Ancora una volta tre minuti di follia, e “l’Italia del pallone” diventa “l’Italia nel pallone”
AGAIN 1966: e alla fine hanno avuto pure ragione. Alla fine, quel malaugurio confezionato per noi a caratteri cubitali ha sortito gli effetti desiderati dal mittente; tutto questo, tra l’altro, in barba a qualsivoglia rivalità o inimicizia tra le due Coree, adesso – pensate, per merito nostro! – accomunate per il prestigioso titolo di “carnefici calcistiche dei presuntuosi italiani“, di cui entrambe potranno fregiarsi.
Intanto, con gli azzurri mestamente rientrati in patria, noi saremo chiamati al triste cimento di rimettere insieme i cocci di una disavventura troppo simile a mille altre. Ancora un golden gol, dopo un pareggio incassato, per l’ennesima volta, a qualche attimo dallo scadere dei novanta minuti. Ancora un incontro della fase finale di una importante rassegna mondiale, protrattosi fino allo sfinimento dei nostri in campo e di noi telespettatori, stavolta pure in piena fase digestiva.
Con una novità, però. L’importante e macabro spettro di un maltrattamento internazionale subìto dall’Italia e perpetratosi tanto in sede di designazione arbitrale, quanto, ad opera degli stessi fischietti, in campo, con decisioni estemporanee e talmente azzardate da provocare perplessità diffuse nell’ambito degli organi della medesima FIFA designatrice.
A noi, tuttavia, non piace insistere più di tanto su questa Italia a quanto pare bistrattata e perciò finita “nel pallone”. Vogliamo, invece, focalizzare l’analisi sull’Italia “del pallone”, l’unica, del resto, di cui dovrà restare traccia negli anni che verranno; non crediamo, infatti, che dei cinque gol più o meno validi non convalidatici in questo mondiale, si potrà parlare ancora a lungo. Né crediamo si possa soprassedere più di tanto sulla ormai palese crisi del calcio, che in Italia sta coinvolgendo l’intera schiera dei clubs, riverberandosi con i risultati a cui abbiamo assistito in questi giorni, sul rendimento della nazionale.
Una critica pertinente e costruttiva, riguardo a quanto accaduto in Asia, allora, non potrà tacere l’inesistenza organizzativa della nostra formazione; calciatori che, salvo i primi quaranta minuti contro l’Ecuador, apparivano gettati allo sbaraglio dall’istrionico cittì che, in un crescendo di protagonismo, è arrivato a inscenare una vera e propria “macchietta del bordocampo“. Abbiamo visto ampolle propiziatrici, borracce e cazzotti volare in panchina contro astanti malcapitati, ma dell’Italia che ci aspettavamo neanche l’ombra!
La nazionale di Zoff, per risultati decisamente più decorosi, fu messa alla gogna addirittura dai politici; alla nazionale del Trap, incapace di trasmettere vigore, tanto in campo, quanto di fronte ai microfoni, è riservato un trattamento molto meno irriguardoso: i tifosi hanno atteso gli azzurri a Milano e a Roma, acclamandoli sulle note di un inno indigesto fino a qualche tempo fa.
Concludiamo con un interrogativo retorico al quale vorremmo rispondeste voi e, soprattutto, rispondessero il nostro commissario tecnico e il suo entourage: “Sono sufficienti quattro cinque errori arbitrali, di cui soltanto uno palese, ad esimere la squadra che li avrebbe subiti e che esce sconfitta, da ogni responsabilità?”.
Se la Spagna – come crediamo avverrà – si sbarazzerà facilmente di questi neo-campioni coreani, la risposta sarà presto data. Intanto, il mondiale continua e le denunce della nostra federazione, fortunatamente, non priveranno l’odierno, mitico Inghilterra-Brasile (per la cronaca appena conclusosi sul 2 a 1 per la formazione verde-oro), di alcuno dei mille spunti che lo rendono un incontro da non perdere.