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Cronistoria dei fatti di Scanzano

LA STRAORDINARIA LOTTA DI SCANZANO JONICO

Abbiamo voluto narrare quelle due straordinarie settimane che abbiamo vissuto nel Metapontino per chiamarvi ad un confronto sulle piu’significative esperienze di lotta che stiamo vivendo nel Meridione d’Italia per l’affermazione di uno sviluppo eco-compatibile, contro la devastazione sociale e culturale imposta da logiche neoliberiste e per un’altra idea della democrazia, della partecipazione, della dignità e protagonismo popolare.

Nella mattinata di giovedi 13 novembre l’intera comunità lucana piombava in un incubo spaventoso, il governo Berlusconi emananava un decreto legge, con il quale individuava il sito unico nazionale per le scorie nucleari a Scanzano Jonico, nel cuore del Metapontino. Follia delle follie, con questo provvedimento sciagurato, si prevedeva la possibilità di realizzare, anche, immediatamente, il deposito “temporaneo” delle scorie nazionali, che da un momento all’altro potevano essere raccolte tutte, provvisoriamente ed a cielo aperto, a Scanzano. Appena informate della questione, le popolazioni locali pressochè stordite, accusavano un generale senso di frustazione e disorientamento, che veniva colmato in maniera straordinaria dalle forze sociali organizzate, sindacati dei lavoratori ed organizzazioni agricole in primis, e dalle istituzioni locali, Provincia (che sarà il primo ente a convocare il proprio consiglio a Scanzano J.co ) e Regione Basilicata in testa.

Dal 13 novembre in poi tutto il resto ci sembrò, così come avvenne sempre più nelle ore successive, secondario. Cominciarono subito a delinearsi i contorni di una vicenda a tutt’oggi inquietante, torbida e tutt’altro che trasparente. Due passaggi fondamentali caratterizzerano le giornate successive:

1) L’intervento del Parroco di Scanzano, don Filippo Lombardi, che userà letteralmente questa espressione : “la rassegnazione è un demone, rassegnarsi è un peccato”, che diventerà il vero filo rosso di tutta la vicenda;
2) Il delinearsi di una intellighenzia, pressochè composta da militanti della sinistra, comitati ambientalisti e cattolici impegnati nel sociale, che rappresenterà il punto più avanzato e più consapevole di tutta la lotta, e che, nel momento in cui scriviamo, ancora sta continuando un lavoro che naturalmente va oltre la vicenda contingente.

Tra il Sabato 15 e la Domenica 16, inizia a delinearsi un quadro più chiaro dal punto di visto politico e degli obiettivi, condito ad un generale moto di insurrezione popolare, che sin dai primi minuti si caraterizzerà per la assoluta non violenza, unità e radicalità. Sabato 15 il Consiglio Provinciale riunito a Scanzano delibererà l’istituzione di un comitato di coordinamento istituzionale, che avrà il compito di sostenere la lotta spontanea ed auto-organizzata dei cittadini. A questa seduta consiliare parteciperanno tutti i sindaci della Provincia di Matera, diversi consiglieri ed assessori regionali, ed alcuni parlamentari eletti in Basilicata.

Tra il Sabato 15 e Domenica 16, iniziano i blocchi stradali sulla strada statale 106, all’altezza di Terzo Cavone in agro di Scanzano, a Nova Siri al confine con la Calabria e nei pressi delle Tavole Palatine al confine con la Puglia. A proposito dei blocchi stradali, che da martedi 17 in poi diventeranno ben 10, nove dei quali in provincia di Matera e uno sull’autostrada Salerno – Reggio Calabria all’altezza di Lagonegro, vorremmo fare qualche riflessione : naturalmente i blocchi stradali rappresentano la prima reazione di ribellione, se vogliamo la piu’semplice, ma crediamo che consciamente e inconsciamente rispondente a piu’esigenze, una delle quali, la meno indagata, è però la piu’angosciante, quella di avere delle sentinelle sul territorio, e, se notate, sostanzialmente sui bordi del confine provinciale, contro il rischio di un transito ed un arrivo anticipato delle scorie con mezzi militari per alimentare il sito temporaneo in superficie previsto dal famigerato decreto legge.

