali, come nel caso del provvedimento adottato sulla denuclearizzazione del territorio, a volte autoritaria, come nel caso dei provvedimenti adottati, in spregio alla volontà del Parlamento Italiano, in materia di ?condono edilizio? e di ?governo del territorio? attraverso la sua pianificazione (legge 23del 1999) che dettaglia ma non annulla la legge statale 1150 del 1942.

Il nostro intento non è solo quello di aprire un confronto sulle norme tecniche del Piano campagne ma di precisare soprattutto sul piano dei principi fondamentali, che spettano allo Stato, le competenze che regolano la convivenza democratica tra Enti che rappresentano, in modo ?scalare?, i bisogni delle popolazioni.

Il nuovo sistema delle competenze delineato nel Titolo V della Costituzione,secondo la legge 3 del 2001, ha sicuramente comportato uno spostamento corposo di funzioni dal Centro alle Autonomie periferiche.
L?art. 117 della Costituzione individua specificatamente due tipologie di competenze: quella legislativa esclusiva dello Stato e quella concorrente fra Stato e Regioni, nell?ambito della quale l?intervento dello Stato può riguardare ?esclusivamente? la determinazione dei principi fondamentali. Ogni normativa di dettaglio nelle materie concorrenti, pertanto, è demandata alla competenza regionale, come ormai ribadito da un consolidato orientamento del Consiglio di Stato che, nel corso di tre pareri su tre diversi provvedimenti del Governo, ha evidenziato come allo Stato spetti l?esercizio della potestà regolamentare sulle materie di sua competenza esclusiva.
Vi è una terza tipologia di competenze, quella esclusiva delle regioni, che ha natura residuale, in quanto non espressamente individuata dal legislatore costituzionale, ma ricavabile per sottrazione con riferimento all?elencazione delle materie di competenza legislativa esclusiva statale e concorrente.

In relazione al descritto sistema, la determinazione delle materie, propedeutica per qualunque trasferimento, non appare né semplice, né scontata.
Tale difficoltà risulta certamente maggiore per le materie di competenza esclusiva delle regioni, in quanto esse vanno determinate attraverso un?opera di ricostruzione ed interpretazione. Ma il problema non riguarda solo queste.
L?individuazione della competenza esclusiva dello Stato e di quella concorrente, determinata dal legislatore costituente, invero, risente di un certo grado di ?approssimazione?, probabilmente dovuto anche alla fretta con cui è stata approvata la legge costituzionale.

In alcuni casi non si tratta di vere e proprie competenze, bensì di settori generali che vanno, quindi, delimitati attraverso un?opera di interpretazione tesa a dare ad essi contenuto concreto; in secondo luogo le difficoltà nascono allorché si va a delineare l?esatta portata, laddove, come spesso succede, si tratta di materie per così dire confinanti con le diverse competenze statali e regionali.

Il sistema delle competenze, così pensato dal legislatore costituente, esercita una forte influenza anche in sede di attuazione dell?art. 118 Cost., in quanto, pur essendo venuto meno il principio del parallelismo tra funzione legislativa e funzione amministrativa, non si potrà che partire da questa distinzione per operare il trasferimento.

N.B.: Appare difficile, infatti, immaginare come si possa essere titolari di funzioni amministrative in materie sulle quali non si è avuta competenza legislativa;inoltre, ove si vadano a valutare le competenze rimaste allo Stato sulla base dei decreti legislativi di attuazione della legge n.59/97, si osserva come una buona parte di esse faccia riferimento a funzioni di carattere esclusivamente normativo.

Per la concreta attuazione del nuovo federalismo amministrativo, il primo adempimento da compiere è, quindi, una puntuale mappatura delle funzioni già conferite a regioni, province e comuni e di quelle ancora rimaste allo Stato, partendo, per ragioni sistematiche, dalle competenze residuali attribuite alle regioni, per poi procedere nei confronti di tutte le altre competenze.
Contestualmente, sarà necessario che anche le Regioni, diventate titolari di molte funzioni, procedano di conseguenza.

Nell?ambito del metodo di lavoro sopra esplicitato, un propedeutico nodo da sciogliere è quello della individuazione delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane, attività questa rientrante nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi della lettera p) dell?art. 117 della Costituzione, nonché delle funzioni proprie e delle funzioni conferite. Non vi è in dottrina uniformità di idee in ordine al significato da dare ai tre concetti.

Le ?funzioni fondamentali? sicuramente rappresentano lo ?zoccolo duro? delle funzioni amministrative di competenza dei comuni, una sorta di ?competenza necessaria? di rilievo costituzionale, in quanto, specificatamente prevista, ma non puntualmente individuata, avendone affidato l?attività ad una legge ordinaria dello Stato.

In quanto ?competenza necessaria?, essa, pertanto, può appartenere solo ai comuni, a tutti i comuni, grandi o piccoli che siano, e la sua individuazione non può essere modificata da alcuna legge regionale o da eventuali accordi che dovessero intervenire in sede locale.
Il criterio principale da tenere presente nella fase di individuazione di tali funzioni,non potrà che fare riferimento alla municipalità italiana, alla sua storia, quindi, ed a come si è assestata negli anni, estrapolando quelle attività che hanno da sempre caratterizzato l?ente comunale in ogni luogo del territorio italiano, senza distinzione fra Sud, Nord, Centro o Isole.

Per definire il concetto di funzioni proprie, invece, è necessario avere maggior riguardo dei principi di adeguatezza e differenziazione. Il criterio che deve guidare nella individuazione di tali funzioni assume, pertanto, un profilo di maggiore concretezza, dovendosi fare riferimento alla effettiva capacità dell?ente con riguardo alla funzione da svolgere. In relazione a ciò potrebbe correttamente e legittimamente stabilirsi che il trasferimento di una specifica funzione possa avvenire a favore di determinati comuni che, avendo particolari e definite caratteristiche di estensione, popolazione, rappresentano l?ambito ottimale per il suo esercizio.

Si tratta di un?attività di valutazione e ponderazione che andrà ad innovare in maniera sostanziale quanto avvenuto con il federalismo amministrativo. Una siffatta attività, se condotta con criteri specifici, appare in grado di eliminare gran parte dei problemi verificatisi, per esempio, in materia di catasto, dove l?impatto della regolazione uniforme per tutti, ancora oggi, deve fare i conti con i problemi relativi ai comuni di piccola dimensione.

Per quanto riguarda, infine, le funzioni conferite, pur essendo consapevoli che parte della dottrina nega tale possibilità, si ritiene che in tale concetto possa ricomprendersi l?istituto della delega, in relazione al quale lo Stato o le Regioni decidono, per l?appunto, di delegare agli enti locali talune funzioni che restano, comunque, nella loro titolarità.