Guardate un po’ cosa abbiamo ripescato dal nostro archivio…

Vengono in mente tante domande quando uno come me guarda l’antico Castello di Federico II di Svevia a Melfi. Nella nota cittadina lucana, si sa, c’è uno dei castelli più importanti tra i tanti costruiti dai Normanni nei tempi antichi. Ci sono cresciuto vicino; la sua sagoma, i suoi grigi, le sue torri, la sua storia hanno fatto sì, che quelle vecchie pietre così bene messe insieme da secoli di costruzioni e rimaneggiamenti si siano prese una parte della mia mente e del mio cuore fondando una fortezza forse più resistente di quella originaria. La sua forma e la sagoma scura che si mescola nei grigi di certi cieli di inverno raccontano di antiche leggende e suoni di strumenti medievali e falchi che cacciano e cavalieri che portano messaggi e corti e cortigiane e crociate e Papi.

E questi antichi suoni fanno crescere nell’animo una sorta di orgoglio guerriero, di fierezze antiche e splendenti come i banchetti lussuosi che in tempi passati hanno avuto vita nelle sale di quel castello. Hanno varcato il suo portale condottieri, Imperatori, papi, crociati, damigelle e musici, preti e soldati, Inglesi e Tedeschi, zingari e nobili, proprietari terrieri e fascisti in un turbinio di storia, lasciando ognuno un segno, uno “strato” architettonico, una traccia del tempo. Ma a volte anche le fortezze crollano sotto le difficoltà del tempo. Da trent’anni aspetto…da trent’anni penso e immagino cosa puo’ esserci in quelle sale; mi sono stati fatti racconti da gente che ci è entrata e quei racconti mi fanno sentire come un bambino davanti ad una casa stregata, piena di leggende e storie di fantasmi. Mi sono state raccontate visioni di immensi camini, di pavimenti deturpati da architetti ignoranti, e troni scomparsi.

Mi è stato detto di sale nascoste e passaggi segreti e i soliti “lecchini del potere locale” che sono potuti entrare in zone chiuse al pubblico” mi hanno parlato con orrore di sale rovinate dal Responsabile Membro del Partito avverso e il Responsabile Membro del Partito avverso mi ha parlato con orrore di sale rovinate dai soliti “lecchini del potere locale”.

E io che non sono ne’ lecchino del potere locale, ne’ membro del partito avverso, aspetto ancora di poter vedere cosa c’è nel Castello di Federico II di Svevia a Melfi. Il mio orgoglio guerriero, profumato di falchi e antiche gesta mi impedisce da sempre di andare a chiedere ossequioso il permesso di varcare certe soglie, forse per un fiero gene Federiciano impazzito, forse per un più recente senso di giustizia e di rispetto per l’onestà intellettuale.

Dopo condottieri, Imperatori, papi, crociati, damigelle e musici, preti e soldati, Inglesi e Tedeschi, zingari e nobili, proprietari terrieri e fascisti, le sale interne del castello di Melfi hanno visto il passaggio di lecchini di partito, industriali del nord, industrialotti velleitari del sud, geometri del comune, architetti ignoranti, sovrintendenti ancora più ignoranti, macellai del cemento, numeri due dell’economia italiana, dirigenti e Amministratori Delegati, in un turbinio di ipocrisia, lasciando ognuno un segno, così come uno stormo di uccelli in migrazione che si è fermato momentaneamente su un albero “smerda” l’auto parcheggiata sotto.

Ma io aspetto; aspetto che i lavori finiscano, che le molteplici voci che annunciano da decenni l’apertura del “Castello nascosto” diventino realtà, che le promesse dei servi di partito, dei sovrintendenti, dello Stato, della Regione mi facciano ricredere sulla mia istintiva sfiducia in certe vecchie canzoni. E non farà nulla se scoprirò che il Castello è stato deturpato, che il suo fascino era dovuto solo alla mia immaginazione, che alla fine sono solo quattro vecchie pietre messe insieme; forse anche se noi non li vedremo, i falchi ricominceranno a volare e i messaggeri a portar messaggi e i cavalieri a partire per la caccia e la sagoma del Castello di Melfi riprenderà vita, e antichi suoni riecheggeranno nei cieli grigi d’inverno. Forse allora Melfi sarà di nuovo degna del suo nome.

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