E pensare che all’inaugurazione del nuovo padiglione del Polo materano – una struttura ricavata dall’ex-nosocomio di Matera che con i suoi duemila metri quadrati suddivisi in nove aule su due piani, oltre che laboratori informatici e servizi annessi, dà nuova linfa, oltre che più spazio, ad una sede universitaria che guarda al futuro, di ampio respiro e prospettive precise – il Rettore Antonio Mario Tamburro si era presentato con la famosa frase: “Hic manebimus erecti”, “Qui resteremo sempre in piedi”. Non è certo colpa sua e, al di là delle complicazioni, sarà certamente così visto che sia la Regione Basilicata nella persona del Presidente Vito De Filippo che l’Unibas nella persona del suo “leader maximo” hanno fatto il possibile. Il primo, impugnando carta e penna, ha provveduto a scrivere al ministro dell’Università, Fabio Mussi che a quanto pare ha preso del tempo, forse per rompere il salvadanaio? Il secondo, invece, lo ha addirittura invitato ad un convegno che ci sarà a breve nella città capoluogo. Poi, dal punto di vista burocratico, i passaggi fondamentali sono stati approntati ed è tutto pronto per partire.

Gli obiettivi sono precisi: dare slancio alla “nostra” università, cercando anche di far capire meglio il significato di “nostra”. Che l’Ateneo sia fortemente scollegato dal resto del capoluogo e dalle altre aree regionali – e non solo dal punto di vista delle infrastrutture primarie – non c’è dubbio, ma se questa disgiunzione, come sembra, ricade anche nell’ambito di una forma tutta lucana di accettazione/non accettazione  culturale il lavoro da fare assumerà una valenza diversa, nonché con più riconosciute prospettive. Il discorso è strettamente legato a quanto i lucani hanno colto l’importanza di avere un’università. La nostra tradizione, certamente non caratterizzata da forti propensioni accademiche, non favorisce certo il processo integrativo e, finanche, la percezione dei vantaggi. Più che un lavoro di marketing e di promozione, alla base va fatto un lavoro socio-economico. Dal punto di vista strettamente sociologico si deve lavorare sul cambiamento, sull’evoluzione della società lucana, sui processi di integrazione. Dal punto di vista economico, invece, c’è la necessità di mettere in luce le opportunità o le nuove opportunità che ha aperto l’avere un’università; se l’Ateneo riesce a trainare, in un certo qual modo, la nostra economia è già un vantaggio che potrebbe portarsi dietro effetti positivi sul piano dell’accettazione. Ma, il tutto, non deve essere una percezione, ma un attestato concreto. Nell’attesa dei fondi necessari per regalarci nuove opportunità, non ci resta che pregare.

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