Innanzitutto viene subito da evidenziare tutta la perizia e il metodo scientifico  dello storico. Sergio Tanzarella, docente di Storia della Chiesa, nell’esaminare la discussione e il processo censore che si svilupparono intorno all’uscita del libro “Esperienze pastorali”(1958) di Don Lorenzo Milani(1933-1967), fa quello che esattamente compirebbe uno storico, cioè focalizzare il tempo e il contesto in cui il caso letterario e pastorale del priore di Barbiana si verificò. Lo studioso casertano (è stato anche deputato nella dodicesima legislatura) nel saggio “Gli anni difficili” – uscito dall’editore Il pozzo di Giacobbe per il quarantennale della morte di Don Milani e che contiene anche delle corrispondenze inedite tra il prelato e Tommaso Fiore, uno dei padri del meridionalismo che ha dato voce all’universo della fatica – ci squaderna l’album di un’ Italia che vive anni tormentati, malata tanto nelle istituzioni quanto nelle  articolazioni della società. Negli anni cinquanta i partiti, a parte le differenze di schieramento, finivano per “somigliarsi nel metodo e negli obiettivi”, la  Costituzione rimaneva sola negli intenti la carta magna della rinata Democrazia, nel sociale permaneva una condizione di sistematica ingiustizia che penalizzava e teneva ai margini i ceti più deboli,  nelle fabbriche  la democrazia sindacale era subordinata ad un arrogante assolutismo padronale, mentre sul versante della Chiesa il clero si scostava dall’attivare una manovra puramente dottrinaria e  reazionaria. Dentro una tale realtà, in cui erano naufragate le speranze della Resistenza, la missione di Don Milani passerà per un’eresia. Egli sin da quanto fu nominato parroco di San Donato di Calenzano, all’isolamento nella sperduta Barbiana sui Monti del Mugello e fino alla morte segnerà uno strappo dentro una Chiesa restia a confrontarsi con le ferite della realtà, dedita totalmente agli uffici e al funzionarato del culto. Ed è per questo che intorno ad “Esperienze pastorali” si alzerà in tutto il Paese  un’ accesa discussione che coinvolgerà tanto la Chiesa quanto la società civile. Quel libro, nonostante, non passi per l’opera  più  conosciuta di Don Milan, rimane ancora oggi importante,  perché dentro alle sue pagine c’è tutto “l’irriverente e scandaloso” ministero vocazionale del suo autore. “Esperienze pastorali” sono un vangelo moderno, un percorso di profonda umanità e coraggio che si sofferma sul distacco dei credenti dalla Chiesa, sulla missione che dovrebbe svolgere fuori dal tempio il prete, sull’importanza di una Scuola laica e popolare che sappia inculcare, soprattutto tra i poveri, quella padronanza di lingua necessaria per acquisire un pensiero autonomo e critico. Ma andando più affondo nella disamina, e pensando ad un esercizio sacerdotale oltre l’altare, la sacrestia e l’oratorio, “Le esperienze pastorali” si rilevano come una critica senza appello alle ipocrisie della civiltà occidentale e all’appiattimento apostolico. Il libro alla sua uscita fu accolto discretamente dalla critica finché una stroncatura violentissima apparsa sul periodico “Civiltà Cattolica  determinerà l’inquisizione del Santo Ufficio, il quale ordinerà il ritiro dell’opera dalle librerie. L’ultimo capitolo de “Gli anni difficili” è tutto dedicato alla corrispondenza tra Don Milani e Tommaso Fiore che si origina subito dopo la lettura della “scomoda opera” da parte dello studioso pugliese. Le missive sono  la testimonianza di una reciproca stima, ma in esse il sacerdote e l’intellettuale arrivano  a riconoscere che il risanamento del Paese dovrà passare  per una giustizia sociale che attesti l’accorpamento dei privilegi e il riscatto e la liberazione dei poveri. Tommaso  Fiore scriverà nelle ultime righe  della sua recensione ad “Esperienze pastorali” che Don Milani “ha pronunciato parole che non si cancelleranno facilmente”. Della modernità della voce del Priore di Barbiana se ne convince anche il lettore che si trova tra le mani l’ottimo saggio del professore Tanzarella .

di Mimmo Mastrangelo

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