Il presidente del circolo di Legambiente di Potenza, Marco De Biasi, afferma che in prossimità del parco di Gallipoli Cognato, precisamente a qualche metro dai suoi confini, e all’interno di un territorio già compreso nel perimetro del Parco della Val d’Agri, le compagnie petrolifere, TOTAL-FINA-ELF Italia S.p.A. intendono realizzare un nuovo pozzo di petrolio. Allo scopo è stata avviata la procedura di valutazione impatto ambientale e Legambiente ha presentato le proprie osservazioni relative all’argomento presso gli uffici della Regione Basilicata preposti alla tutela ambientale. 
Il progetto nominato “TEMPA ROSSA“, riguarda attività di coltivazione di idrocarburi, trasporto, stoccaggio e trattamento degli stessi presso il Centro Oli, che interessa, direttamente e indirettamente, i territori del Parco Regionale di Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane e del Parco Nazionale della Val d’Agri.

La realizzazione delle suddette opere e le inerenti attività, “comprometterebbero in maniera irreversibile il territorio interessato, di grande pregio paesaggistico-ambientale“. Si riporta di seguito l’esame della predetta associazione.


“Da un’analisi della cartografia allegata al procedimento di studio di impatto ambientale, relativo al progetto interregionale Tempa Rossa, proposto dalla TOTAL FINA ELF Italia S.p.A., emerge chiaramente la collocazione delle opere da realizzarsi nei territori dei due Parchi indicati; nel Decreto del Ministero dell’Industria e del Commercio e dell’Artigianato del 1° Ottobre 1993, con cui si accordava la concessione alla coltivazione di idrocarburi denominata “Gorgoglione”, all’Art. 3 si prescriveva che “E’ comunque vietata qualsiasi attività di ricerca e coltivazione nelle aree destinate a Parco Naturale Statale o regionale salvo espressa autorizzazione delle autorizzazioni da parte delle Autorità competenti”, e che tale prescrizione è mantenuta, con gli espliciti richiami al predetto Decreto Ministeriale, anche nei Decreti Ministeriali successivi. La Regione Basilicata è addivenuta alla perimetrazione del Parco Nazionale della Val D’Agri approvata con deliberazione del Consiglio Regionale n° 552 del 23 dicembre 2002 e che, per i territori compresi nella perimetrazione del Parco, le norme tecniche, contestualmente approvate, impediscono in assoluto la coltivazione degli idrocarburi. Le stesse norme tecniche non prevedono alcuna deroga per il progetto interregionale Tempa Rossa”


1.POZZO di esplorazione denominato Tempa D’Emma Nord 1 (TEN-1):
Il pozzo di perforazione Tempa D’Emma Nord 1 è collocato in località Poggio del Caco ad altitudine compresa tra 1323 e 1349 m slm nel territorio del Comune di Laurenzana, compreso nella perimetrazione del Parco Nazionale della Val D’Agri. Il posizionamento del pozzo, in area compresa fra i 1323 ed i 1349 m slm è avvenuto in area assoggettata a tutela paesaggistica ai sensi del D.Lgs 490/1999. La strada di accesso al Pozzo, attualmente una pista in terra battuta, che attraversa il territorio del Comune di Castelmezzano dovrà essere oggetto di adeguamento funzionale per consentire l’accesso ai mezzi impiegabili nelle attività di perforazione. Tale adeguamento si pone in contrasto con le prescrizioni relative alle opere ed infrastrutture di carattere tecnologico (strade) contenute nel Piano Paesistico di Area Vasta, approvato ai sensi della Legge n° 431/1985 (tavola n° 2 E).

2.OLEODOTTO per il collegamento del pozzo Tempa D’Emma Nord 1 al Centro Oli di Corleto Perticara:
La realizzazione di un oleodotto di collegamento fra il pozzo TEN-1 e il centro oli si configura come opera connessa ad attività impedita (coltivazione di idrocarburi) pertanto, opera irrealizzabile secondo la normativa vigente. La costruzione dell’oleodotto di collegamento del pozzo Tempa Nord 1 al Centro Oli di Corleto Perticara comporterebbe l’attraversamento dei due Parchi indicati in premessa. La realizzazione dell’opera comporterebbe l’esecuzione di lavori di scavo e di cantiere in area sottoposta a vincolo paesaggistico, rendendo necessaria l’apertura di piste di cantiere all’interno di un’area boscata di rilevante pregio ed il conseguente abbattimento di un elevatissimo numero di piante, data la lunghezza della cosiddetta “bretella”.

