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Pollino: Tripepi se ne va … arriva Fino

Articolo tratto da KATUNDI YNE – rivista italo-albanese di cultura e di attualità 87010 CIVITA (CS), pp 8-9

Lo scorso 6 novembre il ministro dell’ambiente Matteoli ha nominato commissario dell’Ente Parco nazionale del Pollino l’on. Francesco Fino.

Si è chiusa anticipatamente la presidenza Mauro Tripepi.

Facile immaginare le reazioni a tale provvedimento.

A bocce ferme, come suol dirsi, proviamo anche noi a dire la nostra.

La gestione Tripepi da tutti auspicata ben presto si è dimostrata un gran fallimento.

Le prime preoccupazioni sono state sollevate già in sede di Commissione ambiente della Camera dei Deputati, allorquando i commissari dopo aver preso visione del curriculum vitae di Tripepi affermarono che non aveva alcun titolo per ricoprire tale incarico. In quel caso scese in campo l’allora ministro Ronchi che impose alla commissione il Tripepi come suo uomo. Allora nessuno parlò di lottizzazione. Era normale che un ministro verde mettesse a capo di un ente un suo compagno di partito.

Noi in un primo momento e anche dalle colonne di questo giornale lodammo l’iniziativa del ministro. Ci sembrava che il Tripepi fosse l’uomo giusto al posto giusto. E lo scrivemmo. Salvo ravvederci subito in dicembre, alla sua prima conferenza stampa, quando il Tripepi annunciò che dovevamo sopportarlo non solo per due anni e mezzo fino alla conclusione del primo mandato, ma anche altri cinque. Per un totale di nove anni.

“Mi raccomando: non disturbate il manovratore” fu la battuta dell’allora consigliere Berardone.

Ci guardammo in faccia tutti quanti cercando conferma di quello che avevamo appena sentito.

“Mi sa tanto che siamo caduti dalla padella alla brace” fu il commento di un sottufficiale del Corpo Forestale dello Stato.

Infatti, pochi giorni dopo l’insediamento a nuovo presidente dell’Ente Parco nazionale del Pollino, il Tripepi smise i panni dell’ambientalista sfegatato ed entrò subito nel nuovo ruolo.

Alcuni mesi dopo i supporter della sua elezione cominciarono a presentare il conto. Chiesero subito le autorizzazioni per asfaltare una strada strategica per l’equilibrio ambientale del parco. Pressato dai politici locali cedette. A nulla valsero i consigli degli amici più vicini. Non per l’importanza della strada in se ma per il precedente che essa andava a creare. Infatti, subito dopo venne la richiesta di riprendere i lavori della Fridica a suo tempo sospesi dall’allora ministro Ruffolo e, per ultimo, la provincia di Potenza avanzò la proposta di “rompere il solito isolamento delle realtà interne” con il collegamento stradale tra San Lorenzo Bellizzi e Terranova del Pollino. A questa richiesta e su pressante invito dell’Associazione per la Valorizzazione del Parco della Cessuta si unì anche la provincia di Cosenza.

Nello stesso la comunità montana del Pollino premeva per asfaltare le strade che da San Basile portano a Piano Novacco e da Acquaformosa a Madonna del Monte.

Non è finita qui. Subito dopo anche il Consorzio di Bonifica montano richiese l’autorizzazione ad asfaltare la strada montana che da Colle Marcione porta alla Falconara. In questo caso si arrivò al compromesso dell’uso di una sorta di asfalto ecologico.

In questi giorni ritorna alla carica anche l’amministrazione comunale di Frascineto, la quale è sempre stata contraria all’istituzione del Parco e quindi coerente con questo principio avanza la richiesta di asfaltare la pista delle Serre. Non contento di ciò il primo cittadino di Frascineto, come se non bastasse, chiede anche le autorizzazioni per un impianto a fune. Anche se il concorso d’idee per lo studio di fattibilità di un progetto di una funivia lanciato dalla Comunità Montana del Pollino – ben sapendo che la legge quadro sulle aree protette vieta qualsiasi impianto a fune all’interno dei parchi – è stato improvvisamente, ed in modo poco corretto, annullato dallo stesso ente.

L’input per le strade di penetrazione è partito.

Quello che noi pensavamo di aver superato con l’istituzione dell’Ente Parco è stato autorizzato proprio dal nuovo organismo di gestione.

Nel frattempo il Tripepi lanciava alcuni progetti per la conservazione di alcune specie come il lupo, il capriolo, la lontra, i rapaci e quant’altro.

Anche in questa circostanza commise numerosi errori di valutazione. Per esempio, il carnaio di Colle Calderaio. Fermo restando che a nulla vale fare un carnaio per alimentare artificialmente alcune specie animali piuttosto che ricercarne le motivazioni per le quali quest’ultime sono estinte, il luogo scelto non era adatto perché era “fuori rotta” dalle normali direttrici di caccia dei rapaci.

