Apocalittico, brutale, geneticamente e genialmente violento ma mai eccessivo nel suo percorso artistico.
La voce di Dan Fante risuona nello spazio del teatro Stabile di Potenza. L’autore italoamericano, di origini addirittura potentine (la nonna, infatti, proveniva dal nostro capoluogo) ha incantato la platea composta di poche ma interessate persone con alcuni estratti della sua produzione letteraria e poetica.

Le tre liriche proposte, lette dallo stesso scrittore e seguite dalla relativa traduzione, si riallacciano al tessuto biografico dell’autore e ne illustrano la complessità umana e culturale. Seguendo un percorso già battuto da Bukowski e dallo stesso John Fante, Dan ci offre un quadro corrosivo e dolente di una umanità paradigmaticamente persa in se stessa, nelle sue lacerazioni interiori e nel conflitto irrisolto con la propria identità e con gli altri.

La parola di Dan Fante insegue una musicalità cupa e sincopata, fatta di pieni e di vuoti, ora lenta e misurata ora rapida e deragliante nel caos lucido e sarcastico di pensieri e parole.
Sono storie malate quelle che racconta lo scrittore, giunto appositamente in Italia per questa occasione. Storie di miseria e di alienazione, di stanchezza e di disperazione, narrate, però, senza il compiacimento e l’autoindulgenza che contraddistinguono molti stanchi emuli di una moderna letteratura decadente.

L’autore, inoltre, ha regalato al pubblico in sala la lettura del primo capitolo di uno dei suoi ultimi lavori in prosa. Anche qui abbiamo potuto assaporare la musicalità intrinseca e potente di un poeta che non è ossessionato dallo spettro dell’originalità ma che è in grado di percorrere, con la lucidità spassionata di un uomo dall’indubbio bagaglio culturale, le vie di una modernità contraddittoria e priva di certezze.

Interessante e perfettamente in tema il sottofondo jazz – improvvisato di pianoforte e sax che ha accompagnato la lettura della versione italiana del brano in prosa. La riproposizione nella nostra lingua, nonostante la traduzione fedele, perde purtroppo l’originaria architettura del testo ma rende comprensibile a tutti la vis creativa di un autore forse ancora poco noto al pubblico italiano.

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