Nasce a Montalbano Ionico, presso Matera.
Il suo nome si lega alla Rivoluzione Partenopea del 1799, infatti nell?opera principale, Rapporto al cittadino Carnet sulle segrete ragioni e su? principali avvenimenti della catastrofe napoletana (1800), lo scrittore denuncia le stragi di rivoluzionari pilotate dalle autorità borboniche ed ecclesiastiche, polemizza per il mancato aiuto ai patrioti da parte dell?ammiraglio inglese Nelson, e infine, ripone soprattutto in Napoleone Bonaparte le proprie speranze per la realizzazione dell?unità nazionale.

Francesco Lomonaco s?inserisce nel filone della trattatistica storica dell?età napoleonica insieme a Vincenzo Cuoco, autore del Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799 (1801) nella quale viene ricostruita la situazione del Regno di Napoli alla fine del Settecento e la storia della Repubblica Partenopea fino alla caduta.
Le riflessioni storiografiche contenute all?interno degli scritti costituiscono l?eredità più importante lasciata dall? età napoleonica al Risorgimento italiano.Di esse faranno tesoro gli intellettuali della successiva generazione che mediteranno su tali pagine al fine di evitare errori analoghi a quelli commessi dai patrioti dell?età napoleonica.
Allora la storia è magistra vitae?
In che senso la storia può esserlo?
La famosa definizione ciceroniana (istoria magistra vitae) deve essere correttamente interpretata.
Comunemente si ritiene che la storia insegni.Ma cosa insegna e perché insegna?
Nell?impostazione storiografica del mondo classico il rapporto tra storia ed educazione si basa sulla ripetizione ciclica delle situazioni vale a dire che la storia si ritiene utile poiché propone situazioni esemplari con cui affrontare la contingenza del reale.
L?utilità della storia però va oltre.La massima di Cicerone può rivelarsi ingannevole se non viene interpretata a fondo.A ben vedere è proprio vero il contrario, è il presente a chiarire il passato.
L?uomo non impara nulla dall?esperienza anzi continua a ripetere sempre gli stessi errori.
La funzione educativa della storia non si lega al fatto esemplare infatti quando l?esperienza si ripresenta ai nostri occhi rappresenta qualcosa di già dato quindi non può incidere sul nostro presente e futuro, se non inconsapevolmente?Ma la storia si può fondare sull?inconsapevolezza?No di certo altrimenti si finisce per avere una visione completamente distorta della realtà.
La storia è educativa non tanto per quel che dice, ma soprattutto per come lo dice.
La storia non è fatta di verità intoccabili, non esiste la Verità assoluta, esiste la verità storica.
Nel procedimento storiografico si ammette l?esistenza di una verità mutevole poiché variabile, ma non mutabile dal momento che essa non può essere manipolata e falsificata.
Come osserva giustamente Henri-Irènée Marrou, ?la storia è vera, ma la sua verità è parziale?.
La storia non è descrizione, ma è spiegazione conseguentemente fa delle scelte che la rendono inevitabilmente parziale, ma non di parte?

A questo punto ci si può chiedere: la storia ha un senso? Certamente, ma esso va al di là dei meri fatti, è l?interpretazione dei fatti stessi che le dà senso.
L?interpretazione è una sorta di ?gioco? relazionale, vitale, coinvolgente tra un oggetto ed un soggetto.Non si può assolutamente fare storia prescindendo da griglie essenziali. Quali sono?
Identità-alterità, continuità-trasformazione,corretto-scorretto. L?anima di questo intreccio tra continuità e cambiamento è il tempo. Esso non indica né un moto, né una direzione predeterminata.
Il tempo si materializza nello spazio, ma anche lo spazio si materializza nel tempo. In questa dinamica il futuro è certamente frutto del passato, ma è un frutto sempre diverso. Il presente è uno snodo attorno al quale ruotano presente e passato.
B. Croce ritiene che [?] solo un interesse della vita presente ci può muovere ad indagare un fatto passato [?].In questo senso la storia è magistra vitae.

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