Se proviamo a leggere i dati emersi dalle ultime rilevazioni dell?Istat, l´economia ?sommersa? in Italia è pari al 17% del PIL (Prodotto Interno Lordo), invece, i dati dell?Eurispes sono più allarmanti e si parla addirittura del 29-30%: quasi un terzo dell?economia della penisola. Con questi risultati, il nostro Paese raggiunge un record non proprio invidiabile, essendo al primo posto tra i Paesi industrializzati in quanto a lavoro nero. La già citata ?Economia Sommersa?, nonostante le promesse del Governo Berlusconi e le mancanze degli altri Esecutivi alternatisi fino a questo momento, non intende diminuire.
Nel Meridione – area geografica italiana maggiormente colpita – la percentuale dei lavoratori in nero sale al 22,4%, contro il 15,4% del Centro, il 10,8% del Nord-Ovest e l´11,3% del Nord-Est. La cospicua presenza di sempre maggiore lavoro nero significa anche, e soprattutto, incidenti sul lavoro ed evasione fiscale. Scorrendo i dati statistici sul tutto il territorio nazionale emerge che la Calabria è la seconda regione italiana che ha il primato del lavoro nero, dove il peso del sommerso sfiora il 30%. A seguire troviamo la Campania (25%) e la Sicilia (24,2%). L?ultimo posto è del Friuli-Venezia Giulia con il 9,5%.
E la Basilicata? La nostra regione si attesta al primo posto. Un primato non certo invidiabile per confermarsi ?autentica? regione del Sud: l?incremento – direi – esponenziale di lavoro nero è pari al 32% rispetto alla media nazionale (9%). Tra la cospicua parte dei lavoratori che agiscono ?in nero? ci sono soprattutto extracomunitari e i cosiddetti lavoratori di ritorno, che ??pur di garantirsi un minimo di sopravvivenza, svendono se stessi e si offrono a patire lavori duri e stanchevoli senza garanzie assicurative ed a salari di molto inferiori alla media??, come afferma il Presidente del gruppo consiliare dell?Udc, Antonio Melfi. Considerando questo dato, unitamente, all?aumento preoccupante di infortuni sul lavoro, ne esce fuori un quadro allarmante che deve, innanzi tutto, chiamare in ballo seri interventi dei nostri amministratori. Continuando su questa strada l?orizzonte dello sviluppo si fa sempre più lontano. Servono politiche limpide ed interventi concreti.
??Al di là di considerazioni accessorie nell?interpretazione dei dati sul lavoro nero – continua Antonio Melfi – in relazione alle dimensioni ridotte della regione Basilicata che sarebbe, per tale motivo, come qualcuno sostiene, sottoposta ad una valutazione dai parametri più severi, è cosa gravissima registrare un incremento così esorbitante: a fronte degli impegni anche finanziari assunti dal governo regionale nell?ambito della formazione professionale, dell?ammodernamento del settore agricolo, della tutela dell?ambiente, dello sfruttamento delle risorse del territorio, dell?espansione del terziario, dell?incremento della produzione industriale, si denota invece un totale fallimento nell?attuazione di una politica economica disastrosa perché improvvisata e, soprattutto, perché non vi è alcuna tutela e garanzia del lavoro e della dignità dei lavoratori.
Lo sfruttamento di manodopera a basso costo caratterizza non una regione virtuosa, come si vuol fare intendere che la Basilicata sia, ma una realtà di inciviltà e di assoluta mancanza di rispetto dell?essere umano: il lavoro degli stagionali sottopagati, reclutati soprattutto fra gli extra-comunitari, non si coniuga affatto con le pretese di una produzione, agricola o industriale, di eccellenza nella vetrina nazionale dei prodotti caratterizzanti l?economia lucana. Il rinvigorirsi della forma più sconcertante del caporalato, continua Melfi, è evidentemente un segnale forte di sviluppo distorto, perché a subirlo sono le fasce più deboli della popolazione, fermo restando la preoccupazione che, in diverse realtà locali, non si sia proceduto neppure alla attuazione della legge Bossi-Fini che avrebbe dovuto tutelare gli immigrati??.
E? necessaria e vitale una impegnata ed impegnativa presa di coscienza di chi ha a cuore la tutela dei lavoratori. Si deve puntare su forme alternative di crescita economica e dare maggiore spazio alle fasce più deboli della società lucana, dove il tasso di disoccupazione cresce a dismisura e lo spopolamento è sempre più un male incurabile per i piccoli paesi in via d?estinzione.