Le ore d’incertezza, poi la conferma. L’arrivo della tua salma in Italia. Ed ora la sfilata dei tuoi concittadini attorno al chiaro legno della tua bara. Gli occhi ironici, curiosi. Fremiti di vita: scansione della passione. La forza. Il tuo dosare continuo la paura ed il coraggio. Sono pensieri, immagini, che non danno respiro, non sanno di meditazione. I sogni. La conquista. La morte. La vita intera donata per la vita. Ogni notizia in più su di te è per noi un brandello che ritorna alla dura realtà. Sono sogni e ideali quelli che abitano le nostre vite. Tu, gli avevi dato respiro, carne. Tutte le nostre passioni di giovani ambiziosi galoppano verso quel respiro di verità. La tua storia è la mia storia, il tuo darti è il mio darmi alla verità della parola. Viaggiano viandanti soli, per cercare il senso dell’esistenza nell’insensatezza del Mondo. E moriamo, di un male di ideali colpiti alle spalle dall’accidentale, che abbiamo sempre vinto con la forza dell’innocenza, ma che ci siamo lasciati indietro, distratti dal presente e dal crescente passare nei viaggi. Moriamo colpiti alle spalle, perchè magari spogli del vigore di un velo, liberi dal simbolo dell’ubbidienza alla prepotenza dei miseri luminare della Terra. Moriamo illuminati dalla verità dei passi, dalla luce dei fiumi d’occhi e di storie, viste e penetrate. Moriamo perchè altro non siamo in un’epoca così scellerata. Siamo simboli. Sotto i colpi di guerrieri bestiali armati contro un lume di purezza, un respiro di sogno, una perla lacrimosa di umanità. E noi qui, bestialmente spettatori. Mi spiace, ma questo mio rigare di mano è l’atto più dignitoso che so concedermi e che so donarti. La verità è che la tua morte che sfila sui quotidiani, nei TG e nelle lacrime che solcano i volti, è come una scheggia di vetro che scoppia da dentro, o meglio, dalle viscere del Mondo e non la si può subire etrnamente tornante nello stomaco. Tu sei il fiore dell’innocenza che appartiene a pochi uomini e sei la paura che abita sull’uscio della mia casa; sei ancora, tragicamente simbolo; sei il disvelamento per noi occidentali della morte di volti lisci dell’infanzia afghana. I luminari abitano il Pianeta, non hanno un solo colore di pelle…Tu, forse, lo avevi capito nel vento di quel deserto che tanto amavi. Hai vinto la tua guerra senza armi, ma col pulviscolo di parole nel deserto e con la forza dell’anima per penna. Grazie per avermi insegnato con la tua morte, il coraggio dei sogni per il Mondo e per la vita. Un giorno, forse, ci conosceremo, per ora mi lascio attraversare dalla tua appassionata vita immortale con il vento del tuo deserto e con una lacrima che cade sull’asciutto del foglio.