[Articolo di Maria Carmela Berterame]

La incontro nella hall di un albergo, voce e sguardo all’unisono: dolci, ma che sanno trasmettere fermezza e determinazione. Lei è Simona Loperte, sorella di Danilo, giovane potentino che con la sua breve vita fatta solo di bontà e disponibilità ha ispirato una nascita di una onlus: “La Banca del Tempo Danilo Loperte”.

Nel discorso mi scandisce ogni data con estrema meticolosità che cercherò di rispettare perché se i giorni e i mesi sono importanti per lei, lo diventano per me: la Banca del Tempo nasce il 23/11/2004 per volontà di un gruppo di persone che decide di creare una rete di solidarietà e aiuto reciproco per il quartiere Poggio Tre Galli. Il 3 febbraio dell’anno successivo l’associazione viene presentata agli abitanti del rione con l’appoggio della Parrocchia di Santa Cecilia. In un primo momento, quindi, l’associazione ha un’estensione prettamente parrocchiale, ma crescendo sotto il principio della mutua solidarietà, arriva a contare oggi 60 iscritti. A questo punto anche l’amministrazione comunale ne riconosce la valenza: da qui ne nasce una proposta di collaborazione, ancora in fase di definizione, ma che ha già il sapore della vittoria per la fetta di cittadini che crede nel valore della solidarietà come elemento fondante della comunità. Simona anticipa la mia domanda, comprendendo il mio digiuno in merito all’argomento. “Che cos’è la Banca del Tempo? È un’associazione volontaria basata sullo scambio reciproco tra soggetti con pari dignità, annullando ogni forma di differenziazione socio-culturale”. Definizione secca ma che ben rende l’idea.

L’idea, già radicata a livello nazionale, si basa sul principio che ogni individuo è portatore di bisogni così come di risorse. Scopo della Banca del Tempo è fare in modo che i bisogni di taluni incontrino le risorse di qualcun altro in un contesto di assoluta parità: non esiste un tempo più importante di un altro. Il meccanismo è semplice, ma molto empatico: ogni socio mette a disposizione degli altri soci la propria disponibilità in termini di tempo. Dal passaggio in auto al corso di cucina, dal servizio di baby-sitting all’insegnamento del ballo. Tutto diventa incontro, crescita e arricchimento reciproco. La Banca del Tempo diventa quindi un “istituto di credito” speciale in cui le persone depositano e scambiano la risorsa più importante: il tempo, non fine a se stesso ma investito nella comunità. Il funzionamento si snoda attraverso “assegni-tempo” e “conti correnti”, ma quando chiedo delucidazioni in merito, Antonio, fratello di Simona mi risponde “E’ più facile a farsi che a spiegarsi”, che io interpreto come un “E’ più facile darsi agli altri che chiedere spiegazioni sul come farlo”. Questo perché i volontari della Banca del Tempo non hanno nessuna forma di obbligo o di onere, non esiste un socio più importante di un altro e non è neppure lontanamente contemplata l’ottica dello sfruttamento delle competenze e conoscenze altrui. Quest’ultimo, mi spiega Simona, è l’ostacolo principale da superare, l’homo homini lupus che domina la società odierna: il fatto che nell’associazione ci siano prestazioni come il sussidio scolastico o l’assistenza agli anziani fa storcere il naso a chi di queste cose ci vive. E’ Antonio a spiegarmi che la tempestività e l’estemporaneità sono alla base degli scambi: non v’è quindi alcuna forma di professionalità delle disponibilità temporali, ma solo ed esclusivamente supporti integrativi per esigenze a cui a volte è molto difficile far fronte.

L’ultima cosa che mi resta da chiedere è come diventare soci: semplicemente mandando un’email di richiesta all’indirizzo bdtdaniloloperte@katamail.com o attraverso il sito http://www.bancadeltempodaniloloperte.it/. La richiesta viene poi passata al vaglio del Consiglio Direttivo e, una volta approvata, si diventa soci della Banca del Tempo. Solo dopo aver fatto esplicita richiesta di adesione, mi accorgo che io, Simona e Antonio abbiamo chiacchierato un’ora; faccio una riflessione su come questo tempo sia volato: è stato sicuramente tempo ben speso.

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