Speriamo che piovano ancora poesie e romanzi dalla “vasca” di Giancarlo Tramutoli…
Riportiamo l’intervista che l’artista ha gentilmente rilasciato a LucaniaNet.it

Chissà quante volte, soprattutto in seguito alla pubblicazione della sua recente raccolta di poesie intitolata “Temporali”, le avranno già rivolto domande inerenti la sua predisposizione a stati d’animo in qualche modo connessi a questo fenomeno metereologico, o magari all’ispirazione poetica scaturita proprio durante espisodici piovaschi (sebbene lei non se ne occupi per motivi professionali…); viene spontaneo, comunque, chiederle almeno un accenno al suo rapporto di suggestione rassicurante tacitamente instaurato con la pioggia.

E’ vero. Con la pioggia ho un rapporto speciale. E’ quasi una condizione necessaria per scrivere. Aiuta molto. Sarà un fatto di elettricità che si scatena nell’aria e che dà una certa velocità agli impulsi creativi. Quando fa caldo, per esempio, è un disastro. Mi sposto come un bradipo nei pressi di un ventilatore.

Il suo tuffo d’esordio nella vasca della piscina narrativa (scusi il reiterato gioco di metafore) si è rivelato un’esperienza soddisfacente, esaltante e da bissare presto oppure resterà un episodio isolato? Si è trattato esclusivamente di un tentativo per cimentarsi in un genere differente oppure la sua vocazione narrativa poggiava su basi di crescita e arricchimento personale, sul desiderio di evoluzione e trasposizione letteraria della sua poetica di fondo?

Son molto lento a scrivere in prosa. Per la Vasca, quelle 100 pagine si sono accumulate in vari anni, pezzo su pezzo. Ora ho praticamente finito la prima stesura di quello che potrebbe considerarsi il suo seguito naturale. Anche qui, un centinaio di pagine in 5 anni. Mi pare che lo stile si sia modificato e al distacco poetico della Vasca è subentrato un tono più forte che spesso tocca il grottesco e mi pare più comico e più intenso. Ho utilizzato una sintassi più articolata e questo credo dipende anche dalla mia  recente passione per la prosa di Paolo Nori .

La sua “riconversione” ai versi poetici, che, in virtù del loro insito potenziale ermetico, meglio si prestano a racchiudere una sintetica ma efficace visione personale degli aspetti del vivere quotidiano, è stata dettata da una nostalgica esigenza di ritorno alle amate inclinazioni o da altre valutazioni?

Ma di versi io ne scrivo sempre. E’ la formula a me più congeniale, per questo a scriver prosa faccio tanta fatica. Ho una patologica vocazione alla sintesi. Quindi nella mia scrittura sono i romanzi le eccezioni. Nel romanzo ci vuole più costanza, più muscoli e più disciplina. E un’immaginazione mostruosa.

Ci può illustrare il suo approccio poetico-narrativo (necessariamente?) diversificato, nell’affrontare i due distinti generi letterari corrispondenti, che forse lei è riuscito a rendere complementari, grazie ad un filo conduttore tematico unificatore?

Sì, il contenuto è lo stesso, c’è un inevitabile, per me, componente autobiografica.
Credo che in fondo anche quando scrivo prosa c’è una densità (almeno lo spero) che è propria della poesia, solo che arrivo alla fine del rigo. Quindi ho la sensazione di scrivere libri piccoli ma con una loro intensità. Tecnicamente la poesia è direttamente collegata a quello che senti e che pensi in quel preciso momento, mentre nella prosa ci vuole un minimo di disciplina, lavorare su scene, quadri d’insieme e personaggi.

 

Ci tolga una doppia curiosità: a quale suo libro (o singolo componimento poetico) è maggiormente affezionato? Quale recensione le è sembrata più efficace nell’inquadrare la sua poetica (oltre che più rispondente alle sue aspettative in termini di riscontri critici favorevoli)?

Sono affezionato a due libretti d’impianto più aforistico e leggero e divertente come “Onde per cui si muove il mare” e “Lampadine” dove c’è meno il mio ego. (Io questo faccio quando scrivo: cerco il mio ego in un pagliaio). Ma poi quello che ti piace di più è sempre l’ultima cosa che hai scritto. Adesso il mio nuovo romanzo, Circo Barnum, che spero di pubblicare presto. La definizione critica in cui più mi riconosco è di Michele Trecca che ha rilevato nella mia scrittura “una ludica propensione all’autorottamazione”.

Una domanda di rito riguardo i suoi progetti per lavori da realizzare a breve termine, con qualche anticipazione sul nuovo romanzo, che dovrebbe avere un’imminente uscita…

Sì, c’è questo Circo Barnum che presto sottoporrò al mio editore Fernandel di Ravenna. Il succo è la storia di questo cassiere di banca che scrive e che riesce finalmente a pubblicare il suo primo romanzo. Quindi c’è questa schizofrenia tra le 8 ore di un lavoro ripetitivo e la sua vocazione creativa. Tutto in chiave paradossale.

Infine, prendendo in prestito uno spunto marzulliano (ripreso anche in chiave ironica da Vergassola), la invitiamo a porsi una domanda e a darsene anche risposta; la ringraziamo per disponibilità e collaborazione, augurandole di navigare sull’onda di un sempre crescente successo!

Perchè scrivi? 
Per non perdermi troppo di vista. Per cercare di guardare al mondo in modo personale. Per resistere alla massificazione. Per scaricare energie negative ma anche per divertirmi.      

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