Acqua come primaria "fonte" di vita. Da qualche tempo a questa parte, però, un altro primato rischia di scalzare il precedente. Almeno per quanto concerne il peso sui bilanci delle famiglie italiane. L’acqua, infatti, sta diventando sempre più uno dei primi capitoli di spesa con i quali fare i conti alla fine dell’anno.

L’allarme arriva da uno studio realizzato dall’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva che tiene conto del periodo compreso tra il settembre del 2004 ed il marzo del 2005. Dall’indagine emerge che le bollette più salate di tutta la penisola si pagano al Sud. Sulle sei regioni italiane in cui il conto del servizio idrico è maggiore, infatti, tre sono regioni meridionali. Ma, se nelle regioni che registrano storici problemi di carenza nell’approvigionamento idrico si paga di più, altrettanto avviene in quelle in cui, al contrario, l’acqua rappresenta una delle risorse di cui il territorio è ricco. Alla prima categoria appartengono la Puglia e la Sicilia le cui famiglie spendono, rispettivamente, 330 e 223,96 euro di media annua per le bollette dell’acqua. Alla seconda, invece, la Basilicata dove il conto raggiunge quota 210,02 euro nell’arco di un anno. Il risultato migliore spetta al Molise con una spesa nell’ordine dei 138,78 euro.

Lo studio, realizzato su scala nazionale interpellando direttamente i gestori nelle città interessate dalla rilevazione, si è concentrato sul Servizio Idrico Integrato, tenendo conto dei costi di acquedotto, fognatura, depurazione e quota fissa. Un coacervo di canoni e balzelli che contribuiscono ad alleggerire le tasche della famiglia presa come campione: tre componenti con un consumo annuo di 192 metri cubi di acqua. Si scopre, così, che mediamente le famiglie lucane pagano 54,91 euro all’anno per costi di depurazione, 19,01 per il servizio fognario, 20,10 di quota fissa a cui si aggiungono i circa 116 euro di costo dell’acqua (0,60 al metro cubo). Senza dimenticare, inoltre, l’Iva al 10 per cento, il deposito cauzionale e gli scaglioni di consumo dell’acqua. Insomma, per intenderci, "è la somma che fa il totale", come avrebbe commentato, non senza un pizzico di amara ironia, il grande Totò.

"I dati della nostra indagine", ha affermato il Vicesegretario di Cittadinanzattiva, Giustino Trincia, "segnalano due questioni: la giungla di voci di spesa e di tariffe, e le profonde differenze tra zone e zone del Paese". A dieci anni di distanza dalla Legge Galli 36/94 (che ha riformato il settore in Italia), in pratica, emerge un quadro poco edificante per il settore idrico italiano. Basti pensare che, sino ad ora, sono stati approvati solo 61 Piani d’Ambito negli 87 Ato attualmente insediati sul territorio (ma ne sono previsti 91). Mentre l’acqua potabile ha fatto registrare, dal gennaio del 2000 fino ad oggi, un incremento tariffario pari al 16 per cento. "Al ritardo accumulato per decenni", ha continuato Trincia, "in nome della difesa delle poltrone di migliaia di enti inutili, con la conseguenza di un servizio idrico in molte parti a pezzi, con forti sprechi di acqua, si unisce la beffa di tariffe e di bollette di consumo incomprensibili per il 99,99 per cento dei cittadini. Il servizio idrico in Italia", ha concluso, "va completamente ripensato dal punto di vista del cittadino consumatore".

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