3. Centro Olio Tempa Rossa:
L’ubicazione del Centro Olio, posto nel Comune di Corleto Perticara, a quota 1067 m. slm, in Località Acqua di Maggio, ad una quota altimetrica così alta comporta un impatto elevato e seri problemi connessi al funzionamento dell’impianto, alla sua sicurezza e al grande impatto sul sistema naturale che potrebbe avere un malaugurato errore di funzionamento o di procedura, come accaduto, del resto, nel centro oli di Viggiano. Il Centro sarà di difficile raggiungimento, a meno di provvedere all’adeguamento della rete viaria esistente, in area di grande interesse paesaggistico. L’accessibilità sarà comunque resa difficile dalle condizioni climatiche, spesso avverse, che costituiscono anche un ulteriore elemento di insicurezza per l’area. Un eventuale incidente, che non possiamo assolutamente escludere, visti i precedenti, porterebbe danni irreversibili per la flora e la fauna e per l’intero equilibrio naturale dell’area interessata. L’area individuata del resto, non essendo caratterizzata da strutture e servizi come le aree industriali, ha bisogno di ulteriori lavori per la realizzazione delle reti e delle infrastrutture per acqua, energia, fognature, depurazione, stoccaggi, ecc. L’impatto sull’area sarebbe quindi notevole con gravi ripercussioni negative in termini di impatto ambientale (paesaggistico, naturalistico, ecc.) e di impatto negativo sulle attività agricole con abbassamento degli standards qualitativi degli stessi prodotti.

Le esperienze di questi ultimi anni ci inducono a non considerare per nulla trascurabili le ipotesi e gli scenari derivanti da incidenti che possono occorrere sia ai mezzi destinati al trasporto dei prodotti, sia ai centri di raccolta e/o stoccaggio, sia agli oleodotti. In particolare, facendo riferimento all’incidente del 6 Giugno 2002, verificatosi al pozzo Monte Alpi 1 EST dell’Agip, ricordiamo che con propria raccomandata n. prot. 661 del 7 giugno 2002, l’Eni-Divisione AGIP, attività Operative Unità Geografica Italia, con sede a Marina di Ravenna notifica, al Comune di Grumento Nova, al Dipartimento Ambiente e Territorio della Regione Basilicata, alla Provincia di Potenza, Assessorato all’Ecologia, all’ARPAB (Agenzia di Protezione Ambientale della Basilicata) e alla ASL n.2 di Marsicovetere la “situazione di pericolo concreto ed attuale inquinamento con il pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti di concentrazione accettabili ex allegato 1 al D.M. n.471 del 1999 del suolo in relazione alla specifica destinazione d’uso del sito interessato dall’evento…” e che l’evento “che ha prodotto l’inquinamento si è determinato a causa dei seguenti fattori: nella linea di collegamento fra il pozzo ed il centro olio, per una sovra-pressione non prevista le cui cause sono oggetto di accertamento, si è verificata l’apertura della valvola di sicurezza posta in prossimità della testa di pozzo, con conseguente vaporizzazione nella vasca di calma e successivo rilascio di prodotto nebulizzato“.

L’incidente verificatosi alla testa del pozzo, normalmente definito dai tecnici blow-out, consiste nella liberazione nell’atmosfera di un notevole quantitativo di olio nebulizzato, che ricade sull’area circostante il luogo dell’incidente ricoprendo un’area imprecisabile. Si tratta dello stesso tipo di incidente verificatosi a Trecate (Novara) il 28 Febbraio del 1994, con conseguenze ben più gravi e che, secondo i tecnici ENI-Agip, forti proprio di quella negativa esperienza e di nuovi accorgimenti tecnologici, non si sarebbe potuto più verificare. Nel caso dell’incidente specifico, secondo quanto riportato nel verbale del Coordinamento Provinciale del Corpo Forestale dello Stato redatto il 10 giugno, prot. N.10044 pos VI-I-I inviato al Dipartimento Ambiente e Territorio della Regione Basilicata, Uffici Prevenzione e Sicurezza Ambientale e Foreste e Tutela del Territorio, all’ARPAB, al sindaco di Grumento Nova “La dispersione di olio greggio e la contaminazione oltre l’area di sedime del pozzo, ha interessato una fascia boscata-270° in direzione Nord-Est e Sud Est per una lunghezza di circa 250 metri ed una profondità di circa 70 metri“. L’area interessata è quindi di circa 17.500 metri quadrati.

