Carlo Infante, esperto di teatro e new media, collaboratore di Mediamente (rubrica Rai dedicata al mondo telematico), nel corso del suo intervento ha affrontato tematiche di grande attualità ed interesse generale; ha esordito sottolineando che il ruolo del corpo nella realtà virtuale andrebbe analizzato nell’ottica di una più intensa interazione sociale e culturale con questa nuova dimensione artificiale.

Occorre, dunque, interrogare chi produce arte e interrogarsi sugli archetipi che non esistono concretamente ma restano dentro di noi; paradossalmente, tra naturale (performance) e artificiale (digitale) non si crea un rapporto dicotomico, come dimostra l’operazione della lettura, complessa e artificiale, contrariamente all’opinione comune che la considera un processo semplice e spontaneo (scaturito dall’apprendimento primario). In realtà si apprende poco attraverso il percorso sensoriale e non a caso la multimedialità in rete predilige un canale audio-visivo, alla cui presenza attribuisce fortissima valenza; gli ambienti interattivi tendono ad instaurare una relazione col nostro corpo, sulla scorta dell’insegnamento offerto dai teatri avanguardisti e da quello tipicamente orientale.

Il teatro ha suggerito come condividere la dimensione spazio-tempo, attraverso la sua lezione sulla riproduzione di ciò che accadeva per imparare a decifrare il mondo circostante; alcune installazioni e forme artistiche performative possono contribuire a sondare le potenzialità e le infinite risorse, attuando un’esperienza piena ed immersiva, senza bisogno di decodificare e varcando la soglia dell’interfaccia.

Infante ha mostrato video-proiezioni realizzate da Studio Azzurro di Milano, per cercare di creare ambienti sensibili, con presenza dell’elemento digitale ed elettronico, ma anche di quello sensoriale attraverso il sottotesto del suono, che invita a lasciarsi andare, come avviene nella cultura “ambient” (approccio umano in ambientazioni rarefatte, caratteristiche di personaggi come Brian Eno, John Cage, rintracciabili anche nelle culture zen, buddista, scintoista).

La scrittura mutante, che è stata oggetto di un precedente dibattito (nell’ambito degli incontri svoltisi presso lo Stabile), va intesa come tecnologia espressiva e atto comunicativo; il linguaggio adoperato in chat ed e-mail, per esempio, rimette in pista l’elemento dell’oralità e della comunicazione diretta, infatti mediante slang ed immagini efficaci vengono sintetizzati messaggi. Sebbene ciò corrisponda ad un imbarbarimento e alla perdita delle proprietà originarie del linguaggio, favorisce l’acquisizione di nuove; ne scaturisce la necessità di organizzare il processo cognitivo in base a linguaggi innovativi. Poiché esiste una qualità specifica del pensiero divergente, bisogna portare nella realtà quotidiana elementi multimediali e le tecnologia, che riescono a semplificarci la vita.

Ritornando al concetto di immersione nel ciberspazio, attraverso il superamento dello schermo, si dovrebbe progettare un approccio con intelligenza sensoriale (architettura multimediale immersiva), per oltrepassare la soglia tra realtà e virtualità; le realtà virtuali sono paragonabili ad un “microscopio della mente”, trattandosi di nuove domande sul mondo; l’user-utente-navigatore è collocato dentro, non può essere spettatore, in quanto interagisce col computer, nella cui memoria c’è una “vita”… Siamo circondati da ciò che non vediamo e non conosciamo…

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