La settimana scorsa avevamo spiegato la prima regola di questo semplice decalogo. Oggi, analizzeremo dal secondo al quarto punto.
Per rinfrescarci un po’ la memoria:
1) FATE UNA BUONA “PRIMA IMPRESSIONE”
2) PREPARATEVI SUI VOSTRI PUNTI DEBOLI
3) INFORMATEVI SULL’AZIENDA
4) TRANQUILLI E SORRIDENTI
5) NE’ INGENUI, NE’ ATTEGGIATI, NE’ ECCESSIVI
6) PENSATE POSITIVO, CREATIVO E CONCRETO
7) PARLATE PER FAVORE
8) ATTENTI AL LINGUAGGIO
9) TENETE PRESENTE CHI AVETE DI FRONTE
10) LA COMUNICAZIONE NON VERBALE: I VESTITI, I GESTI, LA VOCE E LO SGUARDO
II) PREPARATEVI SUI VOSTRI PUNTI DEBOLI
La seconda parte del colloquio è, non nascondiamolo, un esame vero e proprio. Le vostre competenze e la vostra personalità saranno scandagliate a fondo, in cerca di eventuali carenze. Poiché nessuno di noi è perfetto, qualcosa di spiacevole affiorerà, che noi ce ne accorgiamo o meno: il problema è come far si che il selezionatore non giudichi la nostra persona nel suo complesso alla luce dei punti deboli, ma arrivi a considerarli dei “nei” di secondaria importanza. Come fare?
La risposta è, apparentemente, semplice: giocando d?anticipo, riconoscendo le nostri eventuali lacune, inquadrandole nella loro vera luce, e dimostrando come siamo riusciti a compensarle. Guai a negare l?esistenza di punti deboli (“Io le sembro un po’ aggressivo? Ma lei si è bevuto il cervello !”) , e guai anche a cercare di rigirare la frittata (“Voti bassi all?università? Ma io mica studiavo per il voto !”). Vediamo qualche esempio di come trarsi d?impaccio:
“Dice che sembro un po’ aggressivo, un po’ drastico nei giudizi? Si, può darsi che dia questa impressione: il fatto è che apprezzo molto la chiarezza. So che i compromessi spesso sono indispensabili, ma anch?essi, per essere efficaci, devono nascere (è una mia opinione, per carità) da un confronto duro, esplicito. Sono magari molto pignolo, analitico, dubbioso nella fase di studio dei problemi, ma una volta fattami un? opinione e presa una decisione, mi piace andare fino in fondo. So che rischio di perdere delle sfumature, ma questo mi ha consentito, finora, di raggiungere tutti i traguardi che mi sono prefisso. Certo, ora sto per entrare in un mondo che non conosco, e dovrò imparare tutto: la mia spavalderia dovrò metterla nel cassetto per un bel po’.Del resto, se chiedesse di me a chi mi conosce, mi definirebbero forse impetuoso, ma aggressivo no, credo proprio di no”.
“Si, il voto di laurea non è granché. Non cerco scuse: non ho nè lavorato per mantenermi agli studi, nè fatto alcunché di memorabile nel frattempo. Il fatto è, lo confesso, che i miei primi anni di università sono stati dedicati più al divertimento che allo . studio. C?è chi matura prima, e chi dopo, e io appartengo a questa seconda categoria. Mi sono “svegliato” negli ultimi due anni, quando finalmente ho cominciato a pensare al futuro e a comportarmi come una persona adulta: ho recuperato gli esami arretrati, ho cercato di migliorare la media e soprattutto di fare una buona tesi, e credo di esserci riuscito. Soprattutto ho capito di essere stato a un passo dal perdere il treno, per superficialità, ed è un rischio che non voglio più correre. In questi due anni ho avuto la conferma che se mi impegno ottengo risultati di valore, e voglio sfruttare in pieno le mie possibilità. Come consolazione, devo dire che nei primi anni, se ho certamente studiato poco, ho però avuto esperienze così diverse che mi hanno insegnato tante piccole cose che scopro non essere inutili.”
“No, non so il tedesco. Tre parole al massimo. Se per questo lavoro è indispensabile parlarlo bene da subito, io non sono la persona che fa per voi. Se invece all?inizio l?inglese può bastare, penso che sei mesi mi basteranno per imparare il minimo indispensabile: potrò ad esempio passare le vacanze in Germania in una scuola. So di non avere problemi a imparare le lingue, altrimenti io stessa non mi sbilancerei. Se sono riuscita ad amare il greco, al liceo, non sarà una lingua moderna a spaventarmi. Con l?inglese non ho avuto problemi, e con il francese me la cavo: datemi sei mesi e chiacchiereremo tranquillamente in tedesco.”
