Che strana regione la nostra! Da buona lucana quale sono, non posso non amarla, non sentirmela scorrere nelle vene, non proteggere come tesoro prezioso la mia identità.
Continuo a vederla lì la mia terra: bellezza inespressa, caleidoscopio di tante piccole realtà diverse ma accomunate da un amore comune, da un pensiero ossessivo (?qualcosa si potrebbe fare, se solo le forze si unissero, che bello sarebbe se??) e da una certezza sconcertante: questa terra mi appartiene, quest?aria questi fiumi, questi alberi sono la mia identità: devo fare qualcosa!
Presentatemi un lucano che, almeno una volta nella sua vita, non è stato tormentato dal pensiero di fuggire o all?opposto di restare, sperando che tutti gli altri restino con lui e uniscano le loro forze per realizzare un sogno.
Ma, come in tutte le cose, la verità sta nel centro: c?è chi parte e chi resta, chi è ormai disilluso e chi coltiva ancora speranze, e così ci troviamo a leggere sulle statistiche che il rapporto tra residenti e non, in Basilicata, è di 1 a 1, il che significa che per un lucano residente ce n?è uno che non abita in regione, ma che andato altrove a trovare la sua ventura o sventura, chiamatelo, pure, se volete ?emigrante?, il termine ha un retrogusto antico, ma designa una realtà fin troppo attuale, quella di chi è costretto a fuggire per trovare lavoro, per campare.
Ma il lavoro non è che una delle dimensioni della vita, certo essenziale, senza soldi non c?è pane e non c?è retorica che tenga, ma poi ditemi che sapore ha questo ?pane? per un padre di famiglia che magari a 40, 50 anni ha dovuto riprendere le valigie per andare a lavorare chissà in quale nebbiosa realtà!
E? la vita che va così e io non sono che l?ultima delle sognatrici?
Ma allora spiegatemi perché sento dentro questa rabbia che arde, questo senso d?impotenza che mi divora, e spiegatemi perché ogni volta che parlo con altri lucani respiro questa costante amarezza. Spiegatemelo, se ci riuscite!!!