[…segue] L’Amministrazione Comunale di Potenza mostra grande attenzione affinchè l’Ateneo preservi e accresca il proprio prestigio. L’obiettivo è quello di stabilire le condizioni per una osmosi effettiva tra la Città e l’Ateneo creando le condizioni per attrarre nuove energie intellettuali e frenando il pendolarismo dei docenti. L’apertura di nuovi corsi di laurea, come quello di Economia, di Medicina, in grado di supportare direttamente lo sviluppo regionale, dovrà coniugarsi con una organizzazione della vita universitaria meno frammentaria in maniera da incentivare la residenzialità sia dei docenti che degli studenti. Sono sicuro che tanto quanto più è forte l’interazione tra l’Università e la Città e quanto più l’Ateneo sa aprirsi alle sollecitazioni che le vengono dall’esterno, tanto più importanti e decisivi sono i risultati dell’attività formativa e di ricerca che questa Istituzione  è chiamata a svolgere.

L’Università italiana sta cambiando: la nuova riforma porterà ad avvicinarsi sempre di più a quelli che sono gli standard europei. In questi ultimi dieci anni è stata realizzata, dopo anni di immobilismo, una vera rivoluzione strutturale di questa Istituzione.
Non ho dubbi che in termini generali, e pur con le dovute distinzioni che stanno emergendo in ordine ad una talora eccessiva frammentarietà della didattica, la riforma costituisca un fattore di forte razionalizzazione del sistema.
La riforma dell’autonomia didattica, gli interventi normativi sull’orientamento all’accesso e quelli sul decongestionamento dei grandi atenei, potranno incidere positivamente sull’efficienza del sistema universitario, sulle condizioni di studio, sui servizi resi agli iscritti.
Certo bisogna  indirizzare maggiormente i percorsi didattici delle università verso l’offerta di lavoro, garantendo agli studenti una più adeguata formazione specialistica.

Ma un altro importante compito dell’università è orientare meglio gli studenti alla scelta della Facoltà, potenziare il servizio importantissimo di tutoring, in modo da impedire che si precostituiscano situazioni di disagio legate al mancato riconoscimento del sapere acquisito.

In un momento di forte competizione tra Atenei, che si collega all’attuale fase di trasformazione e sviluppo del sistema universitario del nostro Paese, l’Università deve dunque puntare sulla qualità globale, ossia sulla qualità della didattica, della ricerca, dei servizi amministrativi, dei sistemi di orientamento, delle strutture e dei servizi per il diritto allo studio, lo sport e il tempo libero, dei rapporti internazionali e infine sulla qualità della vita non solo all’interno dell’Università ma anche della città che ospita gli studenti. In Italia esiste un gap culturale riguardo l’innovazione tecnologica che si rispecchia anche in un divario generazionale tra genitori, meno inclini all’utilizzo della tecnologia e con scarsità di tempo disponibile, e figli, altamente propensi alla tecnologia e con molto tempo a disposizione. Rivolgersi ai giovani, alla futura classe dirigente del Paese, ritengo essere la strategia vincente se si intende sviluppare in Italia una reale cultura innovativa nel settore dei servizi. L’evoluzione degli scenari sociali ed economici, nazionali ed internazionali, infatti,  incidono sempre più marcatamente nelle capacità dei territori di proporsi come attori decisivi del proprio sviluppo.

Ogni buon localismo oggi si interroga su come avviare e interpretare un nuovo ciclo di sviluppo.Molte realtà territoriali stanno già tentando di innovare e di intraprendere una nuova corsa agile e più dinamica, sollecitate dalla competizione nazionale ed internazionale che si riflette sulla capacità competitiva delle singole aree.
Oggi l’università si presenta come istituzione di successo, legittimata dalla società e dall’opinione pubblica. La “modernità” ha lanciato nuove sfide all’università, sfide che possono essere sintetizzate nelle due richieste-chiave di funzionalizzazione sociale e di specializzazione disciplinare, la prima di natura esogena e la seconda di natura endogena. Pressante è la richiesta di funzionalizzare l’insegnamento universitario alle esigenze emergenti dell’economia, della tecnologia e del governo dei sistemi. Il problema dell’università di oggi non è semplicisticamente quello di “moderniser la culture”, ma soprattutto di “culturiser la modernité”. E ciò comporta una riforma non programmatica, ma paradigmatica che concerne la nostra attitudine a organizzare la conoscenza; una revisione cioè dei paradigmi metodologici della conoscenza.

Se siamo consapevoli che l’individuo, la sua formazione e la sua professionalità, sono gli strumenti essenziali dei territori, dei localismi, per una sana competizione, allora ogni Ateneo deve sempre più porsi al servizio del proprio territorio, individuando le esigenze per rafforzarlo e per partecipare da protagonista, con una propria classe dirigente qualificata, al suo sviluppo.

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