Il solo pensiero di questo capitolo ci fa venire la pelle d’oca per le implicazioni che tutti voi potete facilmente immaginare, una per tutte è quella che le centinaia, migliaia di cittadini che presidiavano questi blocchi sarebbero potuti arrivare, e vi diciamo che c’era questa consapevolezza, ad un confronto con l’esercito . Il lunedi 17 un manipolo di 20 – 30 persone, nel primo pomeriggio, occuperanno i binari presso la stazione di Metaponto, che da lì a pochi minuti diventerà uno dei punti più simbolici di questa straordinaria e civile protesta. Chi in quelle due lunghe settimane, quasi come in pellegrinaggio, non è passato a fare visita ai binari di Mataponto o al Campo Base di Scanzano Jonico ? Il Campo Base di Scanzano è sicuramente il punto più alto ed esaltante di questa esperienza. Il cuore pulsante, il cervello pensante della lotta di un popolo dignitoso che ha voluto dare, con tanta umiltà, la voce al Sud, ai Sud del Mondo. Decine di tende, cucine da campo , bagni, tendoni per riunioni, assemblee, messe e lezioni didattiche, internet- point, una radio libera, un falò immenso che riscalderà e illuminerà i volti in penombra di tanti giovani, mamme con i loro bambini dormienti tra le braccia, e anziani fieri ed orgogliosi di appartenere a questo popolo in lotta.
Se provavi a chiudere gli occhi, ti ritrovavi per un attimo nella Selva Lacandona, accanto ad un popolo che difende e rivendica il proprio diritto all’autodeterminazione contro una operazione neocolonialista e militare, che disprezza chiaramente il meridione e le sue genti. Dal lunedi 17 in poi in tutta la provincia di Matera e nella vicina Puglia sarà un crescendo di mobilitazioni ed iniziative di cittadini, studenti, agricoltori e lavoratori, al punto che noi stessi non riusciremo più a censire le azioni organizzate.

L’unità del popolo lucano, con l’abbraccio fraterno delle popolazioni pugliesi e calabresi, avrà culmine nella manifestazione delle oltre centocinquantamila presenze del 23 Novembre, che rappresenterà uno dei momenti più alti della recente storia italiana di difesa degli interessi di una comunità e della stessa collettività nazionale. Sicuramente la più grande manifestazione ambientalista e antinucleare mai fatta in Italia Fra le immagini distorte che la grande stampa antimeridionale offrirà di questa civile battaglia di popolo contro il decreto governativo, ci ha particolarmente colpito il tono irrisorio riservato alla Madonna di Loreto, portata in processione da oltre ventimila persone. Un errore madornale. Al fianco del popolo lucano vi è stata sempre l’intera Chiesa lucana, dai vescovi alle più umili suore, senza se e senza ma.

La stessa unità è stata rappresentata dall’encomiabile azione dei sindacati dei lavoratori e dalla presenza di bandiere e simboli dal valore antico ed universale, come l’arcobaleno della pace di Aldo Capitini e il volto del “Che”, cullati e dondolati in un abbraccio tanto emblematico quanto significativo con canti della tradizione popolare e della resistenza partigiana. Il resto è tutta storia che conoscete: una sconfitta del governo Berlusconi per mano di un popolo che si riappropria del proprio futuro, costringendo il governo a far scomparire dal famigerato decreto il nome di Scanzano Jonico, il sito unico nazionale, il cimitero geologico e i poteri speciali al commissario di governo ; come l’ha definita l’ On. Nichi Vendola, una vera “Caporetto” per il governo.

