Il termine di Arberia è utilizzato per indicare l’area geografica degli insediamenti albanesi in Italia, mentre la parola Arbereshe identifica le comunità albanesi italiche, la lingua che esse adottano, la cultura in senso lato, ossia le tradizioni appartenenti a tali comunità, le forme artistiche realizzate, la gastronomia tipica, i costumi prodotti, i riti sacri e profani proclamati. Tali elementi sono caratterizzati da una marcata specificità e peculiarità, contraddistinguono tale popolo e sono gelosamente salvaguardati, conservati e riprodotti dalle generazioni durante i secoli, nell?area meridionale dell?Italia, anche in Basilicata.
L?emigrazione albanese in Italia si è verificata dal XIV secolo fino al termine del XX, con picchi a partire dal 1468, anno in cui si verificò la morte dell?eroe nazionale Giorgio Castriota Skanderberg, quel rinomato principe di Krujia, che si stanziò in Puglia per aver reso dei favori a Ferrante I d?Aragona. Durante tale arco di tempo gli stanziamenti albanesi non sono mai stati fissi, ma le comunità si sono spostate in tutto il sud Italia, poiché tormentate dai vari governi locali. Nel XIV secolo i popoli arbereshe sono stati coinvolti nelle guerre tra feudatari calabresi e governo angioino, nel XVII le vicissitudini turche minarono l?esistenza delle comunità, le quali migrarono. Gli spostamenti sono nove, in tutto. L?ultimo si verifica nel XX secolo ed è ancora in atto.
Le comunità di origine albanese si trovano in Calabria, la regione con il maggior numero di gruppi, in Puglia, luogo con il più grande numero di persone, in Molise, Abruzzo, Campania, Sicilia, con presenze più limitate e infine in Basilicata, sito in cui le comunità arbereshe, in particolar modo 8.132 abitanti su 9.072, (Barile, Ginestra, Maschito, San Costantino Albanese e San Paolo Albanese) hanno mantenuto in vita cultura, lingua e tradizioni antiche, praticandole quotidianamente.
Analizzando la tipicità delle comunità si scopre che il rito religioso è la cerimonia bizantina in lingua greca, riconosciuta da papa Paolo II, nel 1536, anche se il passare del tempo, le imposizioni delle autorità amministrative e la forza del cristianesimo hanno mutato la celebrazione, rendendola sempre più vicina alle rievocazioni cristiane. Elementi tipici e ancora intatti sono le icone, quelle immagini che traspongono temi, vicende e personaggi biblici, rendendoli criptici e comprensibili ai gruppi di fedeli. I riti che si sono conservati inalterati sono la Santa Pasqua, nel corso della quale si cantano inni arbereshe o si ruba l?acqua dalle fonti. In quest?ultimo caso in silenzio si raggiunge una sorgente, al fine di espiare la colpa dell?uccisione del Cristo, giunti all?acqua i credenti si scambiano gli auguri, per mostrare la conciliazione e il perdono concesso dalla divinità. Il mattino successivo si vince il demonio, impersonato da un sagrestano ribelle e si gioisce collettivamente.
In tale ambito si stanzia anche il rito funebre, secondo il quale i trapassati sono commemorati tra la fine di febbraio e l?inizio di marzo, quando Gesù permette ai deceduti di rimanere tra i propri familiari, per cibarsi di collivi, ossia fette di pane con bollito di grano posto al di sopra, fino al sabato successivo, quando ci sarà la dipartita finale. La lingua utilizzata è l?arbereshe, una varietà di tosco (dialetto in uso nel sud dell?Albania), con inflessioni tratte dal ghego (vernacolo impiegato nell?Albania settentrionale), che corrisponde al 45% dei vocaboli. La lingua è inusuale e contaminata dal sostrato italico (15% dei termini sono neologismi di scrittori autoctoni e il restante deriva da adstrati dei gruppi adiacenti), è stato adottato l?alfabeto latino a partire dal 1908 e vi è assenza totale di concetti astratti, introdotti inserendo una serie di concetti perifrastici o prestiti dall?italiano. A tutela delle peculiarità filologiche enunciate brevemente, si inserisce la Norma in materia della tutela delle minoranze linguistiche storiche 482/99.
con la predetta si intendono preservare le minoranze linguistiche presenti sul territorio italiano, fra cui quella arbereshe. Tra i principi emanati dalla Legge appare fondamentale l’introduzione della lingua minoritaria come materia di studio all?interno scuole. La cultura e le tradizioni non devono essere mai dimenticate, in quanto esse danno fondamento e radici ai popoli. Conoscere, amare e apprezzare le consuetudini è il primo passo per il rispetto reciproco, che inizia con la stima di sé stessi e delle proprie radici.