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Dossier Petrolio: L’interesse pubblico alla ricerca degli idrocarburi si presenta cedevole rispetto ai valori ambientali.


Di seguito pubblichiamo un comunicato pervenutoci dai nostri amici di S.O.S. Lucania, ass. con sede a Calvello, che si occupa della tutela e della salvaguardia ambientale della nostra regione.


E’ giunto il momento di sfatare il mito della “sentenza del Consiglio di Stato che consente le estrazioni petrolifere nel Parco del Pollino“. Diffondere una simile falsa notizia può giovare alle compagnie petrolifere e agli amministratori locali succubi del re petrolio non certamente a chi si batte per la tutela della legalità e dell’ambiente.
Il Consiglio di Stato non ha emesso una sentenza innovativa ma ha confermato una giurisprudenza consolidata, esprimendosi sulla materia come aveva già fatto con la sua sentenza n. 637/99, che riguardava il Parco della Maiella e, come sempre, non ha autorizzato in generale alcunché ma ha esaminato un singolo atto, il diniego dell’Ente Parco del Pollino a concedere l’autorizzazione all’ENI s.p.a. e all’ Enterprise Oil Italiana s.p.a ad eseguire le indagini geofisiche nell’area Parco, ritenendolo illegittimo perché non adeguatamente motivato ed in contrasto con le norme previste dalla legge quadro (L.6.12.1991 n. 394) e dalle misure di salvaguardia.
Secondo il Supremo Organo della Giustizia Amministrativa, le indagini geofisiche non rientrano tra quelle espressamente vietate nei parchi bensì tra quelle sulle quali l’Amministrazione “è chiamata ad esprimere una verifica tecnico-discrezionale circa l’armonizzabilità dell’intervento proposto con i valori ambientali“. E’ precisato, puntualmente, che “l’interesse pubblico alla ricerca degli idrocarburi si presenta cedevole rispetto ai valori ambientali” e che “ove non siano percorribili, anche con l’apporto collaborativo dell’Ente Parco, strade capaci di coniugare il complesso dei valori tutelati” si può ricorrere come “estrema soluzioneal diniego allo svolgimento di attività funzionali anche all’interesse primario della ricerca di idrocarburi. Nel caso di specie l’Ente Parco non ha motivato il diniego se non affermando che le indagini “sono in astratto considerate potenzialmente rischiose per l’ambiente e l’habitat del Parco, senza alcun approfondimento istruttorio“, mentre le compagne petrolifere hanno prodotto corposa documentazione tecnica, firmata da illustri professori, tesa a dimostrare che le indagini si sostanziano nello “scoppio di piccole cariche di esplosivo ?.che non dà luogo ad emissioni di gas nell’atmosfera o di detriti e provoca vibrazioni, soltanto a qualche metro di distanza, di scarso rilievo (paragonabili a quelle prodotte dal passaggio di un autocarro)“.
Su questi dati, il Consiglio di Stato ha emesso la decisione e, essendo mancata in questo caso, come in quello del Parco della Maiella, “la verifica concreta degli interessi“, non poteva giudicare diversamente.
A noi non resta che chiederci il perché l’Ente Parco, invece di dimostrare i danni che la ricerca di idrocarburi provoca all’ambiente e al Parco, abbia giustificato il suo diniego con “le finalità estrattive” della stessa.

Eppure basta vivere nei territori interessati dalle indagini geofisiche per capire i danni incalcolabili che questo tipo di indagini causano all’ambiente. Altro che micro-esplosioni, altro che lievi vibrazioni! Parlate con gli abitanti della Val Camastra e della Val D’Agri, vi racconteranno di boati, di scosse sismiche tali da far cadere vecchi casolari e lesionare nuove case, di pozzi prosciugati, di sorgenti sparite subito dopo le esplosioni, di solchi profondi lasciati nel terreno, di alberi tagliati, di tratturi aperti nei boschi, di pezzi di tubi sparsi per le campagne, di tubi con cariche inesplose abbandonati nei fiumi.

E cosa dire del telegramma della R.I.G. s.r.l. (una delle società che ha svolto le ricerche dal 1999 al 2000) che invitava i Comuni a informare i cittadini di non spaventarsi se sentivano scosse simili al terremoto nelle ore in cui facevano brillare gli esplosivi? O dei processi ancora in corso davanti al Tribunale di Potenza, iniziati da cittadini che hanno visto le loro case lesionarsi quando società con nomi diversi, ma uguali interessi e padroni, hanno eseguito le famigerate indagini 5 anni or sono? O di tutte le invasioni di terreni privati contro il consenso dei proprietari o di nascosto da loro, senza rispettare i decreti prefettizi? O, infine, tutti i risarcimenti non corrisposti da società, via via, con sempre meno capitale sociale?

Con assoluta tranquillità, noi di sos lucania, che abbiamo visto come operano le società contrattiste dell’ENI, possiamo dire a qualsiasi Ente Parco che c’è documentazione sufficiente a dimostrare che questi signori danneggiano ogni luogo dove entrano e che, nel caso in cui non si riesca ad impedire preliminarmente il loro ingresso, basta controllarli ed immediatamente dovranno smettere, perché è impossibile conciliare la loro attività con il rispetto delle leggi.
Purtroppo da noi nessuno ha controllato e, malgrado il Consiglio di Stato nella sentenza n. 637/99 parli dei Siti di Importanza Comunitaria come luoghi “con tutela rafforzata”, la Regione Basilicata, in barba a tutte le denunce, non ha impedito le indagini geofisiche sui S.I.C. Volturino, Pierfaone, Rifreddo ecc.ecc, ricordandosi dei SIC solo nell’ultimo sito violato: l’Abetina di Laurenzana.

Ancora una volta, come sempre, bisogna imporre anche alle multinazionali del petrolio il rispetto della legalità e, per far questo, non basta proclamarsi ambientalisti e chiedere il rispetto dell’ambiente, bisogna dimostrare, caso per caso, in concreto e non in astratto, che la politica pro-petrolio non paga ed è dannosa alla nostra salute.
Non servono nuove leggi per fermare i nuovi barbari, bastano quelle che abbiamo: impariamo a conoscerle e a farle applicare.

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