L’olio ricopre il bosco di specie quercine circostante l’area del pozzo provocando un danno irreversibile, tanto che lo stesso C.F.S. nel verbale indicato sostiene che “si è dell’avviso che, almeno una parte degli idrocarburi depositatesi sulle foglie, possa essere entrato nel circuito linfatico delle piante attraverso l’assorbimento stomatico. Al riguardo l’interazione con i futuri processi vegetativi sicuramente non sarà ininfluente, anche se il fenomeno resta di difficile valutazione per mancanza di una casistica statisticamente significativa…” e consiglia pertanto “la pratica del taglio a raso limitatamente alla fascia di vegetazione più contaminata, posta immediatamente a ridosso del pozzo (15-20 metri di larghezza). Si tratterebbe, in pratica, di sfruttare il potere pollonifero delle ceppaie per il ripristino, per via agamica, delle condizioni di normalità del bosco“.

Il C.F.S suggerisce inoltre, per la restante parte di vegetazione interessata all’inquinamento da idrocarburi, il monitoraggio continuo, al fine di “valutare nel tempo, le interazioni e gli effetti collaterali sul ciclo produttivo delle piante e nel caso si rendesse necessario l’uso di solventi di utilizzare quelli che non danneggino i giovani tessuti organici recuperando solvente e idrocarburi per evitare ogni forma di contaminazione del suolo e delle acque“. E’ necessario stabilire lo sfondo programmatico ed il quadro progettuale cui debbono essere subordinate le attività petrolifere: le aree vocate e destinate ad uno sviluppo diverso, slegato e lontano dal miraggio petrolifero, vengano protette e non sia consentito autorizzare l’estrazione, a maggior ragione in quelle aree dove esistono già tutta una serie di vincoli.

Alcune aree della Basilicata, in particolare quelle cui fa riferimento questa relazione, che sono caratterizzate nelle loro peculiarità storico-ambientali e naturalistiche, verrebbero a perdere progressivamente anche quella potenziale forza competitiva sui mercati (agricolo e turistico in maniera particolare), a causa di una evidente sottrazione di “qualità ambientale” ad opera dei programmi di estrazione petrolifera. Proprio quella “qualità ambientale” su cui le comunità locali hanno da tempo scommesso, che tutta la comunità regionale ha sorretto ed incoraggiato (in primis con l’istituzione dei due Parchi) e che, molto più del petrolio e per un tempo molto più lungo, rappresenta il vero valore aggiunto di un territorio, che può continuare ad investire per l’effettivo e duraturo benessere delle sue comunità locali, nella conservazione e valorizzazione delle sue notevoli e preziose risorse ambientali. In questa ottica la collocazione di un pozzo di petrolio a cavallo fra il Parco Regionale di Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane e quello Nazionale della Val d’Agri, con attività ed attrezzature insistenti su entrambi i Parchi, per di più addirittura in vicinanza e ben visibile dai centri abitati di Castelmezzano e Pietrapertosa, è una ferita mortale che si assesta a tutto il territorio ed alle sue vocazioni.

Le stesse norme di salvaguardia approvate dal Consiglio Regionale della Basilicata in data 23 Dicembre 2002, con deliberazione n. 552 (“Intesa con il Ministero dell’Ambiente ai sensi delle Leggi n. 394/91 e 426/98, preliminari alla istituzione del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano-Val d’Agri-Lagonegrese), precisamente all’Art.1 comma 5, vietano espressamente “l’attività di estrazione e di ricerca di idrocarburi liquidi e relative infrastrutture tecnologiche” (Art. 3 comma 1 punto n) dell’allegato A del citato Decreto n. 552. L’eventuale autorizzazione comporterebbe di fatto una pesante interferenza con le attività di pianificazione che la legislazione assegna all’Ente Parco in fase di Istituzione. Per tutto quanto esposto, nelle premesse, nelle considerazioni e nelle osservazioni si richiede all’autorità competente un’attenta analisi della proposta in oggetto, per scongiurare la realizzazione delle opere richieste ed evitare così l’aprirsi di questa profonda ferita nel territorio interessato e nell’animo delle comunità locali, che per anni hanno guardato con fiducia all’operato della Regione (che, nei suoi piani di sviluppo ha sempre privilegiato per l’area interessata la valorizzazione delle risorse naturali-culturali, storico-architettoniche e delle tradizionali attività produttive, essenzialmente correlate al comparto agro-silvo-pastorale ed alle piccole aziende, prevalentemente di carattere artigianale). “

Legambiente, in conclusione, richiede, pertanto, di rigettare l’istanza proposta dalla TOTAL FINA ELF Italia S.p.A., relativa al “progetto interregionale TEMPA ROSSA”. Perché l’uso corretto del petrolio, può migliorare le condizioni dell’intera Basilicata, ma un abuso incontrollato, può creare scempi e nuova povertà…

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