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Quello che il cinema può dirci

La cinematografia è l?arte di riprendere e proiettare, mediante apparecchi,

persone e cose in movimento. La prima proiezione ebbe luogo nel lontano 28

dicembre 1895, all?interno della sala sotterranea del Grand Café de Paris,

sita in boulevard des Capucines. In tale giorno 35 spettatori paganti, per la

prima volta nella storia, videro l?attuazione della rivoluzionaria invenzione

dei fratelli Lumière. La successiva evoluzione e crescita degli spettacoli

cinematografici occupa un capitolo complesso e autonomo, la cui trattazione

impone tempi lunghi da destinare all?esposizione della crescita di una nuova

forma di espressione artistica moderna. Quest?ultima prevede l?utilizzo delle

tecnologie ed è finalizzata alla rappresentazione della realtà, della sfera

affettiva, della situazione contingente o semplicemente delle idee dei singoli

individui.

Nel corso delle festività natalizie, da anni, si assiste al ?rito? delle

moltitudini di individui che si accingono ad assistere alle proiezioni di film

nelle sale cinematografiche. Trattasi di pellicole realizzate per suscitare

ilarità nel pubblico, attrarre il maggior numero di persone o dilettare i

fanciulli. Nel capoluogo lucano sono stati proiettati lungometraggi animati

come Alla ricerca di Nemo della Walt Disney regia di Andrew Stenton), in cui

si narrano le vicissitudini di un pesciolino nell?infinità dell?oceano. Sempre

a Potenza è stato proiettato Master and Commander (regia Peter Weir), che vede

il capitano Aubery all?inseguimento della nave Norfolk.

Paradiso all?improvviso (regia L. Pieraccioni) e Natale in India (regia Neri

Parenti) sono le due pellicole nostrane che hanno riscosso il maggior volume

di incassi ed è difficile stabilire quale sia stato il film più apprezzato dal

pubblico. Nel primo caso il protagonista Lorenzo, impersonato da Leonardo

Pieraccioni, single per eccellenza, si innamora di una meravigliosa donna,

chiamata Amaranta. Il sentimento è fasullo, simulato dalla giovane, per dare

compimento alla scommessa organizzata dagli amici del personaggio principale.

L?intera pellicola ruota attorno al gioco con i sentimenti affettivi del

personaggio principale, realizzato per produrre letizia e risa. In Natale in

India si assiste alle peripezie di Enrico Paci (Massimo Boldi) e Fabio De

Tassis (Christian De Sica). I due rivestono la parte di novelli padri e si

ritrovano a crescere dei figli esattamente opposti alle loro famiglie. Il

primo è un affermato giudice, amante dello yoga, che si trova a dover

giudicare De Sica, il quale riveste i panni di un ?malvivente imbroglione?,

che tenta di incastrare il magistrato in un caso di atti osceni e presunta

violenza carnale. La truffa sembra riuscire, ma è smascherata proprio in

India, luogo ove le due famiglie casualmente si ritrovano, in concomitanza con

l?arrivo di un noto cantante trasgressivo e di due impiegati in un rinomato

circo, alla ricerca del rubino rubato, finito nella casualmente nella borsa

del giudice.

Le risate sono garantite in entrambe le proiezioni, quello che delude è il

contenuto. Sono mancate, nel corso delle festività, almeno nel capoluogo

lucano, delle pellicole cinematografiche in cui si analizzano temi sociali,

questioni internazionali, sembra che si vada al cinema soltanto per evadere,

allontanandosi dalla realtà. I temi per cui ridere, sembrano essere stati

sviliti e ridotti, annullati e impoveriti. Ma è stato sempre così? La

letteratura insegna il contrario. Ai primordi del Rinascimento francese il

ribelle François Rabelais, monaco che abbandonò l?abito talare per proporre un

nuovo modello di fede e religiosità, opposta a dogmi, irrigidimenti formali e

sterili privazioni, mostrò come fosse possibile ridere, burlandosi delle

autorità, schernendo il potere costituito, dileggiando i potenti attenti

esclusivamente alla salvaguardia dei propri interessi. Rabelais proponeva

tutto ciò per allietare, almeno per qualche momento, i molti indigenti,

reietti, malati, che in quel periodo abitavano lungo le vie dei centri urbani.

L?ilarità era garantita, ma erano trovate anche soluzioni a tematiche sociali,

eventi che al giorno d?oggi quasi non sono pensati, perché si crede che la

risata debba celare solo allontanamento, alienazione e non

risoluzione.

Questa è la società prettamente commerciale in cui l?uomo moderno occidentale,

evoluto e figlio dell?opulenza si trova a vivere. Forse bisognerebbe svoltare

pagina, impadronirsi delle tecniche e utilizzarle per acculturare e arricchire

gli individui?