La formula dei lavori socialmente utili (Lsu), nata come occasione d?impiego per i lavoratori in cassa integrazione straordinaria e in mobilità, è stata estesa nel tempo ai disoccupati di lunga durata e a giovani inoccupati con prolungata iscrizione al collocamento ed elevato titolo di studio. Come spesso è accaduto nel Mezzogiorno, in situazioni di cronico deficit della domanda, l?area dei beneficiari di simili provvedimenti a carattere di sostegno è stata estesa nel tempo anche ad altri soggetti e ha visto dal lato della domanda un ruolo quasi esclusivo degli enti locali e della pubblica amministrazione.
Questa impostazione e i limiti posti alle assunzioni pubbliche dai vincoli di bilancio hanno finito per creare un problema di cristallizzazione di rapporti che erano previsti essere di breve durata. La Direzione Regionale dell?Ufficio del Lavoro, alla fine del 1999, censiva in circa 3.600 le unità coinvolte nei progetti Lsu, secondo una provenienza che era la seguente: 1.620 lavoratori da trattamenti previdenziali; 1.103 disoccupati di lunga durata e lavoratori iscritti alle liste di mobilità senza sussidio; 753 iscritti alle liste di mobilità e percettori di indennità e 172 provenienti dalla Cigs. Il profilo di queste persone è quindi fortemente caratterizzato: sono soprattutto maschi (61,6%), hanno più di trent?anni (89%) e hanno una provenienza operaia (82%).
Il Piano di Stabilizzazione dei lavoratori Lsu redatto dalla Regione Basilicata nell?agosto del 2000 offre una maggiore ricchezza di informazione circa le caratteristiche di questi lavoratori. Da questa fonte risulta che in un poco meno di un anno il numero è cresciuto a circa 4000 unità.
Il Piano di stabilizzazione è stato elaborato dalla Regione come strumento di governo del processo di svuotamento del bacino degli Lsu. In esso vengono però anche messe in evidenza le difficoltà che si frappongono all?azione di svuotamento: i limiti oggettivi nelle disponibilità di spesa; la necessità che le opportunità di lavoro soddisfino ?bisogni sociali che la produzione di mercato non soddisfa o non intende soddisfare?; l?impossibilità di realizzare il processo di stabilizzazione nell?arco di 6-12 mesi come previsto dal decreto legislativo n. 81/2000 (mentre si prevedono almeno 3-5 anni); la necessità di spingere i lavoratori a forme di reimpiego più articolate (lavoro autonomo, convenzioni di collaborazione con enti utilizzatori, ingressi in cooperative di produzione) nel tentativo cioè di slegare l?azione di svuotamento dalla traiettoria finora esclusiva di assorbimento dei lavoratori negli organici dei vari enti pubblici.
Tuttavia il reinserimento nelle attività produttive continua ad essere difficoltoso a causa di una serie di pregiudizi, fondati o meno, che da sempre hanno accompagnato gli Lsu nell?opinione pubblica in generale e nell?opinione delle imprese. Si tratta, in qualche modo, di uno stigma che sembra assommare i pregiudizi negativi storicamente associati ai cassintegrati con quelli riferiti alle basse mansioni del pubblico impiego. Gli stessi enti pubblici, ad esempio il Comune di Potenza, hanno preferito in un primo momento l?utilizzo di contratti atipici, come le collaborazioni coordinate e continuative, piuttosto che ricorrere direttamente ad assunzioni a tempo indeterminato. Infine, la traiettoria di uscita verso forme di autoimpiego rimane poco praticata se si considera che meno di dieci lavoratori avevano fatto richiesta del Prestito d?onore, strumento che prevede facilitazioni per chi è iscritto negli elenchi degli Lsu.
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Le amministrazioni comunali sono quelle che hanno impegnato il maggior numero di lavoratori (2.250 unità, pari al 56,6% del totale) sia ricorrendo a progetti autofinanziati, sia alle risorse del Fondo nazionale per l?occupazione. Seguono poi i progetti interregionali e quelli predisposti dalle Province. Il problema principale per le amministrazioni pubbliche è verosimilmente stato quello di individuare le concrete occasioni di lavoro. Le amministrazioni hanno in generale problemi di scarsa dotazione di organico, ma gli lsu, almeno all?inizio costituivano una risorsa solo temporanea. Non sorprende quindi che gli interventi si siano concentrati in attività che da decenni rappresentano nel mezzogiorno un modo per fronteggiare l?emergenza occupazionale: i lavori di tutela del territorio, 13 Tra il 1996 e il 1999 sono pervenute per il Prestito d?onore circa 2.500 domande di finanziamento anche se quelle ammesse all?istruttoria sono state soltanto poco più di mille. Complessivamente il 30% delle domande sono venute da proponenti con un?età inferiore ai 24 anni, il 53% da quelli compresi tra i 25 e i 34 anni, mentre un altro 15% da coloro che avevano un?età tra i 35 e i 44 anni. Ad oggi sono circa 900 le esperienze imprenditoriali messe in campo nella regione, un risultato che pone la Basilicata tra le prime del Mezzogiorno.
Ciò è stato reso possibile anche dalla costituzione di una apposita società regionale, la Ig Lucana, con competenze esclusive in materia: sorveglianza delle aree boschive, raccolta differenziata di rifiuti solidi urbani. L?altro settore nel quale è risultato consistente l?impiego di lavoratori Lsu è stato quello dei servizi amministrativi.
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In complesso la gestione degli Lsu è stata influenzata dal basso profilo dei progetti presentati dagli enti locali, dal fatto che questi mirassero a rispondere alle esigenze più immediate degli stessi enti, e alle pressioni esercitate dai beneficiari, numerosi e poco qualificati.
A distanza di un anno dall?approvazione del Piano di Stabilizzazione, settembre 2001, i lavoratori ancora utilizzati in progetti Lsu erano 2.884, di cui 1.029 regolarmente stabilizzati, 1.345 in proroga e 510 esclusi. La differenza tra questi e i 4000 censiti inizialmente dal Piano è invece definitivamente fuoriuscita, in gran parte a seguito di prepensionamenti e in minima parte per assunzioni presso le aziende.