Lo dicemmo ai responsabili scientifici del progetto in occasione della conferenza che si svolse al Museo Etnico Arbëresh. Tutti acconsentirono ma il carnaio fu fatto lì dove si era deciso. Non per motivazioni scientifiche bensì per accattivarsi le simpatie dell’allora sindaco di Frascineto. Credo che a tutt’oggi rimanga ancora il primo carnaio politico d’Italia.

Lo stesso dicasi del “progetto lupo”. Seppur lodevole per l’iniziativa poco efficace per i risultati in rapporto al costo-ricavi.

I lupi vengono regolarmente abbattuti. I pastori non vengono regolarmente risarciti.

Infatti, prima di ricevere il rimborso dei danni il pastore deve denunciare l’episodio presso il locale comando stazione del Corpo Forestale dello Stato, rintracciare un veterinario disponibile, eseguire un versamento all’azienda sanitaria locale, trovare un fotografo per la documentazione fotografica da allegare alla pratica, portare i resti delle carcasse degli animali presso un inceneritore per la distruzione e poi attendere che la pratica vada a buon fine e sperare che arrivi il tanto desiderato risarcimento.

In compenso sappiamo con esattezza cosa mancia il lupo, a che ora va a dormire, quando fa le sue belle passeggiate, di che colore è la pipì e quant’altro.

Uno studio di questo genere non serve a nulla se non è integrato con la popolazione locale.

Perché il Gruppo lupo non ha in organico un veterinario?

Perché non provvede direttamente al risarcimento dei danni?

Perché il costo unitario dei capi di bestiame è così basso?

Perché non solleva da tutte le incombenze burocratiche i poveri pastori?

In altri parchi il risarcimento avviene nell’arco delle due settimane successive.

Questo nel nostro parco non accade.

Altro capitolo importante della gestione Tripepi è stata la vicenda legata al Ponte del Diavolo. All’indomani del crollo si affrettò ad annunciare ai quattro venti che il Ponte sarebbe stato presto rifatto.

Ci avviamo verso il quarto compleanno del crollo del ponte e ancora non se ne sa nulla.

Il Tripepi annunciò che ben presto il Parco avrebbe messo in funzione nove degli undici centri-visita. Anche in questa circostanza avallò delle scelte politiche fatte in precedenza perciò ci troviamo ad avere quattro centri-visita a pochi chilometri l’uno dall’altro ed invece interi settori del Parco completamente privi di “segni del Parco”.

Anche in questa circostanza qualche centro-visita non previsto fu costruito per accattivarsi le simpatie di qualche sindaco. Mentre del centro-visita di Civita non se ne sa nulla.

Nel frattempo il Parco doveva dotarsi così come previsto per legge di un Regolamento provvisorio e del famoso Piano del Parco.

Lungi dall’adempiere a questi compiti.

Si arriva così al fatidico gennaio 2001 quando scende in campo il direttore generale del servizio conservazione della natura Cosentino (da non confondere con il primo presidente del Parco) il quale in un drammatico consiglio direttivo anticipa che se non si spende l’avanzo di cassa entro il trenta giugno sarà costretto a prendere severi provvedimenti e non ultimo il commissariamento dell’Ente.

Il Tripepi, amico personale e uomo di fiducia del Cosentino, è sicuro che non verrà mai rimosso almeno fino a quando quest’ultimo resta al ministero dell’ambiente, e quindi sicuro di questo appoggio continua l’esercizio spregiudicato del potere. Infatti, a luglio convoca in seduta straordinaria un consiglio direttivo per esaminare la richiesta di autorizzazione da parte dell’Enel di attraversamento del Parco di un elettrodotto a 380 kv. Nonostante l’assenza della metà dei consiglieri, l’assemblea delibera con il suo voto favorevole di concedere l’autorizzazione all’Enel per la costruzione della nuova linea elettrica.

Nel frattempo la guida del paese è cambiata.

Il governo Berlusconi vince le elezioni e al ministero dell’ambiente ritorna l’on Altero Matteoli.

Il Tripepi perde il “paracadute Ronchi”, i verdi subiscono una pesante sconfitta, le associazioni ambientalistiche vanno in letargo.

Il ministro Matteoli, in una rinomata trasmissione televisiva, dichiara con buona pace di tutti, che lui insieme al centro-destra ha vinto le elezioni e quindi per i prossimi cinque anni sarà lui a dettare la politica ambientale del governo.

Subito dopo arriva il commissariamento del Parco nazionale del Cilento.

Nel Parco nazionale del Pollino si va in fibrillazione. Il Tripepi comincia a preoccuparsi e si mette a cercare consensi alla sua politica ambientale dappertutto.

I sindaci stanno a guardare.

Cominciamo a pensare che quello che si paventava a maggio (la nomina dell’on Fino a prossimo presidente del Parco) da lì a poco sarebbe accaduta. Ci si interrogava solo sui modi e sui tempi. Matteoli avrebbe sostituito Tripepi per decreto o attraverso il commissario?

Forse sarebbe stato giusto che il Tripepi all’indomani del responso elettorale si fosse dimesso. Ciò non è accaduto.

