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Circa l’antropologia italico-lucana

Il ritorno di fiamma delle indagini sulle tangenti lucane porta inevitabilmente la discussione nelle piazze. A questo punto, si potrebbe chiedere la fine delle estrazioni petrolifere

Non credo si possa far niente di fronte a notizie che hanno la capacità di destare sensibilmente curiosità, innescare pensieri e movimenti di opinioni, fomentare discussioni, puntare il dito e distribuire colpe, svelare animi campanilistici o avversari determinati: altri 19 arresti nell’inchiesta sulla tangentopoli lucana sono bastati per delineare questi meccanismi umani, sentimentali, politici, sacrosanti e, forse, antropologici. Lo stupore di qualche mese addietro si sta affievolendo, ogni novità ha un sapore diverso, ma con le solite perplessità, le medesime domande, le stesse risposte.
L’antropologia studia l’altro da sé; noi un po’ incoscienti, un po’ antropologi, per lungo tempo, abbiamo pensato di analizzare le contraddizioni altre e sottolinearne anomalie, rifiutando di guardare la nostra immagine distorta allo specchio. Avremmo dovuto dotarci di auto-coscienza. Bene. E’ arrivato il momento di fare un passo indietro, ripescare i sensi di colpa, sedersi di fronte ad un bel bicchiere di petrolio e provare l’amara ebbrezza dell’ingiustizia e dell’indolenza. Ubriachi, soltanto ubriachi, dissemineremo sanzioni.

A quelli che mi tacceranno di noiosa retorica posso concedere il dono della verità, ma sappiano che non mi curo delle critiche, tanto meno del numero delle condanne confermate, riconfermate, da confermare. Ciò che importa è la questione morale che si è aperta. La nostra identità. L’umiliazione. Se poi, per gioco, vogliamo consultare l’elenco e le quotazioni dei signori imputati non ci sarà difficile scorgere, come si sa, esponenti dell’ Eni-Agip. E qui mi chiedo cosa devo/dobbiamo pensare di chi ha permesso le trivellazioni e le speculazioni? “Che devo pensare di colui che mi chiede in prestito del denaro per acquistare una spada che userà contro di me?” (Gibran Kahlil Gibran), che devo/dobbiamo pensare di chi ci ha promesso ricchezza, sviluppo e occupazione? Viviamo in un ambiente che è una bomba ad orologeria, una mina che può esplodere da un momento all’altro.
Il degenerare improvviso della vicenda dimostra che le avversioni alle estrazioni erano/sono fondate. Non c’è dubbio alcuno che, a questo punto, le indagini si spostano incisivamente sul filone-petrolio, mettendo da parte, l’abusivismo-Inail. Ne conseguono implicazioni sull’opinione pubblica, sociali ed amministrative.                  

Si dovrebbero fermare le estrazioni; ora o mai più. Per molti potrebbe avere il sapore di una decisione senza alcun senso, pazzoide ed immotivata, ma rappresenterebbe il giusto contraccolpo per fermare questa embrionale ondata illegale. E’ arrivato il tempo dei bilanci: in rosso. Nelle piazze si aprono molti fronti. Quello degli accusatori tradizionalisti, quello della disinformazione, quello dell’indifferenza, quello del buonismo tipicamente all’italiana.      

Riflettendo su quest’ultimo ipotetico schieramento mi vengono in mente i casi di infanticidio che hanno reso macabro il nostro più recente passato: il caso di Cogne ancora da risolvere, una madre che uccide la sua figlioletta chiudendola nella lavatrice, una madre che getta dalla finestra suo figlio, una madre che annega i suoi due bambini, una madre che…
Si è cercato di dare a tutto una spiegazione psico-sociologica, un’impronta di disagio incontrollabile; nella maggior parte dei casi si è scelta la strada della copertura familiare e della triste disgrazia. Omertosi, usiamo come arma migliore ed abitudinaria la Giustificazione…