Verso la metà del 1300 viveva, in lusso sfarzoso, nel castello di Brienza una bellissima donna di nome Bianca. Ella era solita dare delle feste alle quali si presentava vestita solo dei suoi gioielli, verso i quali aveva un attaccamento morboso.

Si narra che il “suo tesoro” fosse custodito in un stanza segreta la cui ubicazione era conosciuta solo da Bianca e dalla sua fedele ancella. Durante un viaggio verso Amantea, Bianca e il suo seguito furono catturati dai pirati e condotti ad Algeri per essere venduti come schiavi. Un pascià, vista la bellissima Bianca, se ne invaghì e la condusse con se nel suo palazzo come favorita. Da quel momento non si è saputo più nulla nè della bella Bianca, nè del suo fantastico tesoro, rimasto rinchiuso nella segreta e mai più ritrovato.

Nel 1644 il castello fu “teatro” di un’altra intricata vicenda. Proprietario del castello era il marchese Rodolfo, costretto per necessità finanziarie a cedere il castello e il podere circostante al barone Tiburzio, che gliene lasciava provvisoriamente l’uso. Rodolfo, innamorato di Clorinda, sua pupilla e ospite (a sua volta innamorata del fattore Eugenio) dopo aver appreso dal suo confidente Enrico di un incontro amoroso tra Clorinda ed Eugenio, adirato, scacciò Eugenio. Costui rivelò di essere in realtà il barone di Laurente, incaricato dal fratello di Clorinda, in cambio della sua mano, di scoprire come Rodolfo la trattasse, avendo avuto sentore del fatto che il marchese aveva dissipato tutte le sostanze della sorella ed era pieno di debiti.

Enrico consigliò il marchese di sopprimere il finto Eugenio, ma, nel duello che ne seguì e che si svolse tra il confidente ed Eugenio, fu Enrico ad avere la peggio. Ciorinda ed Eugenio si sposarono e perdonarono al marchese tutte le sue malefatte.

Queste storie, leggendaria la prima, tratta da dramma lirico “Rodolfo da Brienza” (dramma in tre atti, ambientato nel castello di Brienza e privo di fondamento storico; su libretto di Domenico Bolognese e musica di Achille Pistilli, fu rappresentato per la prima volta nel Real Teatro del fondo di Napoli nel 1846) la seconda, ci introducono nel castello di Brienza, oggi ridotto a rudere ma un tempo palpitante di vita e di più o meno grandi drammi esistenziali.

Il castello, che secondo la tradizione era composto da tante stanze quanti i giorni dell’anno, sorge su un colle scosceso e difficilmente accessibile. Esso nel Medioevo si presentava protetto, secondo il metodo delle fortificazioni longobarde: da una cortina murarla formata dalle mura, addossate le une alle altre, delle case, che costituivano una valida difesa da eventuali attacchi nemici.

Le prime testimonianze documentarie risalgono ad epoca angioina, ma probabilmente la data di fondazione del maniero è precedente e si può porre, secondo alcuni storici, intorno al IV secolo. I caratteri predorninati sono quelli angioini; infatti caratteristiche tipicamente angioine si possono tuttora leggere nelle diroccate mura dell’antico castello nel mastio cilindrico e nella semitorre circolare.Dei molti proprietari che l’hanno posseduto gli unici di cui sia rimasta notizia sono i Caracciolo che lo acquistarono nel 1428. Tra gli esponenti della famiglia merita menzione Giuseppe Litterio Caracciolo, X marchese di Brienza, che, oltre a prendere una serie di iniziative umanitarie per migliorare le precarie condizioni dei suoi sudditi, restaurò ed ampliò il maniero. I Caracciolo, con alterne vicende, rimasero proprietari dei feudo e del castello fino al 1857, anno in cui l’ultima esponente della famiglia, Maria Giulia, lo lasciò in eredità al nipote Luigi Barracco.

Iniziò da questo momento la lenta decadenza del maniero; infatti, alla morte del Barracco, il feudo passò a vari feudatari e amministratori che si disfecero, con una serie di vendite, dei beni rustici lasciando in completo abbandono il castello (fortemente danneggiato dal sisma del 1857). L’ultimo proprietario, il De Luca, lo donò, infine, a Francesco Mastroberti, il quale cominciò a vendere quanto di vendibile rimaneva nell’antica costruzione (pietre lavorate, infissi, ecc.).

Il maniero, che all’inizio dei 1900 era stato dichiarato di interesse storico, subì, in seguito al terremoto del 1980, il crollo della parete est e della parete sud.

Notizie tratte dal Libro di Antonio Parente
Brienza 1850-1950 memorie in bianco e nero
RCE, Napoli (1999)

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