Qualche tempo fa la Lega Italiana per la lotta contro i Tumori (LILT) era in strada per distribuire materiale informativo e per porre l’accento sull’importanza della prevenzione nella lotta contro il cancro. L’obiettivo finale è quello di arrivare ad una prevenzione totale, ossia ad una mappa di rischio personale: elaborazione che tiene conto della predisposizione genetica, dell’ambiente e delle abitudini di ogni paziente.
D’altro canto i primi intermedi della Salute pubblica, i medici di base, da una ricerca del Censis, sono i meno sensibili nei confronti della prevenzione, considerato che il 17% di loro non suggerisce al paziente di effettuare gli esami appropriati. Effettivamente si muore sempre di meno anche grazie alla prevenzione, come rilevato nell’ultimo rapporto realizzato dall’AIRT (Associazione dei Registri Tumori), nonostante l’informazione in merito rimanga ad un livello basso e il pericolo o la provenienza delle maggiori cause rimangono, comunque, circoscritti ad uno studio postumo a “danno già avvenuto”.
Ho provato a verificare i rapporti dell’AIRT; mi premeva conoscere i dati del Sud o addirittura quelli della mia regione. Come risulta dal sito web dell’ AIRT, aggiornato all’8 Settembre 2003 (http://www.registri-tumori.it) il Sud, tranne un paio di recapiti, non è per niente collegato a questa rete. Pur considerando il carattere volontaristico dell’iniziative e pur considerando che l’associazione non si pone l’obiettivo di coprire con la rete tutto il territorio nazionale, la situazione, in genere, è piuttosto deficitaria.
Quindi, al Sud, la conoscenza specifica sulle aree e la prevenzione mirata viene sviluppata da osservazioni poco accurate e con campioni sporadici che non rispecchiano il vero rischio zonale di una delle più grandi piaghe dei nostri tempi.
Dall’esperienza quotidiana e dal “sentito dire” c’è uno spettro che aleggia su Castelluccio e le zone limitrofe: lo spettro del cancro. L’impressione che molti hanno è che l’incidenza in quest’area sia molto elevata. Resta solo un’impressione, un’impressione non verificabile perchè in Basilicata il registro dei tumori, dopo dieci anni di pressione degl’oncologi lucani, è stato finalmente istituito dall’anno scorso, ma per poter avere qualche dato affidabile ci vorranno almeno tre anni, se non di più.
Intanto, in alcune aree della nostra regione la percentuale di tumori è altissima. Noi continuiamo ad ammalarci e la coscienza comune continua a combattere con gli spettri. Che siano le scorie stoccate nella Trisaia di Rotondella. Che siano gli effetti dei tanti rifiuti tossici presenti nelle innumerevoli discariche a cielo aperto scoperte e denunciate nell’ultimo anno e mezzo. Che siano i combustibili bruciati nell’Ex centrale del Mercure, nafta e scarti di produzione del petrolio. Che sia l’amianto o le abitazioni in eternit e mal tutelate. Numerosi sono i casi di abitazioni/container che saltano puntualmente i controlli. Che siano le abitudini dei castelluccesi, alimentari e non. Che sia la tremolite. Che sia un qualunque inquinante dislavato nell’acqua potabile, che siano rifiuti nella nostra discarica o qualunque altro agente finora non rilevato; molti, tanti, troppi di noi muoiono di tumore.
Quindi dobbiamo aspettare almeno tre anni perchè possano essere valutate le incidenze e quindi le zone più a rischio in Basilicata. Dobbiamo aspettare più di tre anni perchè vengano studiate delle misure adeguate di prevenzione e delle campagne informative, come quelle attuate per il tumore alla mammella.
Dobbiamo aspettare molto più di tre anni per sapere se su questa zona c’è una maledizione, oppure se c’è qualcosa che la rende più pericolosa di altre.
Come al solito dobbiamo aspettare, senza sapere a cosa andiamo incontro, sperando che i dati, per una volta, ci diano conforto.