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Dedicata dall’ antichità a Maria SS. Assunta, la Cattedrale potentina
sorge sul punto più alto della città ed è intitolata a S. Gerardo
vescovo
, patrono della Diocesi.
S. Gerardo della famiglia La Porta, di Piacenza, operò a Potenza
nel primo decennio del secolo XII eletto vescovo nel 1111, resse la diocesi
fino al 1119, quando morì il 30 ottobre.
Questa data è celebrata con solennità. Il 30 maggio si commemora la traslazione
delle reliquie del santo con una festa popolare preceduta, la sera del
29 maggio dalla tradizionale sfilata folkloristica detta “processione
dei turchi”
.

La Cattedrale è una chiesa di stile neoclassico semplice e sobrio, a
croce latina. unica navata lunga m. 50 e larga m. 6,75; i transetti sono
disuguali; quello sinistro (m. 19,75) dov’è la cappella del SS.mo Sacramento,
è più profondo di quello destro (m. 13,50) dov’è la cappella di S.
Gerardo
, sormontati da una cupola, internamente circolare e semisferica,
esternamente ottagonale; ha un’abside stretta ed allungata, volta a botte
e presbiterio sopraelevato di quattro gradini sul piano dell’aula.
Lungo la navata, a destra e a sinistra, quattro arcate per parte con altari
di manno policromo ad intarsio del tardo settecento, una porta centrale
ed un’altra laterale, il fonte battesimale e l’ingresso interno dell’episcopio.

Fino agli anni immediatamente successivi al terremoto del 1857 la chiesa
era a tre navate con tre porali in facciata, unica abside allungata, senza
ingresso laterale. Così la vide e riprodusse, in pianta e sezione, il
sismologo inglese Mallet, nel sopraluogo fatto ai primi del 1858,
per verificare i danni del terremoto del 16 dicembre 1857.
Era quello il tempio che il vescovo Andrea Serrao nel 1789 aveva
fatto radicalmente restaurare. Egli ne affidò i lavori all’architetto
Antonio Magri
, discepolo del Vanvitelli, come testimoniano gli storici
potentini. Dopo quel sisma, la Cattedrale dovette essere ricostruita,
ma con una sola navata.

In facciata presenta porte bronzee a due battenti, del 1978; sul portale,
un timpano che racchiude 10 stemma del vescovo Bonaventura Claver
(1646-1672) e una grande vetrata policroma raffigurante S. Gerardo; in
alto un modesto rosone del 1200.
Sono questi i resti delle precedenti edizioni del tempio.

Si accede alla Cattedrale da una gradinata a ventaglio che si apre sul
Largo Duomo. Sul lato sud, il campanile in pietra, a pianta quadrata
e quattro piani, con cinque campane. Sullo stesso fianco, accanto alla
torre campanaria, un ingresso laterale, apertovi nella ricostruzione seguita
al sisma del 1857, decorato da colonne joniche e timpano di provenienza
ed epoca romana.

Nel corso dei restauri compiuti alla fine degli anni ’60, sotto il pavimento
del presbiterio fu scoperto l’eiciclo d’una piccola abside rachiudente
frammenti di pavimento musivo policromo, con disegni geometrici (cornice
a fascia larga, serie di rombi crociati intrecciati da volute), risalente
al IV o V secolo d.C.
Venne alla luce, più distante da questa prima abside, l’emiciclo d’un’altra
area absidale, oggi visibile dietro il coro: probabilmente risale alla
chiesa successiva alla piccola paleocristiana; l’abside attuale, visibile
esternamente dal cortile della Casa S. Cuore, venne ricostruita dopo il
1857 con pietre e resti di modanature a serpentina provenienti dalla basilica
romanica del 1200.
Sui lati dell’ absidìola paleocristiana sono stati rilevati accenni di
muri perimetrali che s’allungano Sotto il pavimento dell’ attuale navata.
Oggi il pavimento musivo e la piccola abside paleocristiana sono visibili
sotto l’altare maggiore, in una cripta aperta appositamente, cui s’accede
da una scala sotto una pesante griglia di bronzo collocata nel coro.
In un angolo remoto della cripta, i resti d’un affresco riproducente la
parte inferiore d’un manto e la punta di due piedi in postura che fanno
pensare ad una Madonna in trono: si legge, infatti, una scritta incompleta:
“…ARIA + 1541”.

Tra il 1197 ed il 1200 il vescovo Bartolomeo fece rifare in pietra
la facciata e forse ricostruire, in tutto o in parte, la vecchia cattedrale:
lo attesta un’epigrafe latina in carateri beneventani collacata oggi sul
fianco sud, angolo facciata. L’epigrafe dice: OP. QO. SCEMAE DEGO I
PCIPE Q. NO SU FABRICA MATER EGO I FILIA PONTIFICE VENI P. BARTHOLOMEUM
I CUI PRINCIPIUM SOLLICITUDO MEUM I MILLE DUCENTA MEU PRECESSERUTRENOVAR/TERRAPOST
PARTU Q FUIT ABSQUE PAR
(“Guardando si vede l’opera nella cui struttura
io sono/tieni presente che io non sono la fabbrica madre/sono venuta dopo
(sono figlia) per opera di Bartolomeo/la cui premura mi diede inizio/Son
passati rnilleduecento anni dal parto/che fu senza pari nel rinnovare
la terra”).

Il campanile a torre quadrata sorgeva inizialmente tra l’abside ed il
tranetto sinistro, sul versante nord.
Uscito “fuori piombo” a causa di forti scosse telluriche ne11826, dichiarato
pericolante nel 1846, dovette essere abbattuto: ne rimane traccia nel
tozzo corpo di fabbrica, con angolo fuori squadro e con massicce volte
a vela all’interno, addossato all’abside, nel cortile della Casa S. Cuore.

