La parola, intesa come direzione dei sensi che si affacciano sui mondi, assume nel percorso poetico del Novecento italiano, tracciato, dal prof. Mario Santoro, presso la Biblioteca Nazionale di Potenza, una centrale linea conoscitiva, dalla quale la voce di Dino Becagli costruisce immagini.
La manifestazione Ottobre Piovono Libri, promossa dall’Istituto per il libro, della Direzione Generale per i Beni e gli Istituti culturali del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, apre ampi spazi riflessivi, incentrati sulle possibilità formative che la lettura offre.

Il percorso libero nella poesia italiana del Novecento, aperto dal prof. Santoro inizia con Guido Gozzano, definito da Eduardo Sanguineti primo poeta del Novecento, per la sua capacità di rivoluzionare il linguaggio poetico. Linguaggio, quello di Guido Gozzano che schiude la semplice dimensione esistenziale, delimitata da vite racchiuse nelle gestualità del quotidiano, le figure descritte, amate e con ironia relegate in una sorta di patetismo romantico, nelle volute distanze che il poeta assume nei confronti delle altre forme di poesia, sono parole che rimandano a semplici memorie vissute.

Emergono dai versi, ove la musicalità e la dolcezza della cadenza sulla linea del neniato, presente in numerosi componimenti “Alle soglie, Signorina Felicita, L’amica di nonna speranza”, rimanda a scelte narrative precise, le propensioni nei confronti dei costumi, si manifestano in “immagini” fanciullesche e giocose, parola quella di Gozzano che canta le lontananze spaziali e temporali. Parola ironica, quasi satirica, quella di Palazzeschi, il quale nella poesia “Le beghine”, disegna concezioni, estranee alla sua condizione, sui volti delle figure e le lascia “cadere” sotto i costumi del tempo. Parola poetica che cambia i sensi, assumendo su di sé un’anima dolce. Nella poesia “La fontana malata”, Palazzeschi, racchiude in uno “strumento” descrittivo il suo malinconico sentimento.
Parola poetica che accarezza la semplicità delle “superfici” che, disegna memorie fanciullesche in cornici di spazi naturali, parola costruita sugli elementi simbolici, ricca di rimandi, parola morbida quella di Giovanni Pascoli. La malinconia elegante del poeta, nasconde significati facilmente individuabili, ne, “La mia sera, L’ora di Barga”, gi elementi evocativi appaiono numerosi.

Il prof. Santoro, si sofferma su Giuseppe Ungaretti, figura importante che, si distanzia dalla quotidianità esprimendo con i suoi versi il concetto dell’oltre, custodito dal potere della parola, dalla sua capacità di ridisegnare le realtà, i tempi ed i sentimenti. Parole che, secondo Montale non riescono ad aprire mondi e consegnare certezze, parole che diventavano domande profonde nella poesia “Big Bang o altro”. Sono versi vestiti di candore e di stupore, quelli di Saba ne “Il ritratto della mia bambina”, parole in contrasto con le fatiche ed i dolori esistenziali espressi dal tempo.

La parola, come ricorda Mario Santoro, dopo tanta concretezza si avvicina ad atmosfere impalpabili, Dino Campana, nella poesia “L’ invetriata”, evidenzia metafore comprensibili ma diversamente decifrabili.
Poesia che diventa racconto, perdendo musicalità e rima, senza però perdere ritmicità timbrica. In Pavese il linguaggio diviene situazione, la solitudine espressa, la mancanza di libertà legata alle cose e la prigionia interiore. Nella poesia “ Semplicità”, emerge il differente uso del linguaggio. Parola che tocca le profondità, le coscienze ed i comuni sensi, quella di Primo Levi, “ Se questo è un uomo”, poesia amara, chiusa ed aperta in una toccante descrizione.

I suoni delle parole, le scelte e le immagini che da esse si dilatano negli sguardi soggettivi, assumono forme varie nelle  idee poste in contatti.
In Mario Luzi, la parola diventa ombra, timore e presenza ormai ingombrante di confini, nella poesia “Aprile-Amore“, i versi diventano pensiero, pensiero della morte e della dolorosa condizione esistenziale.
La serata, prima tra le diverse in programma in Biblioteca Nazionale, assume valore formativo, incentrato sul piacere antico della lettura.

[Francesco Cosenza]

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