A Scanzano è nato un grande Movimento moderno e del futuro, pacifico e non violento, radicale ed unitario che ha visto la partecipazione, in ragione della sua scelta non violenta, di tutti i cittadini compresi i bambini e i disabili. Il popolo del Mezzogiorno e del Sud ha ripreso la parola in un abbraccio straordinario tra una nuova cultura ambientalista e una storia antica e dalle radici ancora vive, quelle della civiltà contadina . Ha vinto la domanda di partecipazione e di protagonismo popolare contro un provvedimento autoritario e militarista. Ha vinto la comunità e l’idea che la terra è qualcosa che va oltre la proprietà per diventare un bene comune, pubblico e indivisibile di chi la lavora e la vive.

Come già narrato, il lunedi 17 nel primo pomeriggio un manipolo di cittadini, 20- 30 persone con il parroco di Scanzano in testa, occuperanno i binari presso la stazione di Metaponto . Dopo circa un’ora di trattative con la polizia, che chiedeva agli occupanti di liberare i binari (su uno snodo importante da sud verso nord per i treni provenienti dalla Calabria, dal Salento verso il corridoio tirrenico e adriatico), il Questore, sembra su ordini provenienti da Roma, avrebbe minacciato che se non si fossero liberati i binari sarebbe stato costretto a dare ordini ai suoi agenti di farlo con la coercizione.

In poche decine di minuti, con un passa parola impressionante, sui binari di Metaponto, si raccoglieranno qualche centinaia di amministratori locali, sindaci, interi consigli comunali, consiglieri ed assessori provinciali, consiglieri ed assessori regionali, quasi tutti i parlamentari lucani del centrosinistra. Una tempestività straordinaria, in un abbraccio fraterno dei rappresentanti del popolo a “difesa” dei loro cittadini, nel frattempo anch’essi giunti a centinaia. Una straordinaria e coraggiosa prova di forza che cambierà la protesta delle giornate successive. Da quel momento la stazione di Metaponto insieme al Campo Base, diventerà qualcosa di più di un semplice presidio. Diventeranno l’agorà delle comunità lucane e della antica magna grecia. Un vero è proprio pellegrinaggio, quasi un luogo di culto, dove si ritroveranno bambini, anziani, madri incazzate, disabili, studenti ed operai, preti e suore, artisti e gruppi musicali. Si allestiranno due punti musicali dai quali si alterneranno in quelle due settimane diversi artisti e politici nazionali, tra i quali il segretario nazionale del P.R.C., Fausto Bertinotti e gli onorevoli Nichi Vendola, Rosy Bindi,Pierluigi Castagnetti Pecoraro Scanio ed altri.

Commovente la visita di Haidi Giuliani, che all’invito di razionalizzare le risorse umane impiegate nel presidio notturno (mediamente 200 persone ) si sentiva rispondere nel suo stupore ammirato che quella era la consistenza volontaria del turno. Altro aspetto, qualificante e straordinario della maturità del movimento che ha dato vita a quelle epiche giornate, è rappresentato dal fatto che presso la stazione di Metaponto, nonostante la presenza stabile di un groppuscolo di una dozzina di militanti fascisti di Forza Nuova, nessuno ha raccolto le loro provocazioni, poiché assolutamente ignorati ed isolati. I cittadini, e gli stessi militanti di sinistra hanno isolato ed ignorato questi personaggi, poiché avevano ben presente che qualsiasi loro provocazione avrebbe potuto scatenare la reazione indiscriminata delle forze dell’ordine, procurando così un nocumento mortale al presidio e quindi alla lotta generale contro le scorie nucleari.
I nostri militanti ed attivisti, attraverso la non violenza attiva e la disobbedienza, accanto e con i cittadini, hanno isolato la pericolosità sociale ed idiologica dei fascisti ed hanno vinto ed affermato, cosa non scontata in altre epoche, con la non violenza la battaglia per l’egemonia cultura e sociale. I nostri compagni hanno saputo interpretare il sentimento popolare che richiedeva a tutti unità e radicalità mettendo dunque ai margini fino ad espellerli tutti coloro che non si rivedevano in questo contesto.

