Era l?11 settembre. Un anno fa. L?opulento Occidente cadeva, ferito a morte, dietro le urla strazianti che accompagnavano il crollo delle Twin Towers. Morti. Tanti morti. Storie comuni e di eroi, rubate alle loro famiglie e al mondo.

Una voce si eleva dalla generosa Lucania a solidarietà del ricordo, ahimè doloroso, della tragedia che ha colpito Manhattan. Il grido, forte, triste e coraggioso, di chi rivuole indietro quelle vite spezzate è quello di Giovanni Oliva, studioso e cultore di demoantropologia, docente, poeta, ma uomo e padre a cavallo di due millenni.

Giovanni Oliva, oggi, a commemorazione di quell?infausto giorno, ma per richiamare l?attenzione del mondo, prossimo e lontano, alla libertà, alla fraternità, all?uguaglianza, alla giustizia, all?amore “quae sunt imago Dei et ratio hominis”, pubblica “America ? 11 settembre 2001”, un?opera in versi destinata a raggiungere le menti e i cuori di chi ci governa, ma anche un?opera ambasciatrice di solidarietà ai popoli della Terra.

L?opera ha ricevuto il patrocinio della Presidenza della Regione Basilicata, della Presidenza Nazionale delle ACLI, della Croce Rossa Italiana, dell?UNICEF e del Centro Studi di Storia delle Tradizioni di Puglia, Basilicata e Calabria ? Istituto Meridionale di Studi Demoantropologici.

Giovanni Oliva è nato a Montescaglioso nel 1940, vive a Bernalda ?il suo osservatorio del mondo- dov?è Docente di Materie Letterarie. Già Assistente incaricato di Lingua e Letteratura Italiana della Facoltà di Magistero dell?Università degli Studi di Bari, attualmente è componente del Comitato Scientifico del Centro Studi di Storia delle Tradizioni Popolari di Puglia, Basilicata e Calabria; è socio della Deputazione di Storia Patria; è studioso ?con più pubblicazioni- di Demoantropologia Lucana e Lettere Italiane.

I versi (traduzione in inglese a fronte), scritti nei sette giorni successivi a quello della strage, hanno solo il fine di aiutare ogni uomo a evitare spargimenti di sangue e distruzioni, capaci soltanto di crearne altri. Gli stessi, vogliono essere chiaro monito al rispetto della vita di tutti e di ognuno. “Riunirsi tutti, ?sia la parola l?unico strumento di confronto e poi trattare, trattare e trattare sempre!?” incita, Giovanni Oliva, con un crescendo fiero e orgoglioso, di chi ferito, non esita a rialzarsi per la ragione dell?umanità, e non di quella di Stato.

 

“Questo carme rivive la tragedia dell?abbattimento delle Torri Gemelle. ?La poesia si apre con un acuto grido di condanna di chi ha osato compiere tale crimine. La pietà non può trovare sostegno nel dolore in quanto infrange la vita di innocenti che non hanno altro torto se non quello di essere uomini dell?America. ?da questa esperienza, i sentimenti di sdegno e di orrore devono convertirsi in un esame di coscienza per rispondere all?odio con la realizzazione dei “sacri ideali””, ha commentato il Prof. Giuseppe Strazi, dell?Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dopo aver letto i versi di Oliva.

 

“Nel poema, Oliva ripercorre nomi e personaggi illustri dell?America, luoghi ormai topici dell?immaginario collettivo, si slancia contro l?efferatezza dell?atto terroristico dell?undici settembre, rammenta i meriti di quel grande Paese nell?accoglienza di braccia e menti di ogni terra, innalza la sua ira contro i terroristi che hanno violato uno dei luoghi più famosi e simbolici degli U.S.A.. E?, in definitiva, il suo poema un responsabile e accorato invito alla ragione, alla pace, alla eliminazione delle sofferenze e all?espansione della bontà e della speranza nel mondo: “America?tu devi””, è la lettura che ne ha dato il Prof. Daniele Giancane, dell?Università degli Studi di Bari.

 

“?quell?11 settembre è affar nostro, e non si può, non si deve dimenticare quell?enorme energia”, spiega Filippo Bubbico, Presidente della Regione Basilicata.

E, anche noi, stretti a Giovanni Oliva, gridiamo: “E alfine il pianto di quei derelitti,/ nei dì presenti e futuri,/ volga al lieto sorriso./ America,/ Patria amena/ a Patrie libere unita,/ dei magnanimi sogno e speranza,/ forza e probità spandere tu devi./ I care, America!”.

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