Sembra che la storia puntualmente si ripete. Grazie anche alla negligenza di una classe politica calabrese sempre più in balia degli avvisi giudiziari e quindi molto più impegnata a difendersi nei tribunali, non ha più tempo a disposizione per risolvere i problemi della gente e del territorio.

Da quel che si dice in giro (non ho voglia di verificarlo) proprio in questi giorni è scaduto  il contratto stagionale a quei pochi operai forestali rimasti ancora in attività dopo le decimazioni degli anni passati – anche a causa di una forte campagna di stampa di uno dei più grandi giornali nazionali (leggasi CORRIERE DELLA SERA) – che hanno ridotto al lumicino il personale AIB della regione. E loro per farsi vedere che esistono e che la loro presenza è indispensabile in caso di incendio appiccano il fuoco. Non c’è che dire sono degli specialisti. Sanno bene come fare, in quale momento della giornata preparare le micce, quale vento attendere, in quali settori della Calabria più sensibili vanno innescati  i focolai di partenza e il gioco è fatto. Sfido chiunque – compreso tutte le forze dell’ordine – a prendere un simile professionista. E sì !

Si tratta proprio di un professionista che non si fa prendere. Anzi con queste azioni eclatanti lancia ancora di più il guanto della sfida alle autorità politiche e decisionali della regione.Come fare? Mi ricordo che ai tempi dei miei studi nel Parco d’Abruzzo, i bracconieri venivano ingaggiati … dalle autorità per catturare …altri bracconieri. In altre parole, per prendere un piromane va ingaggiato un professionista del fuoco. Ora negli incendi di ieri non ci sono piromani. Sono solo dei poveri cristi che hanno bisogno di lavorare e per farsi sentire non resta loro che appiccare il fuoco dappertutto sperando che chi di dovere capisca e prenda i provvedimenti del caso. Altrimenti si andrà avanti ad oltranza. Non si fidano più della propria rappresentanza sindacale. Della serie che chi fa per sé fa per tre. Il messaggio è chiaro sopratutto verso i vertici regionali e in particolar modo verso il nostro presidente Loiero e l’assessore alla Forestazione che da un po’ di tempo a questa parte stanno studiando il modo come fare per smantellare l’Azienda Forestale Regionale (AFOR) e buttare a mare tutto quel patrimonio di esperienze accumulato in diecine di anni di attività del governo del territorio: basta andare a Piano Tavolara e vedere tutto quel patrimonio di ricerca abbandonato, tutte quelle abitazioni lasciate in balia delle intemperie, la viabilità montana distrutta e tanto altro.

Hanno la mia solidarietà. Tuttavia è chiaro che io non condivido i metodi di lotta. Un filosofo di qualche tempo fa diceva: tutti possono uccidere un albero: esso non può difendersi. Un’altra cosa è l’assalto al Palazzo della sede Regionale. Lì, forse, ci vuole molta più capacità per ottenere risultati. Distruggere un bosco è molto più facile. Credo che lo sappiano ma non sanno fare altro. Sono completamente allo sbando, sono disperati e questo è sicuramente un gesto di disperazione, un segno premonitore di una stagione ancora da venire ma triste presagio di un inizio di lotta senza esclusione di colpi. Tutto questo per dire che l’incendio di ieri che ha interessato tutta la parte bassa alle pendici del Pollino calabrese è un “atto dovuto” alla negligenza di questa politica che non sa dare risposte ai propri cittadini. In tutti i sensi. Sia in chiave di contrasto all’avvio dei focolai (il personale del CFS è ridotto al lumicino, tant’è che il Comandante del CTA del Parco del Pollino ha richiamato il personale in ferie) sia in  funzione di pronto intervento dopo la partenza del fuoco. Ieri era palese l’impotenza degli uomini a Frascineto, quando si sono visti arrivare le fiamme nei pressi della casetta di fronte al campo sportivo comunale: era un via vai di persone che si prodigavano con secchi, bacinelle, bidoni  e “frasche” contro lingue di fuoco alte diversi metri, spinte da un vento di libeccio fortissimo, complice il secco del terreno. Non ho visto la Protezione Civile comunale (quella di Castrovillari, smistava il traffico al bivio della Pietà); ho visto due giovani agenti del CFS che si prodigavano affannandosi come meglio si poteva contro le fiamme. Ogni tanto la zona era sorvolata dall’unico Canadair disponibile e il fuoco, nel frattempo, camminava indisturbato verso il Timpone del Corvo, pronto a salire verso la Fagosa. Il vecchio maresciallo del CFS si alternava tra lunghe conversazioni telefoniche con i propri superiori, il tentativo vano di organizzare i numerosi volontari presenti, e qualche immersione nel fuoco con la “frasca” per dare aiuto ai propri commilitoni. È così che si vuole spegnere un incendio? Infine, approfittando del grosso incendio boschivo, qualcuno ha pensato bene di dare fuoco al deposito di copertoni della Pietà è si è completata l’opera. Insieme con il fumo acre della vegetazione in fiamme si è aggiunto anche l’odore pungente della gomma in fumo anticipatrice di emissione in atmosfera di una buona dose di diossina. Il cielo di ieri nell’alta valle del Coscile era veramente un mix di veleni che più volte mi hanno fatto pensare a come sono state le immani tragedie che hanno colpito gli abitanti di Bopal o di Severo. Una densa nuvola di fumo nero, spinto verso Est dal forte vento, sembrava l’inizio di uno di quei film catastrofici che in questo periodo vanno in onda sulla televisione nazionale, tanto per portare a conoscenza degli italiani che anche loro non sono immuni da simili eventi.

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