A tale proposito vorrei ricordare che idendico sviluppo hanno avuto le stesse forme di lotta e la discussione intorno ad esse. Ad esempio : sono state marginalizzate tutte quelle spinte demagogighe ed irresponsabilmente estremistiche, per lo più avanzate e sostenute da esponenti della destra che vedendosi franare il terreno sotto i piedi, tenteranno di recuperare, con fughe qualunquistiche ed irresponsabili, il terreno politico così irremidiabilmente perduto. Infatti, nonostante i blocchi durassero da quindici giorni (giorno e notte, al freddo e sotto la pioggia) e consapevoli anche del rischio di una recrudescenza degli eventi, i cittadini hanno respinto proposte demagogiche, tipo quella della chiusura della erogazione dell’acqua alle Regioni confinanti, poiché il grosso del movimento, che non aveva altri obiettivi se non quello di respingere il decreto, aveva compreso da subito due cose, ovvero: che la battaglia non si vinceva solo a Scanzano Jonico, bensì estendendo la mobilitazione a tutto il Sud, e che la protesta doveva rimanere assolutamente unitaria, radicale e non violenta, in virtù di una presumibile durata a lungo, addirittura 2 mesi i blocchi stradali.

I cittadini impegnati nei blocchi (migliaia al giorno) e presso la stazione di Metaponto, saranno alimentati tutti i giorni da una straordinaria corsa di solidarietà operata dal consorzio degli albergatori, dei villaggi turistici, forni e panifici, ristoranti e semplici famiglie. Ognuno vorrà fare la sua parte, ognuno vorrà dare qualcosa di sè e come già detto le manifestazioni estremistriche o più semplicemente autoreferenziali verranno percepite come corpi estranei e quindi isolati e respinti . In ragione anche di queste considerazioni, il coordinamento dei movimenti e dei blocchi dopo la prima settimana di blocchi e nella consapevolezza di estendere la mobilitazione, arriva a partorire un vero e proprio decalogo per la gestione dei blocchi stradali. L’obiettivo rimane quello di mantenere alto il livello di mobilitazione, ma senza danneggiare le popolazioni locali, le attività socio-economiche e produttive. A tale proposito è significativo l’accordo tra le organizzazioni degli industriali e i lavoratori, che prevederà un impegno degli imprenditori a garantire la partecipazione dei lavoratori alla mobilitazione a turni e scaglionati per paesi (blocchi stradali e scioperi), a condizione che gli stessi non avrebbero impedito il transito delle maestranze da e per le aziende e delle merci deperibili, oltre naturalmente ad un sostegno economico e logistico ai presidi (tende, container, alimenti).

La gestione dei blocchi rappresenterà un fatto straordinario, di grande coraggio e maturità, che in alcuni frangenti ha rischiato per chi li proponeva (la sinistra comunista e il coordinamento dei movimenti e dei blocchi) di rivelarsi impopolare, ovvero contro la lotta e per la smobilitazione. Invece noi avevamo capito, ed abbiamo lavorato affinchè anche gli altri comprendessero, che la destra qualunquista, irresponsabile e criminale, aveva puntato proprio alla entrata in crisi di questo sistema articolato, alzando paradossalmente il livello dello scontro, per giungere infine ad una situazione di conflittualità endogena, ovvero l’uno contro l’altro. Abbiamo il fondato sospetto che la destra, da un iniziale momento di sbandamento, e se vogliamo di sincera adesione allo sdegno contro il decreto legge e quindi alla lotta, ha capito che l’unica via per recuperare il terreno che si vedeva franare per responsabilità del loro Governo Nazionale, era quella di esasperare il tono dello scontro anche con azioni estremamente pericolose e che avrebbero, per effetto delle stesse, messo a rischio le sorti generali della lotta.

