Matera, capoluogo di provincia della Basilicata, ai più nota come la città dei Sassi. Uno straordinario insediamento urbano, dalle origini antichissime, che si è sviluppato lungo le pareti di un profondo vallone di roccia, molto simile ad un canyon, la cui singolare architettura “rupestre e scavata” rappresenta uno dei più interessanti esempi si simbiosi tra ambiente naturale ed intervento dell’uomo.
L’originalità indiscussa dei Sassi non deriva, però, soltanto dall’habitat rupestre in se (peraltro caratteristico di molte aree nel bacino del Mediterraneo) quanto piuttosto dal perpetrarsi di questa pratica insediativa per un periodo eccezionalmente lungo che parte dalla preistoria sino ad arrivare al secolo scorso. A cavallo tra il XIX ed il XX secolo ha inizio, però, una stagione di progressivo degrado urbanistico dei Sassi culminato, anche a causa delle peggiorate condizioni igienico-sanitarie, nel loro quasi totale abbandono. Per molto tempo saranno considerati come un “luogo di vergogna” che, complice il trasferimento della popolazione in altri quartieri, andava rimosso dalla coscienza, come luogo non più parte della città, ma totalmente estraneo ad essa. Parallelamente, tuttavia, cresceva l’interesse intorno a questo sito da parte di uomini di cultura, urbanisti, architetti, antropologi che, a partire dagli anni ’60, ne faranno una delle sedi “privilegiate” per la loro attività.
Proprio l’interesse mostrato dagli ambienti culturali e scientifici, perlopiù di matrice esterna, ha rappresentato un importante canale di comunicazione e diffusione della città e del suo patrimonio storico-culturale capace di innescare, tra l’altro, una vera e propria “rivoluzione culturale” nella stessa popolazione locale avvicinandola, così, all’idea ed alla prospettiva di considerare i Sassi come risorsa per lo sviluppo della città. Ciò ha comportato, di riflesso, sia la nascita di un vasto panorama di associazioni interessate al recupero ed alla salvaguardia degli antichi quartieri, sia l’emergere di una nuova generazione, anche imprenditoriale, capace di intravedere le opportunità legate alla valorizzazione del patrimonio; il tutto connesso ad una progressiva riscoperta e riappropriazione, da parte della città stessa, della propria identità storica e culturale.
Ne è un esempio il Piano di Recupero predisposto dall’Amministrazione Municipale (a seguito di un provvedimento legislativo straordinario della seconda metà degli anni ’80 che definiva il recupero di quest’area “di preminente interesse nazionale”) che ha individuato nell’assegnazione di funzioni culturali e di servizio ai Sassi la vera opportunità per la valorizzazione, facendo propria, quindi, una concezione del patrimonio come “risorsa” anziché di mera conservazione. La qualità del progetto, tra l’altro, è stata ufficialmente riconosciuta dalla Commissione Europea che nel 1994, ad un solo anno dall’inserimento da parte dell’Unesco dei Sassi nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità (1993), ha assegnato alla città il “Premio Europeo di Pianificazione Urbana e Regionale”.
Nell’arco di circa dieci anni, quindi, gli interventi di recupero hanno letteralmente trasformato quella che era di fatto una “città morta”, in un contesto particolarmente attivo, sia di iniziative economiche che di eventi culturali. La scenario attuale sembra dunque delineare per Matera una delle sfide prioritarie per tutti quei centri d’arte cosiddetti “minori” (tali solo per concentrazioni di opere) e cioè l’opportunità e la necessità di presentare e comunicare un’offerta culturale più “completa”. Per fare questo appare dunque necessario puntare non soltanto sulla componente monumentale, la cui valenza è fuori discussione, ma allargare “l’offerta” anche alle molteplici espressioni della cultura locale, dalla storia all’ambiente, dall’evoluzione del paesaggio alle attività economiche e alle produzioni artigianali.
Va da se che in un contesto del genere l’esperienza della città di Matera assume connotati del tutto particolari; colpisce soprattutto l’importanza di un processo, peraltro solo ai primi passi, finalizzato al recupero della propria identità non solo come occasione di ri-scoperta ma destinato a divenire, si spera, nel tempo ragione di incontro e di dialogo con gli altri.