Lucanianet.it incontra Sergio Lambiase autore della raccolta ?Allegri
suicidi? (Avagliano, pagg. 136, euro 11)
In cinque racconti una sfilata inverosimile di personaggi che hanno un unico
denominatore comune: l?essere intellettuali. Figure fragili, a tratti ridicole
eppure, profondamente tragiche. Probabilmente è per questo che Lambiase li
racconta così, allegramente, esorcizzando in qualche modo quello sguardo che
da secoli osserva affascinato il dolore dell?arte, il caro ?mal di vivere? che
ha fatto più adepti di qualunque religione. Si affrontano tematiche tanto care
al ?900 come la passione cieca, l?arte e la morte o meglio, il suicidio, una
soluzione ai limiti del grottesco, sempre pronta come un analgesico da banco
che non ha bisogno di ricetta. Ma l?apice dell?assurdo resta la voce narrante,
sostanzialmente disadattato come il resto dei personaggi, ma troppo preso a
liberarsi dalle situazioni disastrose in cui si trova coinvolto suo malgrado,
per avere il tempo di crogiolarsi serenamente nel suo, personale, male.
L?autore si è anche occupato di storia come ne L?odore della guerra (scritto a
quattro mani con G. Battista Nazzaro e pubblicato dall?Editore Avagliano) e
recentemente, con Aldo Zappalà, ha realizzato un documentario per Rai
Educational dal titolo La nostra guerra.
Il ruolo dell?intellettuale oggi?e soprattutto ne abbiamo ancora bisogno?
Nessuno è più sfottuto dell?intellettuale, ma un po? se lo merita. Quando
l?intellettuale si atteggia a grillo parlante è francamente insopportabile.
Eppure di lui c?è ancora bisogno, come c?è bisogno di chiunque, di fronte alla
Superficialità e all?Irresponsabilità che allegramente dominano il mondo,
suggerisca riflessione, approfondimento, senso dei limiti.
Lei parla spesso del poeta più che dello scrittore. Che differenza c?è, se
c?è, tra loro?
Il poeta forse è più farfallone. Gioca di più con le parole, ancora più
dello scrittore è convinto della sua ?inutilità?, ma è pronto a dimenticarsene
al prossimo volume di liriche pubblicate ahimè a sua spese! Il poeta è un
dilapidatore di sostanze?
La sua è stata definita Ironia Corrosiva?è in realtà cinismo? Perché la
scelta di comunicare attraverso l?ironia?
L?ironia è misura del mondo e allo stesso tempo è disincanto del mondo.
Pone una distanza tra sé e le cose, non per giudicarle, né per esercitare un
astratto moralismo, ma per conoscerle meglio. L?ironia è un bisturi con cui
sollevo i lembi della realtà, e quasi sempre facendo male, poiché lo scrittore
deve stare attento a non usare anestetici! Non so se la mia ironia sia
veramente corrosiva, né direi che sia cinismo, giacché il mio è anche uno
sguardo di partecipazione, o almeno vorrebbe essere tale.
Nelle storie c?è sempre una voce che descrive e racconta?si riconosce in
questa?
E? vero, in ?Allegri suicidi? vi è sempre in campo l?io narrante, non solo
testimone di ciò che osserva o descrive, ma anche in qualche modo coinvolto
negli eventi, coprotagonista, diciamo come il dottor Watson nei confronti di
Sherlock Holmes. E? una domanda che mi fanno spesso: quanta parte del mio
vissuto è in quella voce ?in campo? che interseca gli eventi narrati? Un
discreta parte, direi, anche se amo alterare i dati del mio vissuto (ma questo
capita a tutti gli scrittori), affabulando, deformando,
reiventando.
Perché in ?Allegri suicidi? questo eterno stare in bilico tra tragedia e
farsa?
Perché la vita è esattamente questo: un impasto incredibile di farsa e
tragedia. Odio gli scrittori troppo seriosi, drammatici, lacrimevoli. Amo
invece gli scrittori comici, ma si badi non la comicità televisiva,
addomesticata, edulcorata, ma quella che induce alla riflessione. Totò diceva:
?Non ho mai saputo raccontare barzellette!?. Ecco, la comicità non ha niente a
che vedere con le barzellette. Semmai fa ridere chi a metà barzelletta si
incespica e non riesce più andare avanti e vorrebbe sprofondare. Ci fa ridere
ma ci fa soffrire per lui.
Il convegno di Atella del ?63 fu strepitoso. Chiamò a raccolta tutte le
energie della Basilicata!?. Una curiosità, si è svolto realmente questo
convegno? Se sì, cosa ricorda?
In questo racconto, che dà il titolo alla raccolta (la vicenda di Gerardo
che inscena assurdi suicidi dimostrativi), ho messo in atto tutto il mio
potenziale parodistico. Il convegno di Atella, che radunò poeti, scrittori,
intellettuali lucani veramente si svolse, e io ne fui testimone, ma non
proprio nel ?63, bensì alcuni anni dopo (dunque ho retrodatato le vicende
narrate). Allora la ?lucanità? in arte era ancora una merce spendibile, ma la
modernità che bussava alle porte stava mettendo in crisi tutte le certezze del
passato, da qui l?ansioso interrogarsi di chi partecipava al convegno, a
cominciare dal povero e frastornato Gerardo, che a metà convegno cerca di
ammazzarsi con una penna stilografica, col solo risultato di imbrattare la
camicia non di sangue ma di inchiostro!
Sempre della Lucania, lei racconta di un gruppo di giovani intellettuali
definendoli pippaioli. Cosa sono diventati oggi? O cosa potrebbero essere
diventati?
Nel libro sono nel gioco della finzione, gli intellettuali di cui parlo
sono in gran parte inventati. Comunque la masturbazione (mentale) è spesso il
vizio degli intellettuali, e con ciò siamo tornati alla domanda iniziale. Gli
intellettuali, troppo spesso, giocano con le parole e con i concetti, per
vanità o per incapacità di interpretare la realtà e dare un contributo per
modificarla.
Un pensiero sulla Lucania.
Ho vissuto alcuni anni in Lucania e amo questa terra. Amo la dignità, la
riservatezza, l? ?antinapoletanità? (lo dico da napoletano!) dei lucani. E? il
sud meno contaminato dalla speculazione edilizia, dalla cattiva
modernità.
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www.avaglianoeditore.it