Quando si è capito questo, si è reagito nel migliore dei modi che si potesse immaginare senza cadere nel loro tranello, infatti non abbiano perso tempo a rincorrerli sul terreno da loro proposto, bensi abbiamo lavorato ad estendere, generalizzare e qualificare la protesta da prima nel resto del territorio provinciale ed in particolare a Matera, con il coinvolgimento dell’area murgiana delle Puglie, e poi alle Province di Cosenza e Taranto. Quest’ultima darà un contributo straordinario con le iniziative di lotta della città capoluogo e dei comuni dell’arco Jonico, con i sui comitati ambientalisti, di studenti, agricoltori, amministratori e semplici cittadini, quasi a riscoprire le comuni radici di appartenenza a quella che fù la antica Terra d’Otranto. Invece sul posto, da Scanzano, si iniziava a lavorare su due nuovi fronti : la grande manifestazione del 23 Novembre che porterà a Scanzano circa 150 mila persone e il coinvolgimento, sensibilizzazione e mobilitazione dei nostri fratelli conterranei sparsi in Italia e nel Mondo. Straordinaria è stata la mobilitazione degli studenti fuorisede lucani a Roma ed accorsi dagli altri atenei italiani che organizzeranno a Roma una prima manifestazione con diverse migliaia di studenti per il lunedi 24. Da quel giorno a Roma gli studenti lucani metteranno su un vero e proprio laboratorio di sensibilizzazione e controinformazione, con assemblee universitarie, presso centri sociali e presidi davanti agli studi della Rai e alla Camera dei Deputati in piazza Montecitorio.

Intanto continua il lavoro del Campo Base, vero cuore pulsante e mente organizzativa della protesta articolata e coordinata (idee – incontri – scuola – progetti – radio -informazione e controinformazione etc.). In questi quindici giorni decine saranno i cortei organizzati, da quelli degli agricoltori, a quelli degli studenti, sempre accompagnati dai gonfaloni delle amministrazioni locali e dall’intera chiesa lucana. Due saranno i cortei più emblematici : la processione della Madonna di Loreto e la manifestazione delle 150 mila persone del 23 Novembre. La processione, con oltre ventimila persone, della Madonna di Loreto sarà accompagnata da Mons. Agostino Superbo, Arcivescovo di Potenza e Presidente della Conferenza Episcopale Lucana, che già nei mesi precedenti si era fatto sentire tuonando in maniera forte, inequivoca e con assoluta precisione sui temi spinosi quali quello dello spopolamento delle aree interne con il loro fardello di precarietà, marginalità e povertà, contro la guerra in Iraq, e quello di un uso piu’ equo e compatibile della risorsa petrolio ed acqua.

La manifestazione del 23 rappresenterà il momento piu’alto, anche se paradossalmente, sia gli osservatori esterni che gli stessi manifestanti non avranno la percezione giusta di quello che stava succedendo e di quello che c’era in campo, poiché come si sa le manifestazioni sono sempre giustamente festose, assolutamente corali e colorate e non drammatiche e intense come la vita quotidiana nei blocchi e nei presidi.
Una strana coincidenza ha voluto che quel giorno, il 23 Novembre, ricorresse per la Lucania, in una giornata così gioiosa e colorata una triste ricorrenza, ovvero il 23° anniversario del terremoto dell’Irpinia che provocò migliaia di morti e feriti. La percezione che si aveva era quella secondo cui il popolo lucano che aveva saputo accettare, in ragione della sua profonda religiosità, il terremoto del 1980 come un evento naturale e/o un segno di Dio, non avrebbe mai accettato un decreto cosi’ infame, e quindi peggio del terremoto, figlio di una cultura del disprezzo antimeridionalista, che immagina un Sud straccione e fatalista al punto da accettare supinamente e magari in cambio di qualche spicciolo o di un millantato sviluppo o posto di maledetto lavoro, di diventare la pattumiera nucleare d’Italia. Questa manifestazione come tutte le altre, riuscitissime e organizzate mirabilmente, saranno messe su in pochi minuti, non avendo tanto tempo disponibile da dedicarvi e in quanto, come già detto, le manifestazioni ed eventi saranno tali e tanti da sfuggire anche alla cronaca dei più attenti.

