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La Basilicata rischia la Colonizzazione

La scoperta del petrolio, nelle viscere di un terreno argilloso, franoso, geologicamente instabile, come è quello della Basilicata, avrebbe potuto rivelarsi la svolta vincente per arricchire la Regione, o piuttosto rappresentare il rischio concreto di impoverirla ulteriormente; tuttavia a considerare il programma operativo “Val d’Agri per uno sviluppo territoriale di qualità” presentato dal governatore Bubbico, anche questa volta la Basilicata perde una opportunità significativa di improntare il proprio sviluppo socio-economico in senso autopropulsivo e di vera qualità

E’ questo il giudizio espresso dal capogruppo dell’UDC, Antonio Melfi, in un convegno svoltosi a Marsico Nuovo. Melfi ritiene che il governo di centro-sinistra stia configurando la Basilicata come la terra da colonizzare: in Val d’Agri arriva l’ENI, a Tempa Rossa la TOTAL-FINA, a la Martella l’UNINDUSTRIA di Treviso; rimangono poi le zone interne sempre più terra di nessuno, nel senso che lo spopolamento per mancanza di opportunità lavorative procede a rapidi passi verso un invecchiamento progressivo della popolazione, in una curva di incremento demografico a picco verso lo zero.

Così gli introiti delle royalties, calcolati in previsione fino all’anno 2013 vengono distribuiti, un po’ ciascuno, fra i trenta comuni del comprensorio della Val d’Agri, finalizzati alla realizzazione di quegli investimenti che le amministrazioni di oggi ritengono prioritarie: e se fra cinque anni gli amministratori locali, eventualmente di altra impronta politica, dovessero ravvisare nuove e diverse priorità di interventi per le variate condizioni e richieste delle comunità locali, quale margine avrebbe di modificare le strategie e di piani di sviluppo? Nessuno, poiché il governatore Bubbico li vincola ad una specie di patto di sangue per cui quello che si individua oggi come necessario a favorire l’elevamento della qualità della vita in Val d’Agri permane necessariamente invariato per il prossimo decennio. Il che non tiene in alcun conto gli stadi progressivi di sviluppo di una comunità di cittadini: se oggi si ha bisogno, ad esempio, di un asilo nido, fra tre anni, per quegli stessi bambini, ci sarà bisogno di una biblioteca attrezzata, e fra sei anni di una biblioteca multimediale all’avanguardia e così di seguito.

Invece il governo regionale per la spartizione dei proventi del petrolio ha scelto, – come di consueto ormai avviene, a prescindere dall’entità delle somme -, la via dell’accrescimento dei “clientes“, della implementazione del bacino di utenza del consenso elettorale per il centro sinistra: ovvero sia si finge di riversare il guadagno dello sfruttamento del sottosuolo sulle comunità che gravitano nella zona interessata, prevedendo una serie di interventi che migliorerebbero la qualità della vita: costruzione di servizi, strade, qualche piccola azienda, etc. Tutte cose di per sé positive ma sterili se non inserite in un progetto coordinato, non solo fra i comuni della Val d’Agri ma a livello dell’intera regione di Basilicata, perché non serve migliorare, per un paio d’anni, la vita in uno o in dieci paesi lucani, se nel resto della regione, e per il resto degli anni, si continua a vivere in una situazione di disagio.

In sostanza, a parere dell’esponente dell’UDC, non è più attuale, anzi è deprecabile, nel terzo millennio, una politica di sviluppo regionale che non mette in atto le indispensabili sinergie per garantire una crescita omogenea, equilibrata e duratura, una politica ancora legata all’assistenzialismo, agli interventi tampone per superare le emergenze di ogni genere, una politica chiusa in ambito settoriali e quasi per niente proiettata verso il futuro.

Il rischio vero è di mettere in atto, in una piccola regione come la Basilicata, una devolution di bassa lega, che provochi una frattura netta fra zone ricche, o pseudo ricche, e zone povere: strano che il centro sinistra, che a livello nazionale tanto osteggia, seppur in modo spesso strumentale, una qualunque ipotesi “leghista” di scissione dell’Italia in due, a livello locale non si accorge di essere l’artefice della frantumazione di un territorio ristretto in più di due parti oggetto di colonizzazione rispetto a quelle che rimangono di frontiera. Forse il cosiddetto “modello Melfi“, riferito allo stabilimento SATA, non è stato colto dagli amministratori regionali come quello da seguire, per quanto questo modello di sviluppo si sia ramificato, ed abbia quindi prodotto benefici in termini di ricaduta economica, per l’intera comunità regionale, e non limitatamente al comprensorio melfitano; ma al riguardo si eccepirà che la politica liberista non appartiene ai compagni, nonostante essa comporti un oggettivo innalzamento della qualità della vita.

Altra causa di impoverimento causato dai giacimenti petroliferi all’economia lucana è, secondo Melfi, l’avere ignorato gli istituti di credito della regione: la spiegazione addotta dal governatore Bubbico, è che il tasso di interesse accordato dalla BEI è assolutamente più conveniente su tutti gli altri. Ora non si ha alcuna intenzione di negare l’apertura europeista alla Regione Basilicata ma, stante il fatto che sulle anticipazioni delle royalties per gli anni futuri, l’accordo con l’ENI prevede che gli interessi vengano pagati dalla Regione Basilicata (che bel guadagno!!!) sarebbe stato per lo meno opportuno interpellare in via preliminare gli istituti di credito lucani, ai quali si sarebbe almeno offerta la possibilità di incrementare l’asse finanziario-creditizio e, probabilmente di riceverne una ricaduta positiva in termini di raccolta come di prestigio all’interno dello scacchiere delle alleanza bancarie interregionali e nazionali.

Così non è stato, e magari ora molti esponenti del centro-sinistra, per qualche voto in più, si voteranno alla causa della difesa del centro direzionale della Banca Mediterranea, ex Banca di Lucania, rispetto alla fagocitante Banca Popolare di Bari: sono tutte incongruenze di un sistema di gestione di potere che, al di la dei proclami e dei propositi di eccellenza e virtuosità, non riesce, anzi ha paura di portare la Basilicata fuori dall’obiettivo 1, perché convinto che l’emergenza è l’assistenza pagano, in termini di consensi elettorali, molto più che lo sviluppo e il progresso.