Venne ricostruito altrove intorno al 1854, sul fianco sud del Duomo, all’incrocio
della navata col transetto, ma dovette subire altri interventi a seguito
del sisma del 1857.
Nel 1302 il vescovo Bonifacio vi issò una “campana maggiore” sulla quale
erano incise invocazioni al Verbo Incarnato ed alla B. Vergine Maria;
nel 1369 il vescovo Giacomo da Ravello vi collocò la campana “mezzana”.

Oggi le cinque campane sono nuove, fuse dopo la seconda guerra mondiale
perchè lesionate. Sono azionate elettricamente col sistema “a ruota”.

Furono benedette da mons. Bertazzoni il 12 marzo 1956.
Sono dedicate al Risorto, all’Assunta, a S. Gerardo, a S. Rocco, al B.
Bonaventura da Potenza.
La più grande pesa kg 1404, la più piccola kg 408.

La Cattedrale medioevale, a tre navate, fu completamente restaurata
per iniziativa del vescovo mons. Serrao, nel 1789. Egli volle che
fossero collocate su varie pareti, per salvarle dall’oblio, alcune testimonianze
dell’ antichità pagana, come risulta da un’ epigrafe latina che pose a
ricordo sulla parete esterna, e che oggi si vede sotto quella già descritta
del 1200.
L’epigrafe del Serrao recita: NE QUID EX ANTIQUITATE / ETIAM
BARBARICA INTERIRET / EIUS MONUM. DESUPER / HIC POS. AN. MDCCLXXXIX:

“Qui sopra ho collocato i resti anche dell’ antichità barbarica, affinchè
nulla ne andasse perduto”.
Ancor oggi, sul basamento del pilastro sinistro d’ingresso alla cappella
dell’lrnmacolata, è inserita una grande lastra di pietra, consunta, con
iscrizione latina di provenienza pagana in cui si accenna ad un “quadruullivir
viarum”, recuperata dal Serrao, insieme con alcune altre vestigia “dell’antichità
barbarica”, ad esempio la stele fnneraria con epigrafe latina d’ epoca
repubblicana, attualmente sulla parete esterna della cappella di S. Gerardo,
che recita: D.M./ VITALIE / VIXIT. AN. XVII POSUIT. MATER / FILIAE
PIENTISSIMAE
(“il ricordo d’una madre per la defunta figlia sedicenne”).
Nella demolizione-ricostruzione operata dopo il 1857, fu aperta la porta
laterale del Duomo, fu allungata la Cappella del SS.mo Sacramento
e più tardi ne fu aperta una, sul lato sinistro, dedicata all’Immacolata,
forse in ricordo della proclamazione del dogma, della cui commissione
teologica fece parte il vescovo di Potenza,
mons. Fania
.
All’ingresso delle cappelle maggiori furono sistemati due grandi cancelli
in ferro ed ai bordi dei presbiterii dell’altare maggiore e del SS.mo
furono costruite balaustre marmoree, rimosse nei restauri degli anni ’70.

L’altare maggiore, del sec. XVIII, è in marmo ad intarsio policromo
(come tutti gli altri) ed era stato ricostruito a pala nel secolo scorso
sotto l’arco trionfale, tra coro e presbiterio, elevato di sette gradini
dal piano presbiteriale, con due alzate al di sopra della mensa e davanti
un grande palliotto di grande effetto decorativo. Dopo gli ultimi restauri
è stato scom- posto e ricomposto a mensa al centro del presbiterio, sotto
il quale è la testi- monianza antica della primitiva comunità cristiana,
il pavimento musivo. Ai lati due bellissimè teste d’angeli; sul retro,
il grande palliotto a intarsio con rosone e croce fogliata, ai lati, due
stemmi episcopali a rilievo.
Il coro ligneo settecentesco, distrutto insieme con l’organo dalle bombe
e dalle fiamme la notte dell’8 settembre 1943, fu ricostruito in sobrio
stile moderno, in legno scuro, negli anni ’70.
A partire dalla porta principale, a sinistra, si apre l’ingresso in episcopio;
seguono, poi, l’altare (sec. XIX) dedicato a S. Aronzio diacono,
uno dei primi martiri lucani (statua sec. XX); altare del sec. XVIII (con
stemma del vescovo Biagio De Dura, 1722-1740), dedicato all’Addolorata
(gruppo ligneo d’ignoto napoletano, prima metà sec. XIX); cappella dell’Immacolata
(statua lignea d’i gnoto napoletano, prima metà dell’800).
In una cripta sono sepolti (traslati dal cimitero il 28 ottobre 1980)
i vescovi di Potenza De Cesare (+1819), Durante, Razzoli (+1925).
Nel sarcofago bronzeo, i resti mortali del Servo di Dio mons. Augusto
Bertazzoni
, vescovo di Potenza
(1930-1966, +1972).

Nei restauri degli anni ’70 fu rifatto il pavimento in marmo policromo,
con lo stemma al centro di mons. Aurelio Sorrentino.
Negli anni ’80, i dipinti delle pareti del presbiterio e del coro, con
scene evangeliche culminanti nel Cristo Risorto sul fondo absidale; le
porte di bronzo di Giuseppe Niglia (1978), con Cristo Risorto al
centro e scene della città colpita da povertà e guerre, risorta nel lavoro
dei campi e delle fabbriche, e i simboli degli evangelisti.