I lucani in quei giorni sospenderanno le loro vite quotidiane e le loro attività per dedicarsi interamente a questa lotta, che sarà la loro lotta per la vita contro la morte. A vicenda conclusa si conteranno i danni per l’economia lucana (naturalmente da addebitare a Berlusconi e company, che vorrebbero passare anche come i salvatori della patria ) pari a circa 15 milioni di euri. I nostri compagni, impegnati in passato in mille battaglie ambientali e sociali, come d’incanto, si troveranno e/o si metteranno alla testa del movimento, non per egemonizzare ma per un senso di responsabilità verso il loro popolo e la loro terra. I nostri ragazzi, fino a poche ore prima, molte volte ostaggi di divisione e lacerazioni politiciste, diventeranno uomini e donne che dirigeranno, organizzeranno, parleranno in nome e per conto delle popolazioni locali in quanto dalle stesse riconosciute per la loro serietà, responsabilità, coerenza ed onestà. In quei giorni il nostro sentimento sarà pervaso da un misto di orgoglio ma anche di paura per il peso enorme che graverà sulle nostre spalle, fragili ma abituate ed allenate da tantissime battaglie combattute in questi anni. Sarà una battaglia dall’esito assolutamente non scontato, non facilmente codificabile, che vedeva contrapposti un Governo (e non la Nazione) autoritario e militarista e un popolo mite e pressochè anonimo.

Si, il popolo e non una sua avanguardia politicizzata ed orientata. Saremo impegnati in quelle giornate in una ricerca collettiva e quotidiana, di decodificazione ed analisi, tattica e strategia dove nonostante la lucidità di alcune analisi ed intuizioni personali, ognuno di noi, sarà sempre pronto a mattersi in discussione ed ascoltare. Un insegnamento per noi e per gli altri, frutto anche di questa straordinaria vicenda che ha cambiato un po’ anche noi altri. Con i tanti compagni, tutti straordinariamente e generosamente impegnati in quei giorni daremo vita a quell’intellettuale collettivo di gramsciano insegnamento, tante volte scomodato caricaturalmente e altrettante volte facilmente rimosso. Uno straordinario processo di osmosi di assoltuta novità e sostanzialità . Per questi, ed altri motivi, non condividiamo la tesi di chi diceva che la gente non voleva i c.d. “no global”, primo e banale perché noi apparteniamo al movimento c.d. ” no global” e i cittadini lo sapevano. La gente invece voleva solo mantenere saldamente in capo a se stessa la regia della vertenza, e quindi avrebbe accettato, come ha accettato, tutti coloro che si adeguavano al loro linguaggio, alle loro dinamiche, alle loro pratiche, che ripeto, non violente, unitarie e radicali poiché la battaglia di cui parliamo non era una delle tante battaglie, più o meno classica, era la battaglia per la vita e per la morte di un popolo, di una terra antica e dignitosa.

La verità è che questo movimento, moderno e da indagare, ha dato una lezione alla nazione intera, ovvero che l’esercizio della disobbedienza quando ha un fine giusto, è pratica di massa, fa bene alla democrazia, alla partecipazione, al protagonismo popolare. Diversamente se minoritario, decontestualizzato ed estremistico fine a se stesso, produce una separazione e un rifiuto dei cittadini in quanto percepito come autoreferenziale e propagandistico. Lo abbiamo detto più volte, la scelta del metodo non violento non era del tutto scontata. Tale orientamento ha prevalso anche grazie alla presenza massiccia delle donne, e delle madri in particolare, e non nelle mansioni più classicamente secondarie e gregarie (pulizia, cucina, accudimento ), ma con il loro portato di esperienza , maturità, saggezza e pacatezza, lungimiranza, tenacia, fermezza e radicalità, molto spesso alla guida del movimento. Vorremmo raccontare un episodio emblematico che abbiamo saputo governare con saggezza, consci dei rischi e della delicatezza della situazione che vi esporrò. Come già ricordato, presso la stazione di Metaponto, al blocco sui binari, il più rilevante sotto tutti gli aspetti dei blocchi, insisteva un groppuscolo di una dozzina di fascistelli di F.N. resosi protagonista di una azione provocatoria, come la tentata aggressione nei confronti del compagno Francesco Caruso.