Inizia un lungo braccio di ferro con il ministero.

Matteoli vuole piazzare agli Enti parco i suoi uomini di fiducia. Non dimentica le promesse elettorali. E siccome l’on Fino oltre ad essere compagno di partito è anche amico personale, i giochi sono ben presto fatti.

Infine, memore dello scacco matto subito dalla “questione Cilento” (il presidente del Parco del Cilento a seguito del ricorso al TAR fu integrato nel suo ruolo dai giudici), questa volta per il commissariamento del Pollino fa preparare a puntino dallo stesso Cosentino un decreto inoppugnabile.

La bomba esplode il 28 ottobre scorso allorquando l’on Fino dichiarò ai giornali che è stato nominato commissario del Parco Nazionale del Pollino.

Il Tripepi fa diramare dai suoi addetti stampa una nota nella quale afferma che non ha ricevuto nessun decreto e quindi resta al suo posto. Convoca il Consiglio direttivo per approvare tra l’altro lo schema di bilancio di previsione per il 2002.

A causa dei soliti tempi tecnici di preparazione e notifica del decreto e si arriva al sei novembre.

L’on Francesco Fino si presenta all’Ente parco come commissario straordinario ed esercita i poteri e le funzioni già di competenza del presidente, del Consiglio Direttivo e della giunta esecutiva dell’ente stesso.

Apriti cielo. Inizia una battaglia giornalistica micidiale.

Il Tripepi si muove a tutto campo. Chiede ed ottiene il sostegno dei partiti di centro-sinistra, della federazione dei parchi, delle associazioni ambientalistiche, dei sindaci ed annuncia il ricorso al Tribunale amministrativo regionale.

Il ricorso viene presentato solo il 20 dicembre scorso e non da tutti i componenti dell’Ente Parco.

Il timore di un ritorno della giunta Tripepi, anche sulla scorta dell’esperienza del Cilento, è fondato. Tutti stiamo con il fiato sospeso. Per fortuna il TAR Basilicata si pronuncia negativamente e quindi, fermo restando che il Tripepi sicuramente ricorrerà al Consiglio di Stato, per il momento il ritorno alla guida dell’Ente parco del Tripepi è stato scongiurato.

In conclusione, possiamo tranquillamente affermare che il Tripepi andava allontanato.

Se non altro per le disattese aspettative che aveva creato nella comunità. Per le illusioni. Per la mancanza di sostanza. Per la cattiva e spensierata gestione dell’Ente parco. Per i forti contrasti con alcuni membri dell’ente stesso. Per i durissimi scontri con il direttore. Per l’uso disinvolto dei mezzi dell’ente. Per la sua arroganza. Per l’ignoranza della macchina amministrativa con la quale si governa un ente. Per l’assoluta certezza dell’assenza di una qualsiasi idea di parco. Ed infine, per il diritto-dovere del rispetto dei poteri del ministro di rimuovere un qualsiasi dirigente. Come dire che quando si cambia un dirigente all’avvento al potere di un governo di centro-sinistra è una prassi, mentre se lo cambia il governo di centro-destra è una lottizzazione.

Ha fatto bene il ministro ad esercitare i suoi poteri di controllo sui suoi sottoposti.

In definitiva condividiamo la scelta del ministro nel rimuovere il Tripepi, siamo invece preoccupati dell’eventuale commissariamento dell’Ente Parco nazionale d’Abruzzo. La sostituzione di Franco Tassi, di Fulco Pratesi o di entrambi sarebbe un autogol per il ministro in quanto, di là di qualsiasi credo politico, questi ultimi hanno dimostrato con i fatti come si dirige un parco.

Un buon Ministro della Repubblica rispetta il valore e il lavoro dei suoi avversari.

Sono passati dodici anni dall’istituzione del Parco e nove dall’elezione dei suoi organi di gestione.

Dei tredici rifugi presenti sul territorio, solo uno è aperto. Delle quarantacinque Guide Ufficiali del Parco solo cinque o sei lavorano a tempo pieno. Degli oltre duemila chilometri di sentieri solo alcune diecine sono segnati e percorribili in sicurezza. Degli undici centri-visita nessuno fin’ora è stato aperto. Dei settantuno posti in organico sono occupati solo trenta. Del ruolo propulsore dell’Ente parco nessuna traccia. Del processo di pianificazione, di educazione ambientale, di promozione territoriale, di conservazione della biodiversità, di un occhio di riguardo verso quelle persone che ancora si ostinano a presiedere il territorio senza luce, senza telefono, senza strade, senza acqua, dei nuovi posti di lavoro creati dalle nuove professioni connesse alla conservazione, tutela e valorizzazione dei beni naturali, culturali e artistici nessuna traccia.

Non nascondiamo l’amarezza e la delusione di un’altra occasione mancata per lo sviluppo e il rilancio di questo territorio.

Così come siamo altrettanto certi che i parchi che volevamo dobbiamo ancora farli.