Una data molto importante nella storia della speleologia lucana è quella del 2 novembre 1974 giorno in cui Filippo Marotta, il figlio Carmine (l?autore del presente articolo) e Giuseppe Crecca, tutti di Trecchina, esplorano la Grotta del Casolare sui monti trecchinesi. A distanza di qualche mese, il 15 gennaio 1975, sotto la guida di Franco Anelli, scopritore delle Grotte di Castellana, Marotta Filippo con altre 20 persone fonda la prima associazione speleologica della Basilicata: il Gruppo Geo-Speleo “Valle del Noce”.
I primi mesi furono impiegati per l?organizzazione delle sezioni interne e per reperire almeno il minimo di attrezzatura necessaria a garantire la sicurezza durante le esplorazioni.
La prima escursione ufficiale avvenne il 1° Maggio dello stesso anno: ben 15 speleologi esplorano la grotta di Polifemo in località Milossina di Maratea.
Nel corso di questa prima escursione arrivano le prime soddisfazioni per gli speleologi del G.G.S. Valle del Noce: vengono ritrovati resti archeologici che, ad un esame approfondito da parte del Soprintendente alle antichità della provincia di Potenza, Dinu Adamesteanu, e dell’Istituto Germanico di Archeologia sede di Roma, risultano appartenere al V sec. a.C., periodo in cui i Greci cominciarono ad insediarsi sulle coste dell’Italia Meridionale.
Il materiale fu poi consegnato alle autorità competenti per essere esposto alla Mostra Permanente di Archeologia di Rivello.
Inizia un lungo periodo di collaborazione con Franco Orofino dell’Istituto Italiano di Speleologia: sotto la sua guida nel gennaio 1977 viene scritta una delle più belle pagine della storia della speleologia lucana. Gli speleologi locali, unitamente a quelli giunti da Genova e dalla Puglia esplorano le “Festole” di Trecchina attualmente al secondo posto nella classifica delle grotte più profonde della Basilicata: ben 136 metri in unica verticale.
L’entusiasmo è alle stelle: questi continui risultati fanno aumentare le iscrizioni all’associazione speleologica fino a raggiungere e superare i 100 tesserati.
Mostre di Minerali, proiezioni di diapositive nelle scuole, convegni, dibattiti pubblici sono la costante testimonianza della presenza degli speleologi inseriti in una realtà locale sempre più aperta e pronta a seguire le “imprese” dei matti speleologi.
Agli inizi degli anni ’80 il catasto annovera già 100 cavità, Trecchina diventa sede regionale della Società Speleologica Italiana e della Scuola Regionale di Speleologia.
Vengono raccolti e catalogati minerali, rocce, fossili, conchiglie e già nel 1984, si contano ben cinquemila esemplari provenienti da tutti i continenti, così tanti da pensare di concretizzare l?idea di Filippo Marotta: aprire un Museo di Scienze della Terra a Trecchina, unico del suo genere in Basilicata.
Purtroppo le finanze del G.G.S. Valle del Noce non sono tali da poter affrontare una “impresa” del genere e l’idea non si concretizza anche per il mancato appoggio delle autorità locali.
Ogni anno sempre nuove esplorazioni fino ad arrivare al 1985, anno cruciale per la vita della locale associazione speleologica, muoiono a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro il presidente Marotta Filippo e la guida tecnica Franco Orofino.
Vengono così a mancare due persone il cui carisma era riuscito ad amalgamare e riunire gli interessi di molti verso una pratica sportiva e scientifica.
Nel 1987 a 2 anni dalla morte del presidente Filippo Marotta comunemente chiamato “zio Mimmo”, nel mese di agosto, una telefonata dalla sede della Società Speleologica Italiana, annunciava agli speleologi lucani che il Catasto speleologico di Basilicata veniva spostato dalla sede di Castellana Grotte a Trecchina.
Ciò innescò nuovamente l’entusiasmo degli speleologi locali, ormai rimasti in pochi. C’era da ricominciare a studiare le forme superficiali e profonde tipiche del carsismo della zona, da rilevare le grotte, da confrontare i dati scientifici ed inserirli nel Catasto delle Grotte e delle Aree Carsiche della Basilicata.
Al momento del suo trasferimento in Basilicata l’elenco catastale regionale annoverava poco più di cento grotte: si prospettavano anni di duro lavoro e ricerca perché il numero degli speleologi si era ridotto notevolmente in poco tempo: gli studi universitari ed il lavoro avevano portato via dai luoghi d’origine molti giovani, non c’era stato ricambio e bisognava iniziare quasi dal nulla.
Il solo pensiero di continuare l’operato di “zio Mimmo” amalgamò il primo gruppetto di speleologi.
Furono rispolverate le corde, ridato il grasso agli scarponi, ricaricate di carburo le lampade ad acetilene, riprese le carte geologiche e topografiche della zona.
L’attività riprese a pieno ritmo con una crescita tale da spingere gli speleologi locali a specializzarsi nello studio delle cavità marine.
La naturale conseguenza è stata la fondazione, a Trecchina, del Centro Europeo di Speleologia Marina. Grazie, inoltre, alle numerose pubblicazioni degli ultimi anni c?è stata una rivalutazione del Monte Coccovello tanto da far scattare l?iter per la realizzazione di una riserva carsica a protezione dei suoi ambienti superficiali e profondi.
La letteratura speleologica lucana annovera al dicembre 2001 oltre 500 titoli, gran parte dei quali redatti da speleologi locali.