Tale azione non riuscirà per la freddezza dei compagni napoletani, ed anche perché isolata dai cittadini lucani che in quel momento erano a Metaponto e che non hanno seguito, come auspicato dai fascisti, la sirena contro i c.d. ” No Global” . Bene avremmo potuto reagire (la tentazione è stata forte ) nel piu’classico dei modi, e forse era quello che volevano i fascisti per darsi un po’di visibilità, organizzando, cosa peraltro facile e nelle nostre possibilità contando su centinaia di attivisti e militanti antifascisti, ovvero organizzando una “Squadra ” per scacciare i fascisti “carogne”. Non lo abbiamo fatto, senza farci lusingare dal sentimento di respingere una codardia che non c’era, poiché avevamo capito che i cittadini li avevano già marginalizzati e scacciati, e quindi una nostra azione violenta non solo avrebbe potuto mettere a rischio tanta gente inerme ma avrebbe prodotto l’effetto, ancor più deleterio, di farci assimilare a loro in un unicum di minoritari e violenti. Anche questo è stato un passaggio, ritengo importante, per affermare che l’egemonia non la si impone, ma la si ottiene quando gli altri ti riconoscono egemone per quello che dici e come lo pratichi.

La nostra condotta potrebbe apparire subalterna, buonista o peggio ancora pressapochista. Tutto ciò è infondato poiché non solo la battaglia è stata vinta, ma perché abbiamo inciso profondamente nella crescita ed orientamento culturale e politico dell’area e di quel movimento. Abbiamo portato gli altri sul nostro terreno in un processo di contaminazione reciproca con rispetto e alterità, mettendo a frutto la coerenza di vecchie battaglie che, se anche non vinte e a volte minoritarie, hanno sedimentato la coscienza e quantomeno ci hanno consentito di presentarci come uomini e donne coerenti e coraggiosi delle loro idee, della loro storia e delle loro battaglie. Altro elemento che ci dice che la battaglia per la contaminazione e la egemonia è stata vinta, è dato dal fatto che l’esperienza del Campo Base prosegue con un processo di elaborazione dal punto di vista dei contenuti sul tema del nucleare, ma piu’in generale della democrazia (messa pesantamente in discussione con il famigerato decreto legge n.314), della partecipazione e del protagonismo popolare, avanzatissimo che pone questa esperienza, noi pensiamo come una delle punte più avanzate nello scenario antagonista e di lotta antiliberista nel meridione e forse nell’intero Paese. Noi pensiamo che non sia un caso se a Roma alla manifestazione del 6 dicembre contro la legge finanziaria e la riforma delle pensioni, dalla Basilicata sono arrivati oltre 10 mila persone, segnando un record per la nostra Regione e dando vita, senza timore di essere smentito, allo spezzone piu’significativo come qualità delle presenze (tantissimi giovani e donne) e dei contenuti.

Concludiamo questa nostra riflessione-narrazione pensando che sta nascendo un nuovo popolo, che non pensa solo a se stesso, ma pensa a tutti e per tutti, dove la lotta non è solo uno strumento per sconfiggere gli altri, ma è il mezzo per cambiare se stessi, gli altri e quindi il mondo intero.

Comitati “ScanZiamo le scorie”
Campo Base-Terzo Cavone
Forum Ambientalista-Basilicata
LIPU-Basilicata
Comitato di difesa della Costa Jonica