“Il palazzo “Filizzola“, detto comunemente la “Casa dei Signori“, sorge in Via Regina Margherita ed è un grosso palazzotto signorile, realizzato in più riprese dalla famiglia egemone del paese, i Filizzola, inizialmente proprietari terrieri e, successivamente imparentati con le famiglie più importanti della zona. Uno dei Filizzola fu protagonista dei moti del 18 agosto 1860 a Potenza e fu nominato successivamente da Garibaldi “Sovrintendente della Calabria Citeriore”.
L’edificio, piuttosto tozzo nel complesso, è rispondente alle esigenze di una famiglia della borghesia contadina. Nella parte più antica risale ai primi decenni del ‘600, mentre alla fine del ‘700 fu impreziosito di una bella facciata con portale in pietra locale, scolpita, scalone d’onore ed una serie di archi a tutto sesto.
Interessante un tondo in marmo bianco di una Madonna col bambino che faceva bella mostra a capo della scala.
Attualmente, dopo gli ultimi terremoti, è in rovina.”

Questo è ciò che scrive Giovanni Ferrari nel suo inedito lavoro (presto verrà dato alle stampe) “Nemoli: tra storia e leggenda“, nel V capitolo dedicato ai “Monumenti ed oggetti d’arte” del paesello lucano. Un vero e proprio excursus storico – antropologico – sociale sulla storia, gli usi, i costumi, le tradizioni e l’attuale vita del paesino valnocino.

L’ultima riflessione dello studioso e scrittore nemolese: – “Attualmente, dopo gli ultimi terremoti, è in rovina” – fa proprio riferimento all’ultimo sisma del ’98 che ha costretto le autorità competenti a far impacchettare il palazzotto in un’imbracatura di puntellamenti, infiltrazioni di cemento, distanze di sicurezze, cinture di lamiere antiestetiche, ma efficaci a salvaguardare l’incolumità degli abitanti del piccolo centro.

Da allora sono passati più di tre anni e fino ad un mese fa “La casa dei Signori” giaceva ancora intrappolata tra i puntelli di legno: un gigante che ormai si reggeva per miracolo!…

Da un giorno all’altro come per incanto sono stati tolti puntelli e imbracature ed è stata sgomberata la zona dalla cintura di lamiere, nonché è stata donata al palazzo una nuova veste, di un nuovo colore, che in realtà non le apparteneva…

La gente liberata, finalmente, dall’incomodo dei “lavori in corso“, ormai triennali, dopo pochi istanti ha iniziato a lamentarsi per i ritocchi estetici al monumento più rappresentativo del paese. Meravigliata del colore: chi dice che sia un verde acqua scuro, chi un celeste, chi un azzurro; stupefatta per l’appiattimento della facciata che, invece, era arricciata; ma, soprattutto, scontenta per la grossolanità con cui sono stati condotti i lavori di restauro.

Agli umori negativi della gente ha fatto eco l’importanza data alla notizia dagli organi di stampa locali, che si sono occupati della faccenda con dovizia di particolari.
Salvatore Lovoi ha pubblicato sulla “Gazzetta del Mezzogiorno” e sul “Sirino” un articolo dove spiega la sua indignazione per come sia stato ignorato il “restauro conservativo” che emergeva dal piano di recupero. Riportiamo qui di sotto il suo articolo:

Per avere un’idea tangibile ed eloquente di come non si può e non si deve recuperare un bene culturale basta osservare la nuova veste di palazzo Filizzola. Sottoposto ad interventi di messa in sicurezza, in seguito al terremoto del ’98, l’edificio è stato restituito più sicuro, ma alterato nella sua veste estetica. In primis tinteggiato di azzurro, un colore che nulla a che fare con il grigio e il bianco in cui era dipinto. Secondo: senza l’arricciatura esterna che donava un’aria di altri tempi alla facciata settecentesca, arricchita di arcate e di un portale in pietra oggi inglobato nell’intonaco. I lavori, come tutti gli altri del centro storico, dovevano attenersi alle regole del piano di recupero, che per la storica dimora prevedevano un “restauro conservativo“. Soprattutto, poi, se si tiene conto che si tratta di opere eseguite da enti pubblici che dovrebbero far rispettare le leggi. Non si capisce, infatti, come nelle voci dell’Ufficio Terremoto della Regione non siano contemplate voci sul ripristino dell’intonaco “arricciato“. Una cosa che stona con il complesso monumentale e con le tinte delle case del paese. Abbiamo apprezzato lo sforzo del Comune nel recupero dello stabile, con l’eliminazione di pericoli per la pubblica incolumità. Infatti ora sarà possibile fruire totalmente della piazzetta e raggiungere tranquillamente scuola e parcheggi. Tuttavia dobbiamo rilevare che si continuano a cancellare i segni del passato senza rispettare i canoni estetici. Di questo passo oltre ad autorizzare chiunque a fare altrettanto, si finirà per generare una sorta di paese “arlecchino” dimenticando qualsiasi memoria dei nostri avi.”

Francesco Filardi, invece, sull’ultimo numero dell’ “Eco di Basilicata“, quindicinale lauriota, non tocca l’aspetto storico – artistico, ma affronta la questione da un punto di vista tecnico dando un’idea di quali siano stati gli interventi per rendere la struttura più sicura:

“… Gli interventi realizzati hanno riguardato il tetto, il quale è stato totalmente revisionato ed è stata realizzata una soletta in cemento armato, la quale serve a sgravare gli archi dal peso della copertura. Inoltre, sono stati apposti dei tiranti e delle puntellature interne, tutti lavori mirati a dare una maggiore stabilità alla struttura.”

Da parte nostra avevamo già lanciato un monito qualche tempo fa, in un articolo intitolato “Abituati a sentire la terra tremare…“, sulla questione dei finanziamenti per il terremoto del ’98. In un passo di quell’articolo si osservava:

“… È indispensabile che le strutture pubbliche danneggiate, specialmente quelle che racchiudono grandi tesori artistici tra le proprie mura e rivestono una importanza storico – culturale insostituibile per le nostre origini siano, immediatamente, restaurate con interventi mirati che vadano a richiamare “staff” competenti di belle arti e non i soliti “imbianchini” incapaci, deturpatori dei nostri semplici, ma stupendi centri storici.
È incredibilmente triste, infine, vedere i palazzi, le case, le chiese dei nostri centri puntellati per pericolo. Più triste ancora è stato prender atto che un gioiello medioevale come Rivello è stato messo in ginocchio nel suo orgoglio di “città della memoria”; duramente provata nei suoi antichi e nobili monumenti. Una Rivello che spero di rivedere presto sgombera da queste travi di ferro reggenti pareti sconnesse, finalmente ringiovanita dagli interventi dei “restauratori”. Così come mi auguro che tutti i centri lucani, colpiti nel ’98, ritornino ai fasti di un tempo, premesso che, memori del passato, non si compiano ancora una volta “brutture”, che alla fine solo la “forza dirompente di Madre Natura” potrà eliminare
.”

Purtroppo come solitamente capita le opinioni restano inascoltate e, in questo caso, anche se “La casa dei Signori” è stata resa più sicura, il suo aspetto è stato sconvolto ed è stato disperso ancora una volta al vento in nostro già esiguo patrimonio storico, artistico e culturale.
 
Credo che in questo momento “Donna Celeste“, ultima abitante della nobile dimora, si stia letteralmente “rivoltando nella tomba“!…

 

 

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