Al riparo da un venticello frescolino, sollevatosi nell’agorà ricordando ai potentini che l’estate dovrà attendere l’imminente Festa Patronale per varcare le porte della città, sotto il tendone di uno stand-bungalow, erano seduti gli scrittori Paolo Nori e Giancarlo Tramutoli, introdotti dall’editore Michele Trecca e Andrea Di Consoli.
L’incontro, che ha visto protagonista un cast autoriale già collaudato in occasione dell’edizione precedente e si è svolto all’insegna dell’intesa, della reciproca stima per le rispettive produzioni (Tramutoli ha affermato di essersi ispirato alla prosa di Nori, sia nella realizzazione del romanzo d’esordio e maggiormente per la stesura di quello ancora inedito, “Circo Barnum”, di prossima uscita) e in un’atmosfera di familiarità, spontaneamente creatasi intorno all’allegra combriccola di intellettuali alla buona.

Il primo intervento, dopo un’accurata ed efficace presentazione di Trecca, con qualche intrusione mirata del critico letterario Di Consoli, è stato affidato a Giancarlo Tramutoli, il quale ha letto alcuni suoi componimenti selezionati da raccolte precedenti e da quella di poesie più recenti; i versi citati racchiudono una sintesi della sua visione poetica, che ci ha esaustivamente illustrato durante l’intervista e che ha catturato l’attenzione dell’uditorio.

Poi è stato il turno del bolognese Nori, al suo 6° libro in 3 anni, autore prolifico quantitativamente e con una scrittura in progress anche qualitativamente; il protagonista del suo ultimo lavoro è ancora Learco Ferrari, garante di una continuità palesemente cercata e rivelatore di una tendenza autobiografica, non palesata apertamente e demandata alle capacità ipertestuali dei lettori.
L’autore gradisce molto declamare la sua prosa, infatti si è dedicato alla lettura di passi significativi, dai quali è emerso la tematica preferenziale del racconto, articolato in 33 capitoli; il protagonista, aspirante scrittore nei libri precedenti e ancora assorbito da altri interessi, finalmente acquista la consapevolezza delle sue capacità e doti narrative (in “I grandi ustionati” l’avevamo lasciato immobilizzato in un letto d’ospedale, pronto a ricevere le visite degli amici che gli raccontavano le loro vicende).
Nonostante questa nuova conquista, Learco non si abitua facilmente ad essere tempestato di interviste, abbagliato da flash fotografici e a subire le conseguenze di un successo quasi clamoroso; nel 4° capitolo, intitolato “La figlia di Silvan il Mago”, assimila la difficoltà di vivere nel peculiare ambiente dei maghi, riscontrata dagli stessi appartenenti al nucleo familiare, ad un’analoga condizione diffusa presso gli scrittori…       

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