Che il sottosuolo della Val D’Agri sia ricco, oltre che di petrolio, anche di arte, di storia e di cultura non è certo una novità. Non di meno, però, proprio la presenza dell’attività estrattiva mette in discussione la valenza di questo aspetto, se non altro dal punto di vista delle priorità. Il rischio che si corre, in pratica, è quello che un territorio, da sempre caratterizzato da un patrimonio naturalistico e culturale dal valore straordinario, divenga ai più noto solo come la “valle del petrolio”. In quest’ottica si pone l’attenzione oggi dedicata ad uno dei luoghi più rappresentativi della Val D’Agri, sia dal punto di vista storico che sotto l’aspetto della sua futura (ri)valorizzazione: l’area archeologica di Grumentum.

Il sito di Grumentum rappresenta un caso unico in Basilicata. A differenza, infatti, di altri centri di epoca romana presenti sul territorio regionale non ha conosciuto, grazie alla fortunata posizione, sovrapposizioni moderne tanto da far prospettare, in un futuro più o meno prossimo, che l’intero tessuto urbano possa essere restituito alla vista. L’antica città romana fu fondata nella prima metà del III secolo a.C., quasi contemporaneamente a due altri centri di grande importanza come Venusia e Paestum. Ebbe da subito un ruolo strategico dal punto di vista militare quale avamposto per impedire il passaggio dalla costa ionica all’odierna Calabria e nei rapporti con le vicine Campania e Puglia. Tra il III ed il II secolo a.C. visse un periodo di grande floridezza economica, nonostante due tentativi di conquista da parte dei Cartaginesi uno, nel 215 a.C. ad opera di Annone, l’altro nel 207 a.C. per mano di Annibale. Grumentum si dotò presto di un impianto urbanistico regolare che, articolato in Decumani (i principali assi stradali) e Cardini, si estendeva lungo tutto il pianoro.

La Guerra Sociale (91-89 a.C.), scoppiata tra Roma e la Confederazione dei popoli meridionali, fece sentire i suoi effetti anche a Grumentum che, devastata, conobbe una lunga crisi economica e demografica dalla quale riemerse solo intorno alla seconda metà del I secolo a.C..Durante l’età Augustea si ebbe un’intensa attività costruttiva. Di questo periodo sono, infatti, la realizzazione del Teatro (di cui si sono conservati molti tratti architettonici), dell’Anfiteatro (caratterizzato dalla non perfetta ellissi formata dalla congiunzione di due moduli differenti), del Capitolium (il tempio dedicato alla triade capitolina Giove-Giunone-Minerva), del Foro (circa 4000 metri quadri di cui 3500 ancora da esplorare), delle Terme Imperiali (di cui si conservano un corridoio con volte a botte ed il caldarium), del Macellum e di splendide Domus. Completano il parco archeologico (che si estende per quasi un chilometro) i resti dell’acquedotto Augusteo, le Terme Repubblicane, la Domus dei Mosaici e la chiesa della SS. Assunta (cattedrale dell’antica diocesi grumentina istituita già nel IV sec. d.C. in onore del martire Laverio). Con la caduta dell’Impero Romano, la città andò progressivamente perdendo importanza sino a decadere con l’arrivo dei Saraceni. Per meglio difendersi, infatti, gli abitanti furono costretti ad abbandonare la cittadina e a rifugiarsi sul colle che la sovrastava dando origine a quella che oggi è l’attuale Grumento Nova.

Solo con l’istituzione della Soprintendenza Archeologica di Basilicata, nel 1964, si diede inizio alla valorizzazione delle emergenze archeologiche di Grumentum, attività sfociata poi nella realizzazione del Museo Archeologico Nazionale dell’Alta Val D’Agri, inaugurato il 16 dicembre del 1995. Il museo sorge adiacente al parco archeologico e presenta, nei due piani dell’edificio, due sezioni principali: una riguardante l’epoca pre-romana (con un nucleo paleontologico di resti animali e con testimonianze umane risalenti all’età del Bronzo e del Ferro), l’altra dedicata all’epoca romana (dove spiccano un ritratto in marmo di Livia, moglie dell’Imperatore Augusto, un torso di Arpocrate, il nucleo della Casa dei Mosaici ed una collezione di monete rinvenute nell’area urbana).

Appaiono dunque chiari, alla luce di quanto detto sinora, non solo l’importanza intrinseca di questo sito, ma anche l’enorme potenziale di attrattiva per un turismo di tipo culturale che da esso potrebbe scaturire. La stessa scelta di localizzare il museo nelle immediate vicinanze del parco archeologico si pone, infatti, sia come indispensabile supporto didattico e di conoscenza, sia come tramite tra gli abitanti e le varie istituzioni. Senza contare che in un’ottica di valorizzazione di aspetti di questo tipo (e petrolio a parte) un incentivo maggiore verrebbe dallo stesso contesto paesaggistico ed ambientale dell’intera Val D’Agri.

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