“DALLE DIVERSITA’ PER UN PERCORSO
DI OPPOSIZIONE UNITARIA”

il Segretario del Circolo PRC Valle del Noce

Le lacerazioni dell’Ulivo a cui abbiamo assistito in occasione del voto parlamentare sull’invio dei mille alpini in Afghanistan (quale preludio alla guerra che Usa e Inghilterra vogliono muovere all’Iraq) in realtà, lungi dal rappresentare un elemento di dissoluzione, rappresenta un primo passo verso quel processo di liberazione di forze che in quel contenitore avevano finito per rischiare la propria fine politica.

Il PRC aveva denunciato l’agonia della formula dell’Ulivo, così come si era caratterizzato a partire dal governo D’Alema, sin dal giorno dopo le elezioni che avevano consegnato il paese a Berlusconi ed ai suoi alleati.
Ma già prima della data delle elezioni avevamo chiesto alla sinistra moderata ed all’intero centro sinistra una riflessione profonda sulle sue esperienze di governo – nazionale come locali – e sulla propria collocazione neocentrista, individuando in quest’ultima le ragioni di una sconfitta che sarebbe arrivata puntuale.
Oggi, con il voto contrario all’invio di truppe in Afghanistan da parte della sinistra della coalizione ulivista, per la prima volta si delineano in maniera più o meno netta, quelle che a mio avviso non sono solo due comportamenti parlamentari, bensì due culture presenti in quell’artificioso progetto che era diventato l’Ulivo, due modi di intendere il futuro, due modi di interpretare i processi: per la prima volta da molti anni si differenziavano nel voto una sinistra parlamentare contraria alla guerra, al di là dei vincoli di fedeltà atlantica; un centro più o meno riformista, che nulla è disposto a mettere in discussione in nome di quella fedeltà.

Questa differenza, prima ancora che dal voto, era evidenziata dalla scelta di Rutelli di intervenire alla camera in nome della Margherita, ossia della parte centrista della coalizione, la quale non ha mai fatto mistero della propensione ad una opposizione “light” che si conducesse nell’ottica bipartisan, a partire dallo scontro sull’art.18 per finire al voto favorevole sull’invio degli alpini. Rutelli chiude così con un colpo due partite: quella che lo vedeva in antagonismo con i vertici dei DS (D’Alema e Fassino in testa) nell’accreditarsi come volto “blairiano” dello schieramento all’opposizione; quella dei condizionamenti tattici e strategici da parte delle altre forze dello schieramento.

Dal punto di vista dell’altra grande forza dell’Ulivo che fu, i DS, a leggere la gran parte della stampa nazionale, sono i veri sconfitti del voto, e questo dato non è del tutto errato, sempre però a non voler tener conto della discussione che si era affermata in quel partito a partire dal congresso di Pesaro. Infatti, chi esce sconfitto dal voto sull’Afghanistan non sono i DS nella loro totalità, ma il gruppo uscito vincitore dal congresso e che nelle ore precedenti il voto parlamentare aveva avviata la trafila defatigante dei compromessi, degli aggiustamenti, dei ma e dei se, che avrebbero dovuto portare ad una posizione il più possibile comune all’interno della coalizione, nonostante la chiara e netta presa di posizione della corrente di sinistra (che avrebbe votato coerentemente la mozione del PRC e quella unitaria di Verdi e PdCI).

Ma il voto della sinistra della coalizione non avviene in modo così inaspettato, almeno non lo è per chi si è fermato negli ultimi tempi a leggere ed analizzare le prese di posizione delle anime diverse della sinistra della coalizione, a partire dalla questione degli speaker unici e dal condizionamento che si voleva dare all’intera coalizione a partire dall’assemblea degli eletti e delle elette. Una proposta quest’ultima che avrebbe voluto imprigionare, proprio a partire dalla difesa dei diritti e delle tutele del lavoro e dall’opposizione alla guerra, quelle forze che avevano sempre manifestato la propria insoddisfazione per una opposizione che in realtà non si configurasse come alternativa al blocco di governo. Penso alle prese di posizione dei compagni Verdi, Comunisti Italiani e del correntone dei DS in merito alla proclamazione dello sciopero generale da parte della CGIL, ma anche alla loro opposizione netta alla preannunciata guerra contro l’Iraq.

Segnali che avevano trovato espressione nella “lettera aperta alle sinistre italiane” (il manifesto del 25/9/2002) del senatore Cesare Salvi (rappresentante della corrente di sinistra dei DS e presidente di Socialismo2000), e prima ancora nel suo intervento fatto all’hotel Midi di Lagonegro in occasione della festa dell’Unità.
Un ragionamento – quello del compagno Salvi – che ha trovato subito subito interlocuzione nelle risposte del compagno Claudio Grassi della direzione del PRC e del compagno Diliberto, segretario del PdCI (il manifesto del 28/9/2002): tutti e tre fissavano i punti di un percorso comune che vedeva cimentarsi insieme le sinistre a partire da quelli che noi del PRC abbiamo sempre ritenuto i nodi politici e programmatici fondamentali da cui ripartire:

· Opposizione netta, senza se e senza ma, alla guerra;
· Opposizione al neoliberrismo e centralità delle politiche per il lavoro, a partire dall’opposizione alle politiche liberiste del governo Berlusconi, dall’opposizione alla negazione e alla riduzione dei diritti e delle tutele del lavoro (opposizione alla proposta di modifica dell’art.18, estensione dello stesso) e dal rilancio di politiche alternative per la piena occupazione;
· Opposizione ad un modello istituzionale fondato sul maggioritario a scapito di un modello fondato sulla rappresentanza e sulla partecipazione, quindi modifica all’attuale sistema in direzione di un sistema a base proporzionale;

Oggi credo ci siano le condizioni (ma anche la necessità) di ripartire da questi punti per dare vita ad un percorso che potremmo definire di sintesi politica, che veda le sinistre unite su programmi e contenuti, e che su programmi e contenuti siano leali alleati ad un centro democratico; un alleanza possibile nella chiarezza delle diversità ma allo stesso tempo nella convergenza programmatica alternativa a quella delle destre.
Una convergenza che a partire dal nostro territorio, dalla nostra provincia e dalla nostra regione, nel segno della discontinuità e dell’alternatività della proposta, segni una nuova stagione di opposizione alle destre.
Insieme e con coraggio possiamo battere il governo Berlusconi e dei suoi alleati.

“Chi volesse rispondere alla presente lettera, dire la sua, riflettere, elogiare e condannare, può farlo nel nostro Forum o inviando un contributo a direttore@lucanianet.it

 

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