“Timido? Io, timido? Beh, di natura, è vero, sono un po’ timido. Da piccolo lo ero parecchio, ma poi, per amore o per forza, sono cambiato. Vede, io ho risieduto in tre città negli ultimi dodici anni. Ho dovuto cambiare tre volte le amicizie, ricostruire tutti i rapporti: ho dovuto per forza buttare a mare la timidezza, non sarei sopravvissuto. Inoltre, come avrà letto, a tempo perso mi sono occupato di volontariato, organizzando servizi, chiedendo finanziamenti, operando direttamente per il recupero dei tossicodipendenti. Non è un mondo in cui i timidi possano sopravvivere, glielo assicuro. Posso definirmi un ex-timido, che ha imparato a non tirarsi mai indietro quando bisogna farsi riconoscere ed anche rispettare. Sono contento di questo, anche se forse un “look” da timido non l?ho ancora perso del tutto”.
Insomma, per non farsi etichettare in base ai propri apparenti punti deboli, occorre:
a) Prevedere che ci venga richiesto di parlarne
b) Ammetterne serenamente la plausibilità
c) Inquadrarli in un?ottica più vasta
d) Dimostrare come, essendone consapevoli, abbiamo già noi stessi individuato gli antidoti ai potenziali rischi che questi handicap rappresentano.
III) INFORMATEVI SULL’AZIENDA
Quando la nostra Margherita Pizza si sarà fatta un?idea abbastanza precisa di ciò che siete, e di quali siano le vostre motivazioni, tirerà un bel sospiro stiracchiandosi sulla sedia e socchiudendo gli occhi. È il segnale che la fase “2” del colloquio, quella dell?esame, è finita, e la palla passerà a voi, con la rituale domanda “Bene. Ora, ha lei qualche domanda da fare?”
Il modo più sicuro di rovinare un colloquio è dire, con uno stolido sorriso, “Ehm, no… non mi viene in mente niente”. Il selezionatore, mentalmente, vi spedirà immediatamente all?inferno, girone degli ignavi, o nel limbo dei senza personalità.
Vedremo più oltre alcune domande che potrete rivolgere, tanto per avere informazioni utili quanto per contribuire a costruire un? immagine positiva di voi; fin d?ora sappiate che, quanto più disinformati sarete sull?azienda e sul business, tanto più anonima e scipita sarà la discussione, che vi relegherà nella veste passiva dell?ascoltatore o vi esporrà a brutte figure (per ogni uomo d?azienda, la sua azienda è l?ombelico del mondo, e si stupirà alquanto per la vostra ignoranza). Ricordate sempre che uno dei vostri obiettivi, nel colloquio, è di abbattere la distanza tra voi e il selezionatore, e di scrollarvi di dosso l?immagine di studente inesperto del mondo.
Migliore figura farete, ad esempio, se direte: “le riassumo le informazioni che posseggo sulla vostra azienda, e l?immagine che, superficialmente, me ne sono fatto: me le può per favore correggere e integrare?” E a questo punto dovete partire, senza farla troppo lunga, dal mercato e dal contesto competitivo di riferimento (concorrenti, regole del gioco, posizionamento), citare ciò che sapete delle dimensioni, struttura e prodotti dell?azienda, accennare ai cambiamenti che nel business stanno avvenendo, e (solo se avete qualche spunto significativo) accennare a come “vedete voi le cose” per l?azienda in questione.
Su questa base, il dialogo proseguirà “alla pari”, e il selezionatore avrà l?impressione di confrontarsi con una persona che sa quello che vuole, sa programmarsi, sa informarsi prima di parlare, e infine sembra già un po’ “di casa” in azienda. Informarsi sulla vita delle grandi aziende non è difficile, mentre per quelle medie dovrete rivolgervi alla stampa specializzata o alle associazioni di categoria (o, meglio, fare un “tam tam” per conoscere qualcuno che ci lavora). Sarà forse un po’ complicato, ma ne vale sicuramente la pena: in particolare per le aziende meno note, incontrare una persona informata sulla loro situazione fa sempre colpo.
IV) TRANQUILLI E SORRIDENTI
Non preoccupatevi se siete un po? nervosi prima del colloquio: un buon selezionatore saprà mettervi a vostro agio e instaurare un clima disteso. E? importante che voi contribuiate: un sorriso e un atteggiamento sereno dimostrano che sapete reggere bene lo stress; e inoltre, chi assumerebbe un musone come collega? Attenzione però che la tensione è anche un indispensabile meccanismo di difesa, che consente di mobilitare e sfruttare al massimo tutte le proprie risorse. Chi si lascia andare, e passa a un atteggiamento troppo rilassato, dimostra scarsa “tenuta” e spesso finisce per commettere errori. Essere disponibili e sereni non significa perdere il controllo costante della situazione.
Fonte: BancaLavoro.it