E’ stata inaugurata a Roma, presso lo Studio Arte “Fuori Centro” la mostra personale di Giuliano Mammoli: “No name”, curata da Loredana Rea.
Questo appuntamento è il primo appuntamento del ciclo “Immagini Materie Segni”, in cui i critici Ivana D?Agostino e Loredana Rea presentano nell?arco di tempo compreso tra gennaio e giugno otto artisti ? oltre a Mammoli, Fernando Rea, Barbara Gurrieri, Angelo Brugnera, Diana Ferrara, Antonella Capponi, Minou Amirsoleimani, Claudio Granato – differenti per formazione, scelte e, soprattutto, modalità espressive.
Seguendo tre grandi direttrici della ricerca artistica, rappresentate emblematicamente dalle continue sperimentazioni intorno all?immagine, alla materia e al segno, l?intento critico è quello di riflettere sul presente, per cogliere le motivazioni vere delle pratiche espressive e le direzioni tangenti o divergenti dei criteri metodologici e progettuali e restituire, poi, uno spaccato, certamente incompleto, ma sicuramente vitale della contemporaneità.
“No name” è una installazione che Mammoli ha realizzato per la galleria. Utilizzando una serie di pannelli quadrati e lampade di wood l?artista tesse sapientemente un?ampia texture, a coinvolgere l?intero spazio, in cui immagini geometriche minimali, realizzate a stampa digitale, si susseguono come raffinate e macroscopiche tessere di un mosaico.
Il punto di partenza di questo nuovo lavoro sono le serie degli Obbietivi (sequenza reiterata di bersagli apparentemente tutti uguali a se stessi), intorno cui l?artista marchigiano opera da alcuni anni, a partire dalla guerra del Kosovo, quando la protesta della popolazione inerme si materializzò nell?occupazione dei ponti con indosso magliette-bersagli. Allora gli obiettivi di Mammoli erano quelli dei caccia che sparavano su bersagli senza nome, a testimoniare il dolore per l?annientamento dell?uomo. Adesso che le guerre continuano ad essere una realtà con cui nostro malgrado conviviamo l?obbiettivo non è più necessariamente quello di un?arma rivolta contro uomini senza nome, ma quello di una macchina fotografica, per esempio, per focalizzare ciò che l?occhio da solo non riesce a cogliere. Obbiettivi senza nome per scoprire le realtà di individui che hanno nome e recuperare la speranza.
UN PROFILO DI GIULIANO MAMMOLI
Da alcuni anni ormai la riflessione di Giuliano Mammoli ruota intorno ad un unico tema, che assorbe totalmente ogni sua energia creativa: la possibilità di penetrare tra le pieghe oscure del reale per portare alla luce ciò che non sempre è visibile, anche quando è lì, davanti agli occhi di tutti.
Nella pratica dell?arte si ricompone, infatti, la dicotomica opposizione tra visibile e invisibile, si supera l?effimera e fuorviante articolazione dell?apparenza, perché ad interessare è, soprattutto, l?opportunità di rapportarsi con la complessità della realtà, per esprimere la necessità insopprimibile di stare dentro la vita, sia pure con tutte le sue tragiche contraddizioni.
Proprio dalla volontà di muoversi tra le luci e le ombre della realtà nasce una serie recente di lavori, che l?artista ha denominato Obiettivi: il colore dilatandosi o restringendosi concentricamente rappresenta simbolicamente un obiettivo meccanico e contemporaneamente un bersaglio.
Mammoli aveva elaborato queste opere sul filo dei sanguinosi accadimenti legati alla guerra del Kosovo, quando la protesta della popolazione inerme si materializzò nell?occupazione dei ponti con indosso magliette su cui era stato stampato un grosso bersaglio. L?intento provocatorio e tragico era quello di porsi volontariamente come obiettivi facili di una guerra che ognuno di noi poteva seguire attraverso lo schermo della TV, vicina eppure apparentemente lontana.
La sequenza reiterata degli obiettivi rappresentava la provocatoria affermazione di essere tutti indistintamente bersagli senza nome della soverchiante ferocia dell?uomo sull?uomo. L?artista contrapponendo alla rigorosa progettualità del suo lavoro la drammaticità del qui e ora – che urlava: tutti siamo bersagli possibili nel mirino di un cecchino pronto a sparare anche sulla popolazione inerme – aveva costruito un lavoro struggente, in cui chiare emergevano le paure di chi non si vuole arrendere di fronte all?insensatezza della violenza.
“No name” è una installazione che Mammoli ha realizzato partendo dalla serie degli Obiettivi, chiaro è il richiamo ai bersagli senza nome, simbolo della quotidiana resistenza a ogni guerra. L?artista ha tessuto nello spazio della galleria un?ampia e suggestiva texture, in cui le originarie icone concentriche sono diventate le raffinate e macroscopiche tessere di un mosaico, che ricopre pareti e pavimento.
Quelle che Mammoli ha elaborato, utilizzando stampe digitali in bianco e nero, sublimazione e somma di tutti i colori, sono icone minimali, rigorose cerchiature cinetiche puntate ossessivamente a congelare in una inquadratura la mobilità, a sezionare chirurgicamente la molteplicità. Sono occhi meccanici che, ingrandendo a dismisura la tessitura del reale, da una parte si insinuano nella pienezza della vita per appropriarsene e restituirla, poi, trasfigurata in tagli spaesanti, mentre dall?altra innescano inevitabilmente una riflessione sull?incomprensibile svolgersi della quotidianità, così che si possa arrivare a suggerire circostanze alternative al di là del semplice richiamo al reale e alla sua rappresentazione.
L?intento è quello di calibrare l?occhio fisiologico con quello meccanico, di trovare un equilibrio tra il riconoscimento del reale e la capacità di andare oltre. Ne consegue che il rifiuto di porsi frontalmente rispetto alle cose, rinunciando a ogni tentazione di registrare, per mostrare, invece, quanto attraverso l?obiettivo esse appaiano differenti, è netto. Ad interessare è la lateralità, che permette di guardare il reale, ma anche di superarlo, trasformando di segno quanto in esso è dolorosamente contraddittorio.
É così che gli obiettivi e i bersagli senza nome da cui l?artista era partito attenuano la loro tragica connotazione, caricandosi di nuove valenze. Proprio mentre un?altra guerra si va consumando mediaticamente sotto i nostri occhi, assurdamente assuefatti alla violenza della morte e della distruzione, grazie a una sorta di professionale asetticità della comunicazione, Mammoli punta i suoi obiettivi oltre ad indicare simbolicamente la speranza nel futuro.
PER INFORMAZIONI:
Studio Arte “Fuori Centro”
via Ercole Bombelli 22